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INFLUENZA SUINA - LA COLDIRETTI: “NON CI SONO SUINI INFETTI. L'ITALIA NON IMPORTA SUINI DAL MESSICO”

Non ci sono suini infetti nei 5.000 allevamenti italiani che sono sotto il controllo della più estesa rete di veterinari a livello comunitario: lo afferma la Coldiretti nel sottolineare che lo stato di salute degli allevamenti in Italia e l’assenza di importazioni di carne o di animali dal Messico sono una ragione in più per evitare ingiustificati allarmismi che nel passato hanno provocato una psicosi nei consumi che è costata miliardi di euro al sistema produttivo, con perdite stimate di 2 miliardi per la mucca pazza (2001) e di 0,5 miliardo per il pollame con l’aviaria (2005).

“Occorre evitare inutili allarmismi ed intervenire tempestivamente per evitare che la mancanza di adeguate informazioni si traduca senza ragione in danni economici per gli allevamenti. Per questo vanno subito adottate - sottolinea la Coldiretti - le misure già sperimentate con successo nel caso dell’influenza aviaria a partire dall’obbligo di indicare della provenienza sulle etichette della carne di maiale al pari di quanto è stato già fatto per quella di pollo e per quella bovina rispettivamente dopo le emergenze aviaria e mucca pazza”.

La Coldiretti ricorda anche che l’Italia non ha importato suini o carne di suino dal Messico (e lo confermano pure da analisi dei dati Istat relativi al 2008).

L’esperienza delle crisi del passato che - continua la Coldiretti - ha portato all’obbligo di etichettatura per il pollame e la carne bovina ha dimostrato che la trasparenza dell’informazione e la rintracciabilità in etichetta è il miglior modo per garantire i consumatori ed evitare la psicosi nei consumi. Si tratta - conclude la Coldiretti - di una misura importante per la sicurezza alimentare con il moltiplicarsi di emergenze sanitarie che si diffondono rapidamente in tutto il mondo per effetto degli scambi, come nel caso del latte alla melamina proveniente dalla Cina. la carne di maiale alla diossina dell’Irlanda o l’olio di girasole dall’Ucraina.
Inoltre, secondo l’indagine Coldiretti-Swg, la quasi totalità dei cittadini (98%) considera necessario che debba essere sempre indicato in etichetta il luogo di origine della componente agricola contenuta negli alimenti, per colmare una lacuna ancora presente nella legislazione comunitaria e nazionale. Si tratta - sostiene la Coldiretti - di una misura importante per la sicurezza alimentare con il moltiplicarsi di emergenze sanitarie che si diffondono rapidamente in tutto il mondo per effetto degli scambi, come nel caso del latte alla melamina proveniente dalla Cina, la carne di maiale alla diossina dall’Irlanda e l'olio di girasole dall'Ucraina.
Il pressing della Coldiretti ha portato all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza nell’'ortofrutta fresca, all’arrivo dal 1 gennaio 2004 del codice di identificazione per le uova, all’obbligo di indicare in etichetta, a partire dal 1 agosto 2004 il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, dall’obbligo scattato il 7 giugno 2005 di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco, all’etichetta del pollo made in Italy per effetto dell’influenza aviaria dal 17 ottobre 2005 e all’etichettatura di origine per la passata di pomodoro a partire dal 1 gennaio 2008. Dal 1 luglio arriva anche l’obbligo di indicare l’origine delle olive impiegate nell’extravergine ma molto resta ancora da fare e per oltre il 50% della spesa l’etichetta resta anonima per la carne di maiale, coniglio e agnello, per la pasta, le conserve vegetali, ma anche per il latte a lunga conservazione e per i formaggi non a denominazione di origine.

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