Una degustazione di 11 etichette di Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore, premiate all’unisono dalle principali guide di settore del Bel Paese enoico, per “toccare con mano”, alla prova del bicchiere, la qualità di un vino che, a breve (giusto nell’arco dei tempi tecnici di modifica del disciplinare), diventerà anch’esso una Docg (insieme al Castello di Jesi Riserva), andando così a rimpolpare il vertice qualitativo del bianco marchigiano, ormai stabilmente tra i migliori dello scenario nazionale. “Si tratta di un primo punto di partenza molto significativo - ha detto Michele Bernetti, da pochi giorni presidente dell’Istituto Marchigiano di tutela dei Vini ed a capo della griffe marchigiana Umani Ronchi - una sorta di anteprima della nuova riclassificazione del disciplinare del Verdicchio, che sarà concretamente operativa, ce lo auguriamo, forse già a partire dalla vendemmia 2022”.
Una scelta in qualche misura in controtendenza, come sottolinea anche Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto Marchigiano di tutela dei Vini, che si pone “come una vera e propria scelta di campo, con un’altra tipologia ad aumentare la massa critica a Docg del nostro bianco più rappresentativo, portandola, in prospettiva, da 1.000 a 25.000 ettolitri”. D’altra parte, stiamo parlando di un territorio, di un vino e di un vitigno che, da tempo, ha saputo raggiungere una sua fisionomia precisa, con i suoi 2.000 ettari a vigneto, 443 produttori di uve, 100 cantine vinificatrici e 124 imbottigliatori, a determinare un’enclave bianchista sempre più solida e ben identificabile.
Non è solo una questione di numeri: il Verdicchio, tanto per non fare inutili giri di parole, ha le carte in regola per essere la migliore varietà a bacca bianca italiana. Pur trattandosi di un vitigno diffuso anche in altre parti d’Italia (Umbria e Abruzzo, soprattutto) solo nelle Marche riesce ad esprimersi al meglio (nelle due specifiche zone dei Castelli di Jesi e di Matelica), dimostrandosi varietà multiforme e sempre in grado mettere in primo piano la sua sensibilità. Un vitigno duttile, adatto alle più diverse tecniche di allevamento, di vinificazione e di invecchiamento (risultando assai a suo agio con il passare del tempo), con anche una particolare resistenza al caldo, qualità sempre più necessaria nel prossimo futuro.
“È uno dei vini bianchi a cui la guida del Gambero Rosso ha dedicato sempre molta attenzione - ha spiegato Marco Sabellico, a capo della guida storica del vino italiano - perché rappresenta senz’altro uno dei protagonisti della produzione bianchista nazionale, mantenendo sempre un carattere deciso, distintivo e del tutto particolare. Un bianco di grande versatilità, capace di uscire sempre con grande autorevolezza qualunque tecnica enologica sia stata utilizzata”. Ed in effetti, il Verdicchio spumantizzato o in versione dolce, ottenuto da appassimento oppure vinificato in barrique, mantiene sempre saldo il suo temperamento, sia come vino fresco e di pronta beva che come vino strutturato e capace di notevole longevità. Come dire, eclettismo e duttilità.
Venendo all’assaggio, il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Doroverde” 2020 di Tombolini possiede un naso molto profumato, piacevolmente fragrante su toni floreali e fruttati, fino ad un lampo agrumato a rifinirne i contorni. In bocca, il sorso è agile ed immediato, di continua sapidità. Più complesso il Verdiccio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Massaccio” 2019 di Angelini Wines & Estates dal profilo aromatico giocato sui frutti tropicali e gli accenti di cedro, ad introdurre una bocca polposa e ancora dai rimandi di frutta esotica. Sempre ben eseguito il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Podium” 2019 di Garofoli decisamente floreale al naso, con qualche rimando alle erbe aromatiche e una inconfondibile nota di anice sempre protagonista. Una nota rintracciabile anche al sorso, che risulta saporito e dal finale ammandorlato. Profumi di fieno e cenni di mela leggermente appassita nel naso del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Dominé” 2019 di Pievalta, dallo sviluppo gustativo caldo, continuo e ravvivato da tocchi di buona sapidità. Decisamente contraddistinto da una grande bocca il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Ylice” 2019 di Mattioli dai profumi soprattutto floreali e dai lampi rocciosi e di anice. Profumi aperti e piacevolmente dolci per il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Stefano Antonucci” 2019, dal sorso sul frutto bianco che si allarga fino ad un finale spesso e definiti. Molto intrigante il profilo olfattivo del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Ghiffa” 2019 della Tenuta Musone, dagli aromi tra i frutti e i fiori con tocchi mediterranei e di anice, ad introdurre una bocca gustosa e piena. Concentrato sul frutto bianco maturo il naso del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “L’insolito del pozzo buono” 2019 di Vicari, dal gusto solido di notevole sapidità che crea un bel contrasto nel finale dolce. Dominato dai profumi di anice il naso del Verdicchio del Castelli di Jesi Classico Superiore “Ergo” 2019 di Mirizzi (Montecappone), dal gusto succoso e ben profilato, piacevolmente sapido sul finale. Opulento nei suoi aromi di frutti maturi e spezie il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Balciana” 2019 di Sartarelli, ampio, dolce e largo nel suo sviluppo gustativo. Dai profumi di frutta secca e mela cotogna il naso del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Gaiospino” 2018 della Fattoria Coroncino dall’incedere gustativo largo e dai rimandi quasi salati.
Doc dal 1968, il Verdicchio dei Castelli di Jesi ha trovato l’attuale fisionomia della propria piramide qualitativa nel 2010, con l’introduzione della Docg Castelli di Jesi Verdicchio Riserva, guardando principalmente al proprio territorio. Potrebbero arrivare altre novità per il Verdicchio dei Castelli di Jesi? “Dal punto di vista del disciplinare, no. Quella più probabile, anzi quasi certa è rappresentata invece dall’esistenza di un progetto che “in prospettiva ha messo in cantiere - sottolinea Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto Marchigiano di tutela dei Vini - una particolare “zonazione” del territorio, su base aromatica, qualcosa che la scienza attuale già può permettere, composta da 4/6 Unità Geografiche Aggiuntive”.
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