Pittura, scultura, letteratura, musica, cinema, fotografia: il vino riesce davvero ad ispirare ogni arte. Perché “porta entusiasmo, brio, aiuta ad uscire dalla dimensione del banale, come si faceva all’epoca di Dioniso, ballando e bevendoci su. Tutte le arti si fondano su questo concetto, per scappare dalla realtà quotidiana, e allora quale “sostegno” migliore se non il vino?”. Parola di Philippe Daverio, che a WineNews spiega il legame tra il vino e l’arte, connubio di cui sempre si parla, ma che solo un critico può spiegare in profondità. Perché comprenderlo, aiuta a capire come con le arti e la bellezza si dovrebbe raccontare e comunicare il vino, simbolo di un’italianità che affascina, oggetto del desiderio per appassionati e collezionisti, così tanto che si investe sul vino come lo si fa con le opere d’arte, come investimenti economici, ma che fanno bene anche all’anima. “Sono sempre investimenti legati a pulsioni viscerali - spiega il celebre critico d’arte - un vino può essere più buono di un altro, ma c’è un qualcosa in più, e quel qualcosa in più è la pulsione estetica, complessa e non misurabile con il termometro. È misurabile attraverso la quantità di implicazioni che porta con sé, perché non è solo la cosa in sé, ma anche tutto ciò che le sta attorno: è il mito, e il vino è in gran parte mito”.
“Dovremmo avere la capacità che hanno avuto i francesi nell’’800 - sottolinea Philippe Daveria a WineNews - di usare l’immagine nazionale dei famosi châteaux, che spesso sono solo piccole casette “da pensionato” più che incredibili castelli, i luoghi e il rapporto con il cibo, come strumento di propaganda. Noi da questo punto di vista siamo ancora un po’ timidi, dovremmo avere il coraggio di buttarci con maggiore enfasi nella difesa di un’italianità complessiva della quale il vino è il riassunto”.
Philippe Daverio ha un’idea ben precisa per comunicare la bellezza italiana: “la mia propaganda da sempre è quella della “4 F” (food, fashion, furniture, Ferrari) - spiega a WineNews - che sono tutti prodotti di una cultura intrecciata e incrociata, da cui viene anche la nostra tradizione del vino, al quale dobbiamo parte della nostra identità. E sulla quale abbiamo lavorato in modo formidabile, facendo del vino un simbolo di italianità”.
“Fate più quadrato, siate in grado di fare più nazione, siate meno anarchici - è il messaggio “in bottiglia” inviato da Daverio ai produttori di vino, riuniti al Vinitaly a Verona - è bello esserlo, ma un po’ meno “tornautile”. Perché abbiamo un mercato mondiale importantissimo da conquistare, ma sul quale siamo più deboli di quanto non potremo essere”.
E del legame tra il vino e l’arte, tradotto in opera, “quella che mi piace di più - dice Daverio a WineNews - sono le grandi Nozze di Cana di Paolo Veronese, che sono all’Isola di San Giorgio a Venezia, riprodotte, e di cui l’originale è al Louvre. Perché è la prima volta che in mezzo al dipinto, tra decine di personaggi, si alza l’esperto di vino, l’“enologo” o l’“eno-maniaco”, un signore che tiene un calice in mano e guardando il vino rosso, sembra esprimere un giudizio. In quel momento nasce la consapevolezza della qualità”.
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