“Oggi non si può inseguire esclusivamente la moda dei vini a basso costo, come ieri non si doveva inseguire soltanto quella delle bottiglie dai prezzi stellari, in una rincorsa agli estremi che ha fatto perdere un po’ a tutti il buon senso e l’equilibrio”. Lo afferma Jacopo Biondi Santi, titolare di una delle griffe più importanti ed esclusive del panorama enologico italiano.
“La qualità si paga” sottolinea Biondi Santi, e questo messaggio rappresenta ed ha rappresentato uno dei motori principali per l’affermazione del vino italiano nel mondo, anche come prodotto di lusso.
E’ inconcepibile non considerare il fatto che esistano dei vini che oggettivamente costano molto: eppure, guardando agli obbiettivi della stragrande maggioranza delle aziende vitivinicole italiane e non - paradigmatiche a questo riguardo le acquisizione effettuate negli ultimi tempi da multinazionali straniere - non è difficile cogliere lo spostamento generalizzato verso la fascia di mercato dei “premium wines”. “Il problema è che le aziende vitivinicole italiane spesso mancano di specializzazione e di tipizzazione - prosegue Biondi Santi - Troppo poche sono state le imprese capaci di pianificare rispetto alle proprie peculiarità territoriali e alla propria collocazione storica sul mercato, costruendo cioè un marchio a seconda delle potenzialità aziendali esistenti, e un conseguente e corretto posizionamento rispetto al prezzo: industriali del vino, produttori di nicchia, e così via. Ed è questa, forse, la ragione che ha portato a questa sorta di indistinzione, “una notte in cui tutte le vacche sono nere”, enfatizzata da un’acritica e generalizzata enfasi dei media sui vini a basso costo, che attualmente sembra essere necessaria ogni volta che si parla di vino”. Resta evidentemente aperta la questione dei costi di produzione per alcuni vini di indiscusso pregio. “I vini di grande levatura hanno necessariamente dei costi di produzione alti - spiega Biondi Santi - e trovo veramente incredibile che questo elementare meccanismo della produzione sia considerato sempre con diffidenza. Il Brunello della Tenuta Il Greppo, per esempio, è un vino ottenuto da uve di vigneti impiantati mediamente 25 anni fa, e rimane ad invecchiare in legno per 5 anni. E’ inevitabile che un tale volume di capitali immobilizzati finisca per incidere sui costi di produzione e quindi sul prezzo finale della bottiglia”.
Lo stesso dicasi per i vini del Castello di Montepò: con la finalità di ottimizzare la produzione della sua azienda partendo da un’analisi rigorosa del contesto ambientale, l’erede della storica griffe del Brunello ha realizzato, assistito da un team di tecnici, uno studio computerizzato della tenuta. Sono state intraprese complesse e costose analisi di tipizzazione per individuare, in ogni particella della tenuta, le caratteristiche del terreno, la preparazione ideale, il tipo di portinnesti, la manutenzione delle viti e così via. Il risultato sono gli straordinari Supertuscan come il Sassoalloro, il Montepaone e lo Schidione, insieme al Morellino di Scansano, caratterizzati da uno strettissimo legame tra cultura, territorio e microzona. “In più - continua Biondi Santi - c’è da considerare il peso del marchio aziendale e il rispetto del proprio posizionamento di prezzo, che non sono variabili influenzate dalle mode o dalle particolari congiunture di mercato. Non capisco il motivo per cui non è dato scandalizzarsi per i prezzi dei capi di alta moda o per i gioielli firmati, mentre per i prezzi dei grandi e grandissimi vini bisogna sempre farlo”. Il filo conduttore del ragionamento di Jacopo Biondi Santi è quindi la chiarezza: “Le mode, le tendenze e i messaggi dei media non possono essere i criteri “guida” per la costruzione di un mercato. Se mai - continua Biondi Santi - debbono aiutare il cliente finale a formarsi una propria idea, un proprio gusto, informandolo correttamente sul posizionamento che ogni azienda occupa all’interno del mercato, rispetto al prezzo che pratica, rispetto alla tipizzazione dei prodotti che propone, rispetto al territorio che esprime e alla storia che tramanda. Debbono, insomma - conclude Biondi Santi - distinguere e aiutare a distinguere da quei vini senza storia e senza territorio che stanno riducendo le mille diversità del mondo dell’enologia a semplici accessori, essendo invece gli elementi fondamentali che costituiscono quell’unicum che è il vino”.
Quando investire in vino d'autore rende … La Biondi Santi
al primo posto nella c lassifica delle “blue chips” italiane in bottiglia
Il vino d’autore è piacere, passione e glamour, ma le etichette più pregiate possono trasformarsi anche in un’importante occasione di investimento: chi ha scommesso, nel mercato e nelle aste, sulle blue chips wine si è assicurato rendimenti da record, superando di gran lunga i guadagni di Bot, Borsa e beni immobiliari. Anche se il 2004 non è stato un anno particolarmente positivo per il vino nelle aste, la Biondi Santi, storica griffe che ha creato il Brunello di Montalcino, si è confermata la cantina a più alto indice di rendimento in Italia: da Christie’s a Sotheby’s, da Finarte a Pandolfini, ovunque sia stata battuta la Riserva 1955 - unico vino del nostro Paese inserito tra i dodici migliori del Novecento nella classifica di Wine Spectator, la “bibbia” enologica degli Usa - ha realizzato incrementi da record, toccando rivalutazioni del 141.923% sul valore iniziale.
Negli ultimi anni cifre da capogiro sono state pagate dai collezionisti per i “gioielli” storici della maison che ha fatto grande il Brunello di Montalcino, annate ormai introvabili e ricercatissime. Come la Riserva 1888, venduta per 20.658 euro, o la Riserva 1891, aggiudicata, dopo vari rilanci, per 15.235 euro. Ma, oltre che per le aste, lo stesso trend vale per i rendimenti di mercato delle migliori vendemmie Biondi Santi, come la Riserva 1975 o la Riserva 1990.
Attenzione: si tratta di esempi più unici che rari, che solo la Tenuta Il Greppo dei Biondi Santi può garantire: per questa ragione è l’unica griffe italiana che può essere accostata ai grandi Premier Cru francesi, con i quali condivide blasone, storia ed eccellenza qualitativa. Un primato che Jacopo Biondi Santi sta trasferendo in parallelo nello Schidione, già supertuscan di culto nel mercato e nelle aste, che nasce in Maremma nella tenuta del Castello di Montepò, antico maniero appartenuto alla famiglia dello scrittore inglese Graham Greene.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024