Vino, olio, paste, conserve, sughi, formaggi ma anche dolci e perfino il caffé. L'Italian style a tavola sta cominciando a conquistare i gusti dei cinesi. Cambiano le abitudini, sale il livello economico ed è boom. Tutto ciò che è occidentale, anzi italiano, rappresenta uno status symbol. E dopo la conquista del fashion ecco che parte la caccia al cibo con bandiera tricolore. La tendenza è sempre più in aumento e riguarda soprattutto Pechino e Shanghai (Hong Kong fa storia a sé). Nelle metropoli al posto della tazza di té sta prendendo piede il caffé targato occidente, perfino quello nostrano tostato. L' "amore" più grande è però, dicono i dati, per il vino italiano che nei primi 7 mesi del 2006 ha fatturato 4,5 milioni in export verso la Cina (2,06 nello stesso periodo del 2005). A scattare la fotografia delle abitudini che cambiano e dell' impronta che l'Italia può lasciare in Cina, due rapporti distinti, uno dell'Ice e uno di Vinitaly diffusi in occasione della fiera "Vinitaly China & Cibus 2006" che si è aperta oggi a Shanghai alla presenza del ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Paolo De Castro .
Sono molti i campi in cui la penetrazione della qualità dei prodotti italiani può competere con le tradizioni cinesi. Ma la partita è tutta da giocare. E se in Italia c'é un'alta concentrazione di ristoranti cinesi, la nostra cucina ancora è molto poco rappresentata pur, dicono, essendo apprezzata. Secondo una ricerca commissionata dal Comitato Leonardo e da Ice, in 14 cinesi su 100 l'Italia evoca vino e prodotti alimentari (primo posto per l'abbigliamento con il 21%). Il 28% dei cinesi riconosce il fatto che rappresentano uno status symbol ma che costa troppo. L'impatto dei prezzi è infatti visto in negativo mentre il suggerimento è quello di avviare una penetrazione anche al di fuori delle grandi città. In particolare il vino risulta il prodotto che ha registrato, secondo i dati Vinitaly, un ottimo stato di salute per l'export verso la Cina. Sono soprattutto i rossi ad avere fortuna con i cinesi, preferibilmente quelli con nomi corti.
Ecco le performance e le opportunità per il gusto italiano in Cina (Fonti Ice e Vinitaly):
Crescita economica e agroalimentare: il mercato cinese con i suoi 1,3 miliardi di abitanti e un Pil che cresce al ritmo del 10% annuo, in prospettiva va considerato strategico anche per la filiera agroalimentare italiana. Grazie alla crescita economica, infatti, la classe media urbana cinese tra cinque anni sarà di 150 milioni di individui. Con l'aumento del benessere si prevede una maggiore occidentalizzazione dei gusti dei cinesi anche per i prodotti agricoli.
Caffè: notevole potenziale di mercato. Il caffé all' americana o all'italiana sta diventando sempre più popolare. Ogni anno il consumo medio di caffé in Cina raggiunge le 1.200 tonnellate e si prevede che nel futuro i cinesi consumeranno mediamente due tazze di caffé al giorno (oggi la media è di una tazza). In questi ultimi anni il consumo di caffé ha registrato un incremento medio annuo del 15% e si stima che il volume delle vendite entro il 2008 aumenti del 70% raggiungendo le 11.000 tonnellate.
Dolci: buone prospettive per i consumi di gelato e in alcune città, oltre a un colosso del settore, si stano facendo strada alcune gelaterie artigianali italiane.
Olio di oliva: con una crescita annuale del Pil a tassi del 7 e 10% e la crescente diffusione di una classe media in possesso di grande capacità di consumo e quindi richiesta di benessere, si comincia a dare importanza alla qualità della salute e quindi dell'alimentazione. Questo 10% della popolazione cinese costituisce il potenziale mercato per gli oli commestibili ad alto livello. Per l'Italia la difficoltà è far comprendere la distinzione con l'extra-vergine anche se grandi catene alberghiere scelgono l'olio nostrano.
Ristorazione italiana: i cinesi spendono in media 56 miliardi di dollari all'anno per il consumo di pasti nei ristoranti e la ristorazione rappresenta circa il 12% delle vendite al dettaglio in Cina. Tra quelle non asiatiche, il cibo italiano è il più diffuso. Pechino e Shanghai sono i due principali mercati della Cina con più di 30 milioni di consumatori, una distribuzione sufficientemente articolata, una discreta presenza straniera e buona capacità di acquisto della popolazione. Ma il numero di ristoranti italiani nelle due città è ancora molto esiguo.
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