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L'AGRICOLTURA "SLOW FOOD", CHE PUNTA SULLA QUALITÀ PER DIFENDERE E VALORIZZARE IL TERRITORIO, E' FONTE STRAORDINARIA DI NUOVI POSTI DI LAVORO. LO CONFERMA LA RICERCA “BOCCONI/SOLE 24 ORE”: I 144 PRESÌDI ITALIANI SONO UN’IMPRESA DI 3.000

Gli agrumi del Gargano, il lonzino di fico dell’Anconetano, il pomodoro al piennolo, la fagiolina del Lago Trasimeno, l’aglio vessalico ... prodotti tradizionali delle regioni d’Italia, alcuni dei quali erano prossimi a sparire dal commercio. E’ il caso del caprino di Montèbore, un formaggio nato nelle valli piemontesi nel Medioevo e che secoli fa compariva sulle tavole dei re: nel 1982, morto l’ultimo produttore, il latticino era scomparso, e con esso un altro piccolo pezzo di tradizione gastronomica italiana. Oggi, il caprino di Montèbore è uno dei successi raggiunti dalla “missione” dei Presìdi di Slow Food, un esempio di come gruppi di aziende, con Slow Food, lavorano per salvare 144 prodotti tipici dall’estinzione.

Dal Salone del Gusto di Torino, tutto questo non è più solo un progetto, un’idea, un’opportunità di sola difesa e tutela delle tradizioni e tecniche, oltre che di territori, ma è un “caso di successo imprenditoriale”, sancito da una ricerca dell’Università Bocconi/Il Sole 24 Ore. La ricerca (condotta dal professor Giovanni Viganò, docente di organizzazione e programmazione del territorio del Master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi di Milano e dalla professoressa Madga Antonioli Corigliano, direttore del Master di Economia del Turismo dell’Università Bocconi di Milano) evidenzia, per alcune produzioni, crescite di volumi anche del 1.000%, e stima in 3.000 gli addetti delle imprese dei 144 “presìdi”, con un giro d’affari di 30 milioni di euro. Il comparto più sviluppato è quello frutta-ortaggi-legumi; ma sono in crescita tutti i comparti: pesce, salumi, prodotti da forno e dolci, formaggi, zootecnia. “ma

Importante anche il collegamento con alcuni ristoratori che hanno abbracciato in pieno la filosofia dello Slow Food, della lentezza, dell’uso di prodotti tipici locali. E, sebbene il business dei prodotti tipici resti un affare di nicchia, il successo comincia a farsi notare ed è entrato nel circuito della grande distribuzione: la Coop Italia ha inserito nei propri supermercati una ventina di prodotti, sempre in collaborazione con Slow Food, e, nei prossimi mesi, lancerà una campagna d'informazione.
Ma la ricerca evidenzia comunque che l’intervento di Slow Food è stato importante “soprattutto sotto il profilo culturale, e non come modello di business, e che in generale le aziende non sono costrette a modificare le proprie strategie per affrontare le produzioni tipiche. Per alcuni prodotti tipici, però, “il successo è comunque talmente evidente - è il caso dell’aceto balsamico di Modena o del lardo di Colonnata - da suscitare, come denuncia “Il Sole 24 Ore”, il rischio di un fenomeno di contraffazione, proprio come per le griffe di moda”.

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