Il vino francese è in crisi? In buona parte, come abbiamo raccontato spesso in questi ultimi mesi, sì. E lo confermano i broker d’Oltralpe, riuniti nei giorni scorsi in Provenza, nel Congresso n. 78 della Fédération Nationale des Syndicats de Courtiers en Vins et Spiritueux de France. Secondo i quali, nel mercato di oggi, gli unici a non soffrire, o a soffrire di meno le difficoltà, sono la Champagne e la piccola produzione della Corsica, come riporta il magazine francese “Vitisphere”.
Guardando al territorio più importante della spumantistica francese, “c’è sempre un po’ di tensione alla vigilia del rinnovo dei contratti perché le strategie riguarderanno il periodo 2024-2028 e nessuno ci vuole rinunciare - spiegano Philippe Launois e Franck Hagar, copresidenti dei broker dello Champagne - il nostro è un mercato dinamico che ora è esploso ed è praticamente raddoppiato se si pensa alla complicata vendemmia del 2023”. I due spiegano che le vendite dello Champagne diminuiscono in volume, ma non in valore: “l’aumento del prezzo medio di una bottiglia ha provocato rallentamenti e stiamo perdendo quote di mercato. Nel 2024 saranno prodotte 280 milioni di bottiglie contro le 299 del 2023. A pesare è il finanziamento degli stock, ma abbiamo la fortuna di avere al nostro fianco gruppi estremamente solidi in termini di commercio e che sono già al lavoro per recuperare, specialmente sull’export che vale più della metà della vendita”.
Un ottimismo questo che, secondo Vitisphere, colloca lo Champagne al di fuori dei tumulti attuali. Anche la Corsica, pur con una produzione limitata, si distingue: “le cantine ogni anno finiscono i loro stock e i prezzi continuano ad aumentare. Adesso siamo intorno ai 180 euro a ettolitro”, riferisce Romain Campellone, intermediario in Corsica, in Provenza e a Bandol, che segnala una forte domanda per l’Igp l’Île de Beauté. Ma, a parte la resistenza del potente modello champenois e il successo dell’offerta della Corsica, in linea con il mercato, nel resto del Paese gli addetti ai lavori dipingono un quadro molto più cupo. In Provenza, i vini rosati soffrono la piovoso primavera ed i prezzi stanno calando: “se in passato la Provenza vedeva la vita in rosa, oggi la rosa è un po’ appassita, ma non è la fine del mondo” scherza, ma non troppo, il presidente degli intermediari locali Pierre-Jean Bertri. Le tensioni sono molto più marcate nel Languedoc-Roussillon, teatro, nei mesi scorsi, di manifestazioni anche violente soprattutto contro le importazioni dalla Spagna. “C’è una forte prudenza del commercio - dice Louis Servat, presidente dei broker del Languedoc Roussillon - in generale, il prezzo medio rispetto al 2023 diminuisce del 5% sulle Igp, che resistono meglio del vino generico. I rossi sono al -23%, e addirittura al -41% se si guarda anche la media 2018-2022”. E non mancano i problemi legati alla siccità.
Un vigneto in difficoltà da tanti anni è Bordeaux, alle prese anche con i danni causati dalla peronospora: “l’obiettivo adesso è riequilibrare l’offerta rispetto alla domanda. Speriamo entro qualche anno di ritrovare trovare la strada della crescita”, racconta il presidente dei courtiers Cédric Roureau. Anche i “grand cru” bordolesi, il cui mercato era fino ad oggi stato risparmiato, sono attualmente attraversati da un declino commerciale: “siamo molto vincolati dai tassi di interesse che ovviamente hanno impatto sui trader, ma anche su clienti, distributori e rivenditori. Nonostante la qualità dei vini che è fantastica e le riduzioni di prezzo che sono significative tra il -20% ed il -40% (il riferimento è alla campagna “en primeur” 2023, ndr), le bottiglie sono comunque molto attraenti”, si rammarica. Nel vicino vigneto di Bergerac, “il problema con i rossi è lo stesso di Bordeaux, con problemi di muffa l’anno scorso e un raccolto scarso”, riferisce Yann Jestin, broker-proprietario della zona. Nei vigneti dove si produce Cognac il problema non è climatico, ma dei mercati in Usa e Cina, rispettivamente “minacciati dai timori di barriere doganali e fiacchi dopo la crisi della pandemia”, spiega il responsabile territoriale Bernard Guesdon.
L’abbondanza di uve senza destinazione pesa, invece, sugli squilibri della Valle della Loira, ed a soffrire particolarmente è la denominazione Crémant de Loire alle prese con molti volumi non ancora contrattualizzati: “l’abbondanza di volumi da digerire è enorme e il commercio è in recessione”, riassume Christine Touron-Lavigne, presidente dei broker della Valle della Loira. Anche l’Alsazia risente della crisi commerciale, ma guarda al bicchiere mezzo pieno: “le vendite rallentano, ma non c’è da allarmarsi”, dice il presidente Éric Fleischer. E anche in Borgogna, “i commercianti comprano, ma non troppo, e non vogliono fare scorta”, spiega Jérôme Prince, numero uno dei broker locali.
Nel sud della Valle del Rodano, infine, “la denominazione regionale Côtes-du-Rhône ha ridotto la resa del 20% nel 2023 e questo ha comportato un deficit iniziale del 20% per la viticoltura, suggerendo che i prezzi sarebbero aumentati in seguito a questo calo e alla distillazione - racconta Christophe Pasta, presidente del sindacato - abbiamo, quindi, ridotto le scorte, ma purtroppo le uscite dalla cantina ha continuato a diminuire (-8%) per cui il meccanismo non ha funzionato e i prezzi non sono aumentati. Il che è quindi complicato per i viticoltori”. Un’osservazione molto ricorrente quando si sente parlare di vigneti francesi.
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