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“IN AGRICOLTURA INFILTRAZIONI MAFIOSE OVUNQUE, NON SOLO AL SUD. I PERICOLI MAGGIORI SONO TRUFFE AI DANNI DELLO STATO, TRATTA DEI CLANDESTINI E TRAFFICI DI ARMI E DROGA”. COSI’ IL DIRETTORE DIA, GIRONE, IN COMMISSIONE AGRICOLTURA DELLA CAMERA

La criminalità organizzata, come emerso dai dati elaborati dalla Coldiretti, sottrarrebbe 7,5 miliardi di euro agli imprenditori agricoli con furti di animali, di macchine, incendi, e per l’imposizione del pizzo. Laddove, la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), nel suo terzo rapporto sulla criminalità in agricoltura, ha rilevato che ci sono più di 150 reati al giorno connessi al fenomeno agroalimentare e che tra i reati più frequenti ci sono l’abigeato in tutte le regioni con maggiore incidenza del fenomeno mafioso, il danneggiamento e il furto di macchine e attrezzature agricole, oltre alla macellazione clandestina con un picco preoccupante in Puglia.

Un fenomeno, quello della criminalità organizzata nel settore agroalimentare, che determina anche una delle maggiori criticità sul versante dei prezzi. “Il paradosso è che i produttori guadagnano sempre di meno ma i prezzi per i consumatori arrivano ad aumentare fino a 4 volte e di conseguenza si riducono i consumi”. A ricordarlo, il generale Antonio Girone, direttore della Direzione Investigativa Antimafia - Dia, all’audizione alla commissione Agricoltura della Camera sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo.

Ma va tenuto anche in considerazione che l’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore agroalimentare riguarda oggi non solo le regioni del Sud, e quindi “territori aggravati dalla presenza della criminalità mafiosa endogena, ma si estende in tutte le aree a livello nazionale”. Girone, a capo della struttura voluta dal giudice Giovanni Falcone, ha parlato di vero e proprio “controllo da parte della criminalità organizzata” su grandi mercati ortofrutticoli, come è successo a Fondi, dove la Dia è intervenuta con una vasta operazione, passata alle cronache con il nome di “Sud Pontino”, che ha portato alla scoperta di un “cartello criminale” sulla distribuzione e sul flusso di provenienza delle merci da parte dei Casalesi che hanno fatto cartello con la ‘ndrangheta e la mafia. Il direttore della Dia ha segnalato che nel caso di Fondi, come di altre realtà, la criminalità organizzata ha creato i presupposti dei traffici “dapprima con la costituzione di società per ottenere i finanziamenti pubblici, per poi con il tempo, imporre il pizzo e i prezzi, in una sorta di monopolio criminale in cui ognuno ha proprie competenze, tanto che a Fondi le organizzazioni camorristiche si sono affiancate alle famiglie calabresi e alle cosche mafiose permettendo, ad esempio, che i casalesi potessero operare sul mercato di Gela grazie al coinvolgimento addirittura di appartenenti alla famiglia di Totò Riina”.

Il fenomeno agevola naturalmente l’insorgere del lavoro nero, delle truffe ai danni dell’Inps e della Comunità europea. Ma ha sottolineato ancora Girone “incide sulla tratta dei clandestini che vengono sottoimpiegati in agricoltura dando origine al caporalato”.

Il direttore della Dia concorda con i dati forniti dall’Istat che trovano riscontro nelle indagini condotte e che si riferiscono a un’incidenza in agricoltura del 40%. Un fenomeno dello sfruttamento della manodopera extracomunitaria che si è palesato nell’area di Rosarno in Calabria. Il fenomeno della criminalità organizzata ha inoltre sottolineato Girone riguarda anche “la copertura di traffici di armi e droga”.

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