Se tutto il mondo che ruota intorno alla cucina italiana, dall’agricoltura ai cuochi, dalle organizzazioni culturali alla politica, esulta per il riconoscimento Unesco arrivato, oggi, da Nuova Delhi, anche il vino, storicamente il miglior compagno del cibo, almeno nella visione della convivialità all’italiana, di cui è parte integrante, non può che essere soddisfatto, e cogliere il riconoscimento della Cucina Italiana a Patrimonio Immateriale dell’Umanità, come segnale positivo e incoraggiante per ripartire in una fase complessa come quella che il settore sta vivendo.
“Per la cucina italiana quello a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco è un riconoscimento “alla carriera”, ma con ancora lunghi secoli davanti. E il mondo del vino italiano esulta, perché è parte di essa: in tavola assieme alla cucina italiana c’è anche il “suo” vino. Condividiamo però quanto affermato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: la cucina italiana è anche ricchezza e lavoro. E il vino contribuisce in maniera determinante anche a questi aspetti, che non sono solo immateriali, con un saldo commerciale attivo con l’estero per circa 7,5 miliardi di euro l’anno”, commenta Lamberto Frescobaldi, presidente Unione Italiana Vini - Uiv. Con il segretario, Paolo Castelletti, che aggiunge: “è un giorno di grande orgoglio raggiunto anche grazie alla determinazione del Governo italiano a partire dai Ministri dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida e della Cultura, Alessandro Giuli. Siamo ora pronti a trasferire questo orgoglio in tutto il mondo, anche con una campagna in grado di abbinare in un corpo unico ciò che da sempre è simbolo del saper fare italiano”.
Parla di “giornata storica per l’agroalimentare e per l’intera cultura nazionale” anche la Federvini, secondo cui la decisione Unesco, attesa e sperata, sancisce a livello mondiale il valore universale di un “saper fare” unico che unisce biodiversità, storia e consuetudini sociali. “Accogliamo questa notizia con immensa soddisfazione e orgoglio. Vini, spiriti e aceti sono da sempre parte integrante e indissolubile della cucina italiana, elementi fondanti di quel rito della convivialità che il mondo ci invidia e oggi celebra. Questo riconoscimento non premia solo i piatti, ma l’intera cultura della tavola, dove le nostre eccellenze enologiche, i distillati, gli amari, i liquori della tradizione e gli aceti giocano un ruolo da protagonisti nel definire l’identità gastronomica nazionale. È la vittoria di una filiera che ha saputo custodire la tradizione guardando al futuro”, commenta il presidente Federvini Giacomo Ponti, che aggiunge: “un sentito ringraziamento va alle istituzioni, a partire dal Ministero dell’Agricoltura e a tutti i soggetti che si sono adoperati con impegno per il successo di questa candidatura”. Celebrando l’ufficialità del riconoscimento, Federvini, spiega una nota, sottolinea come questo traguardo “non celebri soltanto le ricette, ma un vero e proprio patrimonio collettivo che identifica l’Italia nel mondo. La cucina italiana viene premiata nella sua interezza come espressione autentica dell’identità culturale, capace di trasmettere valori di condivisione e sostenibilità. In questo contesto, il ruolo dei vini, degli spiriti e degli aceti emerge come pilastro fondamentale e di eccellenza della candidatura vincente. Non esiste, infatti, cultura della tavola italiana che possa prescindere dall’abbinamento sapiente con i frutti della nostra plurisecolare tradizione vitivinicola, distillatoria, liquoristica e acetiera”. Secondo Federvini, con il riconoscimento Unesco, si aprono ora nuove prospettive per la valorizzazione del made in Italy e per il turismo enogastronomico, “settori in cui Federvini continuerà a impegnarsi in prima linea per garantire che la qualità e la storia dei prodotti italiani siano tutelate e promosse in ogni angolo del globo”.
E se, come è stato ricordato, la cucina italiana è la somma o meglio la moltiplicazione di tante cucine regionali, allo stesso modo il vino è una ricchezza diffusa in tantissimi territori e borghi d’Italia. Tutti in festa, come sottolineano anche le Città del Vino, guidate da Angelo Radica, di cui fanno parte oltre 500 comuni italiani a vocazione vitivinicola. “Esprimiamo soddisfazione per il riconoscimento di Patrimonio Culturale Immateriale per la cucina italiana da parte dell’Unesco. È un risultato di grande prestigio, ottenuto in primis grazie all’impegno del Ministero guidato da Francesco Lollobrigida, e a un efficace gioco di squadra, possibile perché sono stati da subito evidenti i benefici che sarebbero arrivati dal raggiungimento di un traguardo così prestigioso”. Città del Vino, ricorda l’associazione, ha svolto un ruolo attivo nel percorso, un lavoro di impegno e promozione intrapreso nel ruolo, conferito dal ministro Lollobrigida, di “Ambasciatore della Qualità” della candidatura. Una nutrita delegazione di sindaci dell’associazione è presente oggi 10 dicembre all’evento istituzionale che si svolge a Roma, all’Auditorium Parco della Musica. “Lo spirito e l’approccio alla base della candidatura sono perfettamente in linea con la mission dell’Associazione Nazionale Città del Vino, profondamente convinta della centralità del legame tra produzione e cultura, tra sviluppo ed identità”, conclude Radica.
