“Oggi non si può inseguire esclusivamente la moda dei vini a basso costo, come ieri non si doveva inseguire soltanto quella delle bottiglie dai prezzi stellari, in una rincorsa agli estremi che ha fatto perdere un po’ a tutti il buon senso e l’equilibrio”. Lo afferma Jacopo Biondi Santi, titolare di una delle griffe più importanti ed esclusive del panorama enologico italiano.
“La qualità si paga” sottolinea Biondi Santi, e questo messaggio rappresenta ed ha rappresentato uno dei motori principali per l’affermazione del vino italiano nel mondo, anche come prodotto di lusso. E’ inconcepibile non considerare il fatto che esistano dei vini che oggettivamente costano molto: eppure, guardando agli obbiettivi della stragrande maggioranza delle aziende vitivinicole italiane e non - paradigmatiche a questo riguardo le acquisizione effettuate negli ultimi tempi da multinazionali straniere - non è difficile cogliere lo spostamento generalizzato verso la fascia di mercato dei “premium wines”.
“Il problema è che le aziende vitivinicole italiane spesso mancano di specializzazione e di tipizzazione - prosegue Biondi Santi - Troppo poche sono state le imprese capaci di pianificare rispetto alle proprie peculiarità territoriali e alla propria collocazione storica sul mercato, costruendo cioè un marchio a seconda delle potenzialità aziendali esistenti, e un conseguente e corretto posizionamento rispetto al prezzo: industriali del vino, produttori di nicchia, e così via. Ed è questa, forse, la ragione che ha portato a questa sorta di indistinzione, “una notte in cui tutte le vacche sono nere”, enfatizzata da un’acritica e generalizzata enfasi dei media sui vini a basso costo, che attualmente sembra essere necessaria ogni volta che si parla di vino”. Resta evidentemente aperta la questione dei costi di produzione per alcuni vini di indiscusso pregio.
“I vini di grande levatura hanno necessariamente dei costi di produzione alti - spiega Biondi Santi - e trovo veramente incredibile che questo elementare meccanismo della produzione sia considerato sempre con diffidenza”.
L’esempio sono i vini del Castello di Montepò: con la finalità di ottimizzare la produzione della sua azienda partendo da un’analisi rigorosa del contesto ambientale, l’erede della storica griffe del Brunello ha realizzato, assistito da un team di tecnici, uno studio computerizzato della tenuta. Sono state intraprese complesse e costose analisi di tipizzazione per individuare, in ogni particella della tenuta, le caratteristiche del terreno, la preparazione ideale, il tipo di portinnesti, la manutenzione delle viti e così via. Il risultato sono gli straordinari Supertuscan come il Sassoalloro, il Montepaone e lo Schidione, insieme al Morellino di Scansano, caratterizzati da uno strettissimo legame tra cultura, territorio e microzona.
“In più - continua Biondi Santi - c’è da considerare il peso del marchio aziendale e il rispetto del proprio posizionamento di prezzo, che non sono variabili influenzate dalle mode o dalle particolari congiunture di mercato. Non capisco il motivo per cui non è dato scandalizzarsi per i prezzi dei capi di alta moda o per i gioielli firmati, mentre per i prezzi dei grandi e grandissimi vini bisogna sempre farlo”.
Il filo conduttore del ragionamento di Jacopo Biondi Santi è quindi la chiarezza: “Le mode, le tendenze e i messaggi dei media non possono essere i criteri “guida” per la costruzione di un mercato. Se mai - continua Biondi Santi - debbono aiutare il cliente finale a formarsi una propria idea, un proprio gusto, informandolo correttamente sul posizionamento che ogni azienda occupa all’interno del mercato, rispetto al prezzo che pratica, rispetto alla tipizzazione dei prodotti che propone, rispetto al territorio che esprime e alla storia che tramanda. Debbono, insomma - conclude Biondi Santi - distinguere e aiutare a distinguere da quei vini senza storia e senza territorio che stanno riducendo le mille diversità del mondo dell’enologia a semplici accessori, essendo invece gli elementi fondamentali che costituiscono quell’unicum che è il vino”.
La curiositá - Rivoluzione tra i vigneti, in Toscana il futuro è già qui: si vendemmia con il satellite al Castello di Montepó, la Tenuta di Jacopo Biondi Santi in Maremma
In Toscana il futuro è già arrivato: si vendemmia grazie alla sofisticatissima tecnologia fornita da un satellite spaziale al Castello di Montepò (360 ettari), la tenuta nel cuore della Maremma di proprietà di Jacopo Biondi Santi. E’ qui infatti che da alcuni anni si sta lavorando per coniugare la tradizione con i più sofisticati strumenti messi a disposizione dalla scienza. “Sarà la ricerca spaziale - spiega Jacopo Biondi Santi - a permetterci di “pilotare” il lavoro all’interno dei vigneti, attraverso mappature del territorio realizzate dai satelliti. Questi infatti sono in grado di fornire informazioni dettagliate sullo stato del vigneto e del suolo, sulle mutazioni del territorio in relazione all’evoluzione del clima e sulle potenzialità di una determinata zona”.
Il Castello di Montepò rappresenta il coronamento di un progetto avviato con l’obiettivo di diversificare la produzione tradizionale della famiglia Biondi Santi, che agli inizi dell’Ottocento ha “inventato” il Brunello di Montalcino, e di produrre anche vini più vicini alle esigenze del mercato.
“Ho voluto fare uno screening globale della mia proprietà - spiega Jacopo Biondi Santi - analizzandola in ogni suo aspetto: dalla composizione chimica dei suoli in ciascuna microzona, all’inclinazione, all’esposizione, fino al numero di ore di luce solare diretta che ogni porzione di territorio riceve nell’arco dell’anno; il tutto completato da una mappa consuntiva che ci permette di identificare per ciascuna particella di territorio la preparazione ideale del suolo, quale portinnesti utilizzare in relazione alla composizione dello stesso, quali e quanti interventi di manutenzione effettuare sulle viti, come contrastare gli attacchi delle malattie secondo principi biodinamici, visto che l’azienda è biologica”.
“Credo che studi di questo tipo - continua Jacopo Biondi Santi - molto costosi se realizzati a titolo privato, dovrebbero essere istituzionalizzati a carico del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, creando una banca dati alla quale tutti gli agricoltori, di tutte le categorie, possano accedere godendone i benefici; è chiaro che poi, partendo da queste basi, ogni azienda potrebbe contestualizzare nel proprio ambito produttivo - sia esso vitivinicolo, olivicolo o frutticolo - attraverso approfondimenti specifici, tale patrimonio di informazioni, al fine di valorizzare sempre di più i territori irripetibili da cui provengono i nostri vini, legandoli quanto più possibile a cultura, storia e microzone. Il ruolo di un imprenditore moderno consiste anche nel guardarsi intorno ed essere attento alle esigenze di tutto il proprio comparto per il bene comune, e di essere costantemente aggiornato sulle opportunità che l’innovazione scientifica offre agli agricoltori, tradizionalmente un po’ restii a cambiare le cose”.
L’Agenzia Spaziale Europea sta, intanto, già predisponendo l’uso del satellite nella gestione dei vigneti, mentre in California si tratta di una tecnologia già ampiamente utilizzata. Lo scenario prospettato dagli scienziati per il futuro è ancora più avveniristico: tra alcuni anni con le vendemmiatrici meccaniche collegate ai satelliti sarà possibile ricevere direttamente in cantina un quadro della vendemmia in tempo reale, metro per metro. In questo modo si potranno avere svariate informazioni, dalla produzione del vigneto allo stato di maturazione delle uve.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024