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“IN VINO VERITAS”: IL MONDO DEL VINO ITALIANO RACCONTATO DALLA TRASMISSIONE TV “REPORT” DI RAI TRE. STRALCI DEGLI INTERVENTI DI ALCUNI DEI PERSONAGGI PIU' RAPPRESENTATIVI …

Italia
In cantina

“Report”, uno dei programmi tv più seguiti dai consumatori, ha raccontato dettagliatamente i meccanismi del convulso mondo del vino italiano, con lo speciale di Bernardo Iovine dal titolo “In Vino Veritas”. Un’analisi piuttosto impietosa delle sue problematiche, note e meno note al grande pubblico, capace a tratti di dimostrarsi efficace, anche se non è mancata neppure una certa tendenza alla generalizzazione, inopportuna se pensiamo alla consistenza economica di questo comparto produttivo (“l’Italia è il primo paese al mondo esportatore di vino, per un valore di 2.750 mila euro. E rappresenta il 21% della produzione mondiale. Nel 2003 la produzione ha raggiunto circa 45 milioni di ettolitri. Le aziende del settore sono 800.000. Le attività riconducibili al vino impiegano quasi 1milione e 200.000 persone. In un anno il prezzo è cresciuto del 16,3%”, così ha esordito la conduttrice del programma Milena Gabanelli). Ecco alcuni degli stralci, riportati “alla lettera” da WineNews, degli interventi (che si possono anche trovare per intero su www.report.rai.it) di alcuni dei più rappresentativi personaggi che hanno preso parte allo speciale:

Prezzo del vino e guide
“Sappiamo che il prezzo lo decide il mercato - spiega Milena Gabanelli - il mercato è influenzato dai premi, che sono assegnati dalle guide, le guide le fanno i giornalisti, che giudicano i vini e poi danno i premi. È chiaro che fra chi giudica e chi produce non deve esserci legame! È chiaro che non è così”. “Quello che posso dire - ha dichiarato Niccolò Incisa della Rocchetta, titolare della Tenuta San Guido a Bolgheri - è che il nostro distributore vende il Sassicaia a 52 euro + Iva. Ma arriva a 120, a 150 euro: è il mercato che determina questi prezzi e la richiesta di mercato”. Ma l’importanza di vincere un premio di una guida è decisiva. “E’ importante vincere un premio di una guida - spiega Riccardo Cotarella, enologo pluripremiato - perché si sa che attraverso quel premio il consumatore presterà la sua massima attenzione a quel vino. Comunque di questo ne sono orgoglioso e fiero, anche perché poi al risultato della guida c'è il risultato del mercato che è quello che diciamo conta di più e che gratifica prima di me i vini che io faccio e i produttori che hanno avuto fiducia in questi vini.”. E quando un vino vince un premio, si nota se c’è più richiesta? - incalza Iovine - “Direi proprio di sì - spiega Piero Antinori - e c’è anche il modo di produrre un vino in modo tale che sia più facile che raggiunga un punteggio molto alto, e quindi anche che ottenga qualche premio”. Il Solaia è un vino di Antinori, ha vinto premi su tutte le guide, sia italiane che straniere, e il prezzo? - chiede il giornalista di Report “Il vigneto è quello per cui … Per cui - continua il presidente della Marchesi Antinori - in questo caso un po' sono aumentati anche i prezzi”. Per Luigi Veronelli: “il giornalista ha un grande potere: bisogna che lo utilizzi bene. Invece, lo fa male. Io devo dire che la maggior parte dei giornalisti che oggi scrivono sono stati miei allievi. Mancano di coraggio, sono intimiditi, entrano in un certo momento in un gioco di rispetto. Non credo che siano corrotti, forse qualcuno sì”. Sandro Sangiorgi, attuale direttore di “Porthos”, racconta: “Un vino faceva pubblicità all’interno del “Gambero Rosso” come rivista e all’interno delle riviste di Slow Food e Arcigola, e naturalmente tutti e due gli editori volevano che entrasse a tutti i costi in guida con una scheda intera. Il vino era un vino insufficiente per partecipare a quella guida. Lo avevo certificato più volte nei colloqui con queste persone, c’erano dei testimoni. Ma poi è uscito con una scheda, direi sufficientemente buona. E io sono andato via”. Replica di Daniele Cernilli, attuale condirettore del Gambero Rosso: “Ah, dunque Sangiorgi… Beh, se lui questo lo afferma pubblicamente io lo querelo. Non solo non è vero, ma se lui avesse affermato questa cosa pubblicamente probabilmente andremo per vie legali. Non solo lo smentisco, ma io dico che se avesse detto una cosa del genere io preannuncio azioni legali nei suoi confronti”. “Lo faccia - risponde Sangiorgi - ci sono testimoni rispetto a quello che ho dichiarato”. E se la Guida più affermata è quella del Gambero Rosso-Slow Food, subito dopo viene quella dell’associazione dei sommelier. “La guida esce perché la paga il nostro lettore - spiega Franco Maria Ricci - e quindi noi ci sentiamo liberi di poter giudicare i vini. Non vuol dire che i Gamberi Rossi non si sentano liberi di giudicare lo stesso, ma un conto è essere liberi di giudicare senza pubblicità, un conto è esserlo con”. E di rimpallo il Gambero… “C’è chi dice di non avere pubblicità - spiega Cernilli - poi ci sono gli abbonamenti a pacchetto, però poi ci sono i soci sostenitori, però poi ci sono tante altre cose. Almeno la nostra è una pubblicità evidente”. E poi c’è la guida di Luca Maroni, analista sensoriale, imprenditore e consulente. “Cosa significa la mia consulenza? - spiega - Nello sviluppare le capacità sensoriale degli enologi, per far si che i vini che propongono al pubblico siano analiticamente, quindi sensorialmente più piacevoli. Do le cose che so: do know-how. Però poi li giudica e gli fa vincere anche i premi? - chiede Iovine. “questo è logico - risponde Maroni - è come se lei va da un medico che le dispone una cura: se dopo dieci giorni il dottore la visita e la trova curata, voglio dire, è l'utilità della consulenza”.

