I “compleanni” di un vino raramente fanno notizia. A meno che non si tratti di etichette che, in qualche modo, hanno segnato e cambiato la storia di una tipologia o di un territorio. In questo ristrettissimo novero, però, rientra il Fratta, l’etichetta top di Fausto Maculan, uno dei produttori di riferimento del Veneto enoico, con la sua cantina di Breganze, che, insieme ad altri pionieri ha portato alla ribalta i “bordolesi veneti”, pur diventando riferimento, allo stesso tempo, del vino Torcolato, prodotto con l’uva autoctona Vespaiola.
I Cabernet e i Merlot, presenti in questa regione da secoli “portati” da Napoleone Bonaparte (siamo nel 1796), hanno raggiunto l’eccellenza quando, anche grazie a studi e viaggi in Francia, sono cambiate l’impostazione e la gestione del vigneto e le tecniche enologiche. “Ci sono documenti - sottolinea Fausto Maculan - che attestano la presenza di vini denominati Borgogna nero e il Bordeaux bianco a Vicenza all’Esposizione dei prodotti del territorio vicentino nel 1855. Le varietà francesi erano e sono diffuse in tutto il Triveneto: in Alto Adige, in Friuli Venezia Giulia e particolarmente in Veneto, da Breganze ai Colli Berici, dai Colli Euganei a quelli Asolani, passando Lison Pramaggiore, Portogruaro ... E, comunque, i Cabernet derivano dalla Vitis biturica che i Romani portarono a Bordeaux!”.
I vini da Cabernet, Carménère e Merlot sono talmente di casa in Veneto da essere considerati alla stregua di “autoctoni naturalizzati” nei diversi areali di coltivazione della regione. “Non sono vitigni calati da poco nella nostra realtà - spiega il produttore di Breganze - e gli abbiamo destinato le esposizioni migliori, i terreni più adatti con una cura agronomica attenta, dalla produzione limitata alla vendemmia manuale, che permette di raggiungere risultati straordinari. A ciò si aggiunge la forza dei vitigni bordolesi, e in particolare il Cabernet Sauvignon, di cui sono follemente innamorato. La sua forza sta nella genetica straordinaria: acini piccoli e pochi vinaccioli, basso peso del grappolo, colore intenso, aromaticità moderna con frutto e spezie e grande longevità. A ciò si aggiunge l’adattamento ai nostri terreni e climi e la lunga esperienza nel coltivarli”. Ed a dimostrarlo le etichette di oltre una ventina di produttori che in zone differenti del Veneto fanno molto bene con i Cabernet Sauvignon eFfranc e i Merlot da soli o insieme.
“Io avevo un sogno - racconta Maculan sulla nascita del Fratta - quello di fare un vino che potesse confrontarsi da pari con i vini di Bordeaux e del mondo. Ho cominciato con l’idea di una riserva di Cabernet Sauvignon, poi ho capito che dovevo produrre da un singolo vigneto scegliendo le uve migliori degli appezzamenti di tre conferitori storici di mio padre siti nella località che sulla cartina militare era denominata Fratta, e nel 1977 ho vinificato queste uve separatamente. Per innalzare la qualità ho puntato sulla maturazione perfetta, evitando quell’erbaceo che alcuni all’epoca consideravano positivo, sulla selezione delle uve migliori, e su una leggera surmaturazione. Allora non c’era il riscaldamento globale, la viticoltura non era quella specializzata di oggi. Così sono partito con 3.298 bottiglie e una etichetta che riportava tutte le informazioni relative alle uve e al vino, con date e numeri”.
La stessa etichetta e la medesima bottiglia borgognona sono state riprese per l’edizione limitata del Fratta 2017, ultima annata in uscita in novembre. “Una bottiglia speciale per onorare il sogno realizzato di papà e tutti quelli che negli anni hanno contribuito ai successi di questo rosso” sottolineano Angela e Maria Vittoria, le figlie di Fausto, entrambe in azienda, a cui ha passato il testimone tenendole “sotto controllo”. Un controllo che il padre di Fausto all’epoca fortunatamente non ha esercitato, visto che il Fratta entrò subito nelle carte dei vini dei migliori ristoranti, non solo italiani, riconosciuto dalla critica come uno dei grandi vini rossi al fianco dei Super Tuscan e dei Premiers Crus di Bordeaux. “Papà era tagliato fuori da questo - scherza Maculan - perché si occupava di bottiglioni e damigiane e, soprattutto, perché il danno che potevo fare non era granché. Nel 1978 cambiai bottiglia e scelsi una borgognona color foglia morta, simbolo dei migliori vini al mondo. Ero consapevole che non occorre inventare perché il rischio di scoprire l’acqua calda è altissimo, e che fosse meglio ispirarsi ai bravi. Che non vuol dire copiare, ma studiare, guardare a fondo e applicare ciò che va bene al proprio specifico “sistema” che va dalla vigna alla cantina”.
E proprio grazie ai viaggi, ai corsi a Bordeaux, alla conoscenza di ricercatori enologi del calibro di Jean Ribéreau-Gayon, Émile Peynaud, Yves Glorie e Denise Dubourdieu, nel 1997 - dopo 20 anni di solo Cabernet sauvignon - nel Fratta “entra” il Merlot per conferire morbidezza e rotondità, in percentuali che variano in base all’annata, con una costante: i lotti di vino selezionati per il blend vengono sempre dagli stessi vigneti. Il Fratta è uno dei portabandiera dei numerosi “bordolesi veneti” oggetto di un progetto finalizzato a valorizzarli che dovrebbe vedere - e in Italia il condizionale è d’obbligo - una partecipazione dei produttori trasversale rispetto ai territori di produzione.
“Siamo stati travolti del Covid - racconta a WineNews Maculan a questo proposito - perché tutto quello che avevamo deciso è saltato. Avevamo messo insieme una ventina di aziende, Piovene, Ca’ Lustra, Loredan Lazzarini, Inama, per fare solo alcuni nomi, cercando di rappresentare tutte le zone e le denominazioni e fare promozione e degustazioni. Saltato il Vinitaly e con un Merano Wine Festival in forma molto diversa causa Covid, siamo stati costretti a rimandare a quando ci saranno le condizioni. Abbiamo a disposizione numerosi vini di annate che vanno indietro nel tempo che testimoniano la storicità del taglio bordolese in Veneto e questo è un grande punto di forza”.
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