
È il primo mercato di sbocco per il vino italiano in Asia, nel 2024 è valso 184 milioni di euro (+0,5%), su un totale continentale di 434 milioni di euro, e si sta dimostrando sempre più una destinazione strategica per l’industria vinicola (e in generale per l’intero comparto agroalimentare) made in Italy. Questo è il Giappone, teatro di Expo Osaka 2025, e che con l’Italia non condivide soltanto un legame commerciale, ma anche culturale: “i giapponesi sono molto attenti e particolarmente esigenti, e questo vale per il vino così come per tutti i prodotti alimentari italiani. E con una particolare attenzione alla qualità degli ingredienti e al rispetto del prodotto il Giappone è uno dei Paesi al mondo più capaci di comprendere il valore aggiunto del nostro settore agroalimentare e di apprezzarlo per quello che realmente vale”, ha detto Luigi Scordamaglia, ad Filiera Italia, nella conferenza “Market Trends and Opportunities for Italian Wine in Asia”, al Padiglione Italia all’Expo, organizzata, oggi, dall’Agenzia Ice e Veronafiere per fare una riflessione sul mercato nipponico, tra opportunità e trend da seguire in un Paese che “parla la nostra stessa lingua, quella della cura del singolo ingrediente e dei dettagli”.
Lì, in Giappone, dove le esportazioni tricolore nel settore agroalimentare sono cresciute del +157,8% tra il 1995 e il 2005, con un incremento di quasi 100 punti percentuali sulla crescita del +58,9% registrata dalle esportazioni globali del settore nello stesso periodo. Considerando, però, il range 2015-2024, le esportazioni dell’industria alimentare italiana verso il Giappone sono aumentate da 724,8 milioni di euro a 980,4 milioni di euro, con un incremento del +35,3%, mentre le esportazioni globali del settore sono cresciute del +95,9% nello stesso periodo, raggiungendo i 56,778 miliardi di euro.
Un Paese strategico, dunque, anche per provare a centrare il record dei 100 miliardi di euro di export agroalimentare made in Italy: “il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida ha indicato una traiettoria chiara: portare l’export agroalimentare italiano a 100 miliardi di euro. È un obiettivo raggiungibile, perché l’agroalimentare italiano sta registrando performance di crescita solide e costanti - ha detto il presidente Ice, Matteo Zoppas - il nostro vino non è più solo legato alla ristorazione italiana, ma sta trovando spazio anche in quella asiatica. Perciò è necessario far incontrare il giusto produttore con il giusto cliente”.
Importante, però, è anche fare squadra tutti insieme: “il mercato giapponese è maturo perché i consumatori hanno voglia di conoscere e sapere, ma serve coordinamento, progettualità, formazione e informazione - sottolinea Federico Bricolo, presidente Veronafiere - e il Sistema Italia, con l’unione di intenti tra ambasciate, Agenzia Ice, Governo, camere di commercio, consorzi e regioni, può fare la differenza”.
E così, chiamato in causa, Lollobrigida ricorda come “la presenza politica dell’Italia nel mercato asiatico garantisca agli imprenditori le opportunità di lavorare al meglio”, in un Giappone che “è un Paese amico” e “che apprezza i nostri prodotti, il nostro stile di vita e la nostra cucina”.
Il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, traccia un bilancio generale e guarda al futuro con ottimismo: “a Expo 2015 a Milano l’export agroalimentare italiano valeva 28 miliardi di euro, oggi supera i 70 miliardi. L’Asia rappresenta un mosaico di mercati estremamente diversi per cultura, economia e regolamentazione: una sfida complessa, ma anche un’enorme opportunità per il vino italiano. Il Giappone per l’Italia è il numero 1, dà segni di vitalità e le stime dicono che il suo Pil tornerà sopra il 2%, quindi qui dobbiamo continuare ad investire”.
Investire anche sul segmento No e Low Alcol, secondo Marzia Varvaglione, presidente Ceev-Comité Européen des Entreprises Vins, che spiega come “i giapponesi sono ipersalutisti e il trend healthy è crescente” e questo fa di questo Paese “uno dei mercati maggiormente interessanti. Una nicchia il cui spazio non deve essere lasciato ad altre bevande”.
Non mancano ostacoli normativi: “tra registrazioni e standard analitici distanti dalla normativa unionale, tante sono in Giappone le complessità burocratiche per le nostre aziende”, ammette Francesca Migliarucci, responsabile Affari internazionali Federvini. Un tema che viene ripreso anche da Stefano Bottega, co proprietario di Bottega Vini e presidente Gruppo Vinicolo Cve, che spiega: “oltre al vino noi produciamo anche grappa, ma per esportarla in Giappone per una serie di normative ne dobbiamo produrre una ad hoc. Servirebbero pratiche più snelle e secondo me è lì che dobbiamo concentrarci”.
Un dibattito nel quale si inserisce Mihoko Kizu, responsabile marketing Jet (Japan Europe Trading): “quando importiamo vini in Giappone - racconta - servono una serie di documenti, ma risponderne è complicato e oneroso, e oltre a far alzare i prezzi rallentano anche le pratiche. Per far arrivare il vino qua servono 3-4 mesi e quando la cantina è piccola i costi sono addebitati all’importatore. Al Governo giapponese e a quello italiano chiediamo di semplificare queste procedure”.
Tra i temi della conferenza, per alleggerire un po’, spazio anche ai possibili abbinamenti tra il vino italiano e il cibo giapponese. Lamberto Frescobaldi, presidente Uiv-Unione Italiana Vini e alla guida del Gruppo Frescobaldi, spiega come il Pinot Nero si sposi bene, per esempio, con il pesce, uno degli alimenti tipici della cucina nipponica, mentre per Diva Moretti Polegato, export area manager Villa Sandi, il Cartizze è perfetto per il sushi e, in generale, il Prosecco sta bene con il sushi roll e il kaiseki.
Nadia Zenato, proprietaria di Zenato, ha raccontato come valorizzare e raccontare il vino italiano in Giappone facendo leva “sull’unicità del nostro prodotto”, mentre Vera Malisani, di Ethica Wines, ha spiegato come “l’Asia pacifica è un mercato enorme dove è facile disperdersi. Ogni Paese ha sfide diverse a seconda del prodotto e del produttore, quindi andrebbero ottimizzati sforzi, tempo e risorse. L’importatore deve saper essere anche un mediatore culturale con il quale l’azienda condivide obiettivi commerciali, relazionali, valoriali e una comunicazione efficace”.
E a proposito di comunicazione, oltre che quella del vino, anche il Parmigiano Reggiano parla giapponese e conquista il Sol Levante lanciando un nuovo progetto da oltre 3 milioni di euro (cofinanziato all’80% dall’Unione Europea) con il quale il Consorzio punta a rafforzare la presenza della Dop nel suo primo mercato asiatico: il Giappone, appunto, che, nel 2024, ha registrato una crescita del +6,1%, con quasi 900 tonnellate esportate. Il debutto ufficiale andrà in scena domani, 6 giugno, con l’evento “The Way of Parmigiano Reggiano”, nel prestigioso Kanze Noh Theater di Ginza, nel cuore di Tokyo.
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