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INCHIESTA WINENEWS - FATTURATO 2010 IN CRESCITA (+10,5%), EXPORT +12,5% E 2011 POSITIVO: COSÌ 12 TRA LE CANTINE PIÙ IMPORTANTI D’ITALIA, CHE FATTURANO DAI 3 AI 9 MILIONI. E’ LO “ZOCCOLO DURO” DEL COMPARTO CHE SPESSO NON TROVA ADEGUATA VISIBILITÀ

Nel 2010 fatturati cresciuti del 10,5%, export a +12,5% e “sentiment” positivo per il 2011: la pensano così 12 tra le cantine più importanti d’Italia che fatturano fra i 3 e i 9 milioni di euro, sondate da www.winenews.it, uno dei siti di comunicazione più cliccati nel mondo del vino italiano. Si tratta di una rilevazione che “tasta il polso” a realtà produttive che potremmo definire “medie”, in rapporto alla diffusa polverizzazione delle imprese vitivinicole del Bel Paese e che spesso non trovano spazio in indagini di questo genere, pur rappresentando lo “zoccolo duro” del sistema vino made in Italy.
La chiusura del 2010 ha confermato una ritrovata vitalità delle aziende, che cominciano a non vedere così lontani scenari analoghi a quelli del 2007. I numeri parlano chiaro: l’80% del campione ha registrato una crescita del proprio fatturato, da un minimo del 7% ad un massimo del 20% sul 2009.
Ma “a tirare la volata” sono decisamente le esportazioni, in crescita, sempre per l’80% delle aziende interpellate, con percentuali che vanno da un +2,5% fino ad un +34%. Il 20% delle aziende hanno, invece, dichiarato una stabilità dei propri affari. Sul fronte dell’export, poi, ancora il 20% del campione ha confermato un andamento delle proprie esportazioni stabile.
Le aziende vitivinicole italiane di questa “taglia” ritrovano dunque fiducia dopo due anni (2008-2009) di contrazione sia nei fatturati che nella forza penetrativa sui mercati esteri, che, occorre sottolinearlo ancora una volta, tornano oggi a confermare il loro ruolo di principale sbocco commerciale per le etichette tricolori.
E il 70% dichiara un “sentiment” positivo sul 2011, ulteriormente “rinforzato” da un 30% che lo prevede abbastanza positivo. Il 2011 si presenta, dunque, come un anno che potrebbe sancire il definitivo recupero del trend di crescita innescato nel 2007 anche se, evidentemente, la crisi globale resta un dato evidente e non ancora superato definitivamente. Ma se guardiamo al comparto del vino, l’empasse economica mondiale ha posto di fronte agli imprenditori vitivinicoli criticità decisamente meno gravi di quanto si siano presentate in altri comparti e, agendo quasi esclusivamente sulla leva dei prezzi, un punto di assestamento è stato trovato abbastanza velocemente. Non senza, peraltro, il lavoro fondamentale e puntuale delle aziende sul loro “core business” ormai sempre più conclamato e cioè quello dei mercati esteri, dove accanto ad una ripresa di quelli storici e più maturi (Usa e Germania su tutti) sono cominciate operazioni interessanti anche sui cosiddetti mercati emergenti (Cina, ma anche Russia ed estremo oriente in genere). Si tratta di strategie che hanno, con molta probabilità, imposto un’oculata gestione delle risorse finanziarie aziendali e che sembrano non aver però determinato contraccolpi negativi sugli assetti di imprese dai fatturati non certo stellari, confermando una complessiva solidità di quesdta tipologia aziendale.
Resta, naturalmente, improprio parlare di una situazione ormai risolta e le aziende interpellate non hanno certo nascosto alcuni “tallone di Achille” che continuano a rappresentare potenziali minacce, anche guardando alle incertezze degli ultmissimi giorni, che, evidentemente, impongono ancora prudenza.
L’azienda laziale Falesco, di proprietà di Renzo e Riccardo Cotarella, 9 milioni di euro di giro d’affari, concentra sulla possibile perdita di competitività soprattutto internazionale. Resta una criticità da nno sottovalutare la concorrenza sui mercati internazionali per Tenuta Col d’Orcia, storico marchio di Montalcino da sei milioni di euro di fatturato e per i Tenimenti Angelini (7 milioni di euro di giro d’affari), “emanazione” del colosso della farmaceutica che raccoglie importanti realtà produttive a Montepulciano, nel Chianti Classico ed a Montalcino e che, recentemente, ha acquisito anche la griffe friulana Puiatti, con l’intenzione di non fermarsi ancora. O, ancora, la scarsa unità d’intenti in fatto di promozione per il Castello di Fonterutoli, la storica cantina chiantigiana da 9 milioni di euro di fatturato. Puntano il dito sulle incognite economiche l’azienda umbra Caprai leader del Sagrantino di Montefalco (4,5 miloni di fatturato), la piemontese Chiarlo (8 milioni di euro di fatturato), Fratelli Muratori, dinamica impresa con “basi” in Franciacorta, Val di Cornia e Ischia (5 milioni di euro di fatturato) e Zenato, la griffe dell’Amarone dal fatturato che si attesta sui 9 milioni di euro. Preoccupati per le incognite politiche i Tenimenti Ambrogio e Giovanni Folonari, marchio storico dell’enologia italiana con “quartier generale” in Toscana e 8 milioni di fatturato. Considera critico il calo dei consumi la trentina Cesarini Sforza, una delle aziende di riferimento della spumantistica del Bel Paese con un giro d’affari da 4 milioni di euro e Valle Reale, una delle aziende più dinamiche dell’Abruzzo (fatturato intorno ai 3 milioni di euro). Indicazioni anche a proposito degli eventuali problemi valutari da parte dell’azienda friulana Venica, punto di riferimento per i bianchi di questa regione con una dependance in Calabria (giro d’affari intorno ai 3 milioni di euro).
Ancora una volta, l’attenzione è focalizzata soprattutto sui problemi che possono generarsi nei mercati esteri, come a ribadire ulteriormente che la strada del successo del vino italiano è sempre più misurata da ciò che accade fuori dai confini.

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