“Mio fratello è figlio unico, perché è convinto che nell’amaro benedettino non sta il segreto della felicità”, cantava nel 1976 il grande Rino Gaetano. Nell’amaro benedettino, forse no, ma nella Genziana, l’amaro più famoso e bevuto d’Abruzzo, per molti, sì. Tanto che l’ordinanza del vicesindaco dell’Aquila Nicola Trifuoggi, con cui è stata disposta la distruzione di 111 litri del pregiato liquore, prodotto dalle suore del monastero di San Gregorio (L’Aquila), perché sprovvisto di etichetta, ha scatenato un vero e proprio moto popolare a difesa di una tradizione secolare, sfociato in un fenomeno virale di foto con l’hashtag #savethegenziana, che ha invaso le bacheche di Facebook e Twitter.
A destinare alla distruzione tanto “ben di Dio” è l’articolo 18 del regolamento Ce numero 178 del 2002, ma sono in tanti a chiedere che la genziana venga risparmiata. Si tratta della seconda ordinanza in pochi mesi che decreta la fine dell’amato liquore dal colore giallo arancio, tanto noto nel centro-sud Italia per il suo sapore intenso e per le proprietà digestive. A dicembre 2013, i carabinieri del Nas di Pescara hanno eseguito un controllo nei locali della casa famiglia “Immacolata Concezione”, gestita da 4 suore zelatrici del Sacro Cuore, e si sono trovati di fronte una produzione casalinga di liquore da far invidia agli appassionati bevitori.
Le religiose, che hanno un regolare permesso di somministrazione di alimenti, avrebbero dichiarato che le bottiglie di genziana erano per uso personale, ma a nulla è valso. È subito scattato il verbale, e di conseguenza l’ordinanza del sindaco per la distruzione del liquore, ed è stato anche aperto un fascicolo penale a carico delle religiose, difese dall’avvocato Giovanni Pasanisi che ha subito fatto ricorso. Ma ecco arrivare la seconda ordinanza, che questa volta porta la firma del vicesindaco Trifuoggi, ex procuratore della Repubblica dell’Aquila e di Pescara, che ha prima annullato la precedente ordinanza sindacale per la mancanza del requisito di convalida del sequestro sanitario, e poi disposto “la distruzione, con successivo smaltimento delle sostanze alimentari sequestrate”. Le bottiglie e gli altri prodotti giacevano da troppo tempo in magazzino, una sorta di purgatorio prima della decisione finale.
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