E dall’India, arriva anche il commento di Veronafiere, a New Delhi con Vinitaly per il suo road show. “Come Veronafiere vogliamo congratularci per questo risultato con tutto il sistema-Italia. Si tratta di un riconoscimento che dà ancora più valore alla straordinaria ricchezza enogastronomica del nostro Paese e dà forza alle imprese del vino, del food, dell’olio extravergine di oliva e della ristorazione”, commenta il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, che aggiunge: “da New Delhi, con Vinitaly, vediamo quanto il vino italiano e la nostra cucina siano un riferimento per operatori e consumatori e Veronafiere continuerà a fare la propria parte con la sua rete di manifestazioni che comprende Vinitaly, Vinitaly and the City, Vinitaly Tourism, Sol Expo e Fieragricola: piattaforme che accompagnano sui mercati internazionali le aziende nella promozione delle produzioni italiane e dei valori legati alla qualità, salute e sostenibilità”.
“La decisione dell’Unesco - dichiara, infine, il presidente Federdoc, Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi - sancisce ufficialmente ciò che l’Italia e il mondo riconoscono da sempre: la cucina italiana è un patrimonio culturale che racchiude storia, tradizione e identità. I vini a Denominazione d’Origine ne rappresentano una componente fondamentale, perché sono espressione autentica dei territori e della loro capacità di conservare e innovare. Desideriamo ringraziare il Ministro Lollobrigida per il sostegno e la visione che hanno accompagnato questo percorso, rafforzando il ruolo del nostro Paese nella tutela e valorizzazione delle sue eccellenze”. Federdoc sottolinea che tale titolo comporta anche una responsabilità: proseguire con rinnovato impegno nella protezione e promozione delle Denominazioni d’Origine, presidio di qualità, tracciabilità, cultura e sostenibilità.
“Siamo molto felici di questo riconoscimento e ci uniamo alla soddisfazione delle Istituzioni e di tutti i protagonisti delle filiere che reggono il mondo della ristorazione italiana, a partire da quelle agricole. Crediamo che questo possa essere solo il punto di partenza per una sempre maggior valorizzazione dell’agricoltura come settore strategico del nostro Paese, e per diffondere conoscenza e consapevolezza soprattutto tra i più giovani. Non significa imbalsamare le tradizioni: al contrario, deve essere un incentivo a sostenere chi coltiva la terra, chi trasforma i prodotti, chi li cucina e li mette in tavola, evitando l’omologazione e la banalizzazione e sviluppando invece innovazione, prima di tutto economica e sociale”, commenta ancora Rita Babini, vignaiola e presidente Fivi.
“Il riconoscimento Unesco - ha aggiunto - va ad un patrimonio immateriale, ma ricordiamoci sempre che dietro ci sono donne e uomini in carne ossa, a partire dalle vignaiole e dai vignaioli, che vivono ancorati nei loro territori, e spesso ne evitano l’abbandono e l’impoverimento culturale. Il futuro dell’Italia non si misura solo nelle città, già meta di flussi turistici rilevanti, ma soprattutto nelle cosiddette aree interne, quelle che ogni anno di più si spopolano e perdono competitività: siamo certi che le strategie di implementazione di questo riconoscimento sapranno guardare con priorità a questi territori, e ci mettiamo a disposizione per contribuire a realizzarle”. Anche Assoenologi, guidata da Riccardo Cotarella, “saluta con grande soddisfazione l’inserimento ufficiale della cucina italiana nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità Unesco con la sua sostenibilità e biodiversità culturale. Questo riconoscimento celebra l’identità profonda del nostro Paese e quel legame eccezionale che unisce, da nord a sud, cibo, territori e comunità, caratterizzando l’Italia con una cultura gastronomica unica e variegata che si intreccia in maniera imprescindibile al mondo del vino. Un’unione da sempre vincente, quella fra cibo e vino, che porta l’Italia nel mondo e che oggi trova ulteriore forza nel riconoscimento internazionale”.
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