Vino e salute

“Se oltre il grado alcolico, che viene aumentato dal mosto concentrato rettificato - ha spiegato Edoardo Mantovani, enologo dello “Spallanzaniza vini e mosti concentrati” - vogliamo aumentare anche altre caratteristiche del vino, come possono essere il colore, l’acidità, gli estratti, si possono usare dei mosti non rettificati”. E “Il mosto concentrato può - aggiunge Augusto Pittini del “Laboratorio enologico” Pozzuolo del Fiuli - dare problemi di residui di metalli pesanti”. Quindi, c’è bisogno di molti altri “elementi” derivanti dalle biotecnologie per ottenere un buon risultato, come anche “lieviti, enzimi, gomma arabica - continua Iovine - quella delle caramelle, per ammorbidire il vino, i tannini che sono ricavati dal legno”. “Non c’è nessun tipo di rischio. Diciamo che - spiega Augusto Pittini del “laboratorio enologico di Pozzuolo del Friuli - è il lievito, utilizzato nella panificazione. E' utilizzato in tanti settori”. Stesso discorso vale per gli enzimi: “E' una tecnologia che è stata mutuata dall’industria dei succhi di frutta” - continua Pittini - La gomma arabica, anche questo è un ingrediente che è utilizzato in moltissime industrie. Le caramelle morbide di gomma sono fatte con la gomma arabica. Attualmente la sostanza che è rimasta un po’ principe è la solforosa. Principe in negativo per questo tipo di problemi. Diciamo anche però che è un male necessario”. Per Riccardo Cotarella, uno dei più acclamati enologi italiani - che il vino non si fa spremendo l’uva e mettendo il mosto a fermentare: “no, assolutamente no. Ma non si può parlare in questo caso di alterazione. Si parla di scienza. E parlare di vino vero, come del vino in cui non si interviene è pura utopia”. Poi ci sono le incognite, ovvero i trattamenti in vigna, come il rame, usato anche nelle coltivazioni biologiche, i metalli pesanti e i diserbanti. Per Maria Taccheo Barbina, direttore del servizio chimico agrario Friuli Rsa, “da un punto di vista residuale diciamo che le quantità che abbiamo trovato sono abbondantemente lontane da un pericolo di tipo tossicologico. Ma la somma degli effetti della dei residui di queste sostanze, non possiamo saperlo, perché le variabili sono infinite. Il rischio per il corpo umano è più che altro la quantità di alcol che uno ingerisce”.
Ma “il vino gode di una protezione mediatica - illustra Milena Gabanelli - difficilmente paragonabile ad altri prodotti. Tanti bei nomi dell’imprenditoria e dello spettacolo producono vino, e siccome sono spesso sui giornali e in televisione, ovviamente ne parlano. Dall’informazione appunto abbiamo appreso che il vino è miracoloso. Quali sono i nostri incubi e le nostre paure? Tumori e vecchiaia. Bene, nel vino, si dice, c’è il resveratrolo, che cura e previene”. “Se le persone - ha spiegato Pier Paolo Vescovi, primario di medicina interna - vogliono trovare effettivamente gli antiossidanti nella propria dieta, credo che il medico debba consigliare questo: lo può trovare nell’olio d’oliva, lo può trovare nei pomodori, sostanze che non contengono quella molecola psicoattiva che è l’alcol. Il vino contiene l’alcol, e l’alcol è una molecola che sulla cellula umana crea dei problemi. Quindi un bicchiere produce una danno da un bicchiere, due, tre, quattro … l’alcol è sempre tossico per la cellula. Se hanno detto che un bicchiere fa bene figuriamoci 3 o 4, e poi paradossalmente piangiamo la domenica mattina perché contiamo i morti sulle strade. Io in clinica ho qualche volta qualche paziente che mi dice “professore, io il mio litro di vino al giorno me lo diluisco con l’acqua”, ma non cambia niente: dobbiamo cambiare questo tipo di cultura, veniamo da una cultura contadina, il mio nonno, ad esempio, pensava che un bicchiere di vino o due al giorno facesse sangue, poverino mi voleva bene ma non è mica vero, casomai l’alcol fa venire l’anemia. Sono circa 30.000 morti l’anno da alcol, contro i 1.500 da eroina che sono sempre troppi ma sono sempre di meno; quindi l’alcol è una sostanza che va presa davvero con molta, molta attenzione”.

Il comico Albanese e “il brindisi avvelenato”

Quindi, nel finale, “il brindisi avvelenato” di Antonio Albanese, semplice ricordo, in un Paese poco avvezzo a ricordare, di quello che è stata la “strage del metanolo” del 1986: 19 morti e 15 invalidi permanenti per cecità.

Franco Pallini

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