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Il “Re del tiramisù” della Capitale, Pompi, chiude la sede storica di Via Albalonga che, dopo 54 anni passerà probabilmente in mani cinesi. Fine di una storia, ma non di un’epoca, con un lungo strascico di polemiche ed accuse

Non Solo Vino
Il celebre tiramisu di Pompi

Chiunque viva a Roma, anche da pochi mesi, o persino da qualche settimana, non rimane certo indifferente al nome di “Pompi”, che nella Città Eterna fa rima con “tiramisù”: unanimemente riconosciuto come il migliore della città, di certo il più famoso, potrebbe presto abbandonare la sua storica sede di Via Albalonga, dopo 54 anni. Ad annunciarlo, lo stesso “Re del tiramisù”, con un cartello che punta l’indice contro il municipio, reo, secondo Roberto Pompi, di “non aver agevolato la viabilità nella carreggiata antistante il negozio, da prima con pattuglioni anti sosta selvaggia, poi con arredi urbani che l’hanno di fatto impedita”. Risultato? Perdite per 4.000 euro al giorno, come lamenta dalle pagine di Repubblica (www.repubblica.it).
Il negozio, così, dovrebbe passare o in mani cinesi o in mani russe, esistono già delle trattative, ed è lo stesso Pompi, sul cartello appeso all’ingresso a preannunciare “la prossima apertura, dopo la nostra storica attività romana, di un bazar o ristorante cinese”. Fine di un’epoca? Non proprio, pare che Pompi aprirà una nuova sede (dopo quella di Ponte Milvio, ndr) all’Eur. Di certo, le accuse e le polemiche che hanno accompagnato la vicenda, sia quelle rivolte al Municipio, reo, essenzialmente, di aver fatto il proprio lavoro (ed i romani sanno bene quanto ce ne sia bisogno, ndr), sia quelle rivolte agli investitori cinesi, non rendono onore al “Re del tiramisù”.

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