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L’ALLARME DELLA CIA - CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI: LE REGIONI ITALIANE SONO ANCORA IN RITARDO NELLA SPESA DEI FONDI UE PER I PIANI DI SVILUPPO REGIONALE. BUROCRAZIA E DIFFICOLTÀ DI ACCESSO AL CREDITO RISCHIANO DI PENALIZZARE LE IMPRESE

Nonostante gli sforzi, non decolla la spesa dei finanziamenti comunitari per i Piani di Sviluppo Regionale (Psr), per cui l’Italia è mestamente ultima in Europa. A fronte di una media del 35%, infatti, le Regioni del Belpaese si attestano sulla quota del 26%, e la forbice aumenta se il confronto è fatto con Paesi come Francia o Germania. A suonare l’allarme è la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, che sollecita un’accelerazione, in modo da fornire le risposte più adeguate alle esigenze delle imprese agricole che subiscono i riflessi negativi di questi ritardi, dovuti - oltre alle “pastoie” burocratiche - alla difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese, chiamate a cofinanziare i progetti. Per l’organizzazione agricola, occorre intervenire per rendere più efficace l’informazione ed il sostegno alle aziende, migliorare e cadenzare l’emissione dei bandi, semplificare le procedure e facilitare l’accesso credito, con specifiche azioni di ingegneria finanziaria.

“Va ricordato - avverte la Cia - che il 2011 e il 2012 sono anni importanti, perché sono quelli nei quali si decide anche la programmazione per il prossimo periodo del 2014-2020. Dimostrare di non saper spendere potrebbe avere conseguenze negative anche per la prossima campagna. Per questo non bisogna assolutamente abbassare la guardia”. Tuttavia, ricorda sempre la Cia - Confederazione Italia Agricoltori, non è sufficiente spendere, ma bisogna anche spendere in modo proporzionale agli impegni presi, per rispondere alle necessità delle imprese e dei territori. Solo così le imprese agricole italiane potranno ottenere ancora i finanziamenti dei Psr, indispensabili per assicurare competitività, innovazione, ricambio generazionale, futuron e capacità di risposta alle sfide del mercato.

“La spesa globale - ricorda l’organizzazione agricola - è molto diversificata nelle varie realtà e tiene conto del 7% di anticipo riconosciuto dall’Ue e da rendicontare alla fine dei Psr. In testa a tutti c’è la Provincia autonoma di Bolzano, con quasi il 60% di spesa, ma con oltre il 30% troviamo anche Trento, le Marche, la Lombardia, l’Emilia-Romagna e l’Umbria. Mentre in forte ritardo, e a rischio “disimpegno” 2011, troviamo in particolare la Sicilia, la Basilicata, la Calabria ed il Molise.

Certo l’analisi non può essere solo quantitativa: ci sono Regioni che hanno speso meno di altre, ma perché hanno fatto scelte particolari, privilegiando obiettivi qualificanti con misure più semplici. In generale, è più alto il livello di spesa per le cosiddette misure a superficie, che riguardano l’indennità per aree montane o svantaggiate e i pagamenti agro-ambientali. In queste azioni, tranne alcune realtà dove sono stati riscontrati problemi specifici o sono state effettuate scelte particolari, il livello di spesa è normalmente superiore al 40%”.

Quasi tutte le Regioni si sono dedicate alla modernizzazione delle imprese e la valorizzazione delle filiere agroindustriali, spesso con progetti integrati di filiera. In queste azioni, le Regioni del Centro-Nord hanno, mediamente, una spesa compresa tra il 20 ed il 30% del programmato, mentre quelle del Sud - con l’eccezione di Puglia e Campania - sono ancora in ritardo. Le maggiori difficoltà si riscontrano nella diversificazione e negli investimenti nei servizi. In queste azioni è necessario coinvolgere diversi soggetti pubblici e privati ed avere una spiccata capacità di governance di sistema, con una forte propensione innovativa.

Sorprendono, infine, le forti differenze regionali. La misura relativa alla formazione degli agricoltori, per esempio, è in genere appena attivata, ma arriva ad oltre il 40% in Umbria e Piemonte. Quella relativa alla “consulenza d’impresa”, invece, è quasi dovunque “a zero”, ma raggiunge il 30% in Toscana. Il primo “insediamento dei giovani”, di fondamentale importanza per il ricambio generazionale, a dicembre 2010 oscillava tra il 60% di Bolzano, di Trento, della Puglia, della Lombardia e della Toscana, e lo “zero” della Sardegna, della Basilicata e della Sicilia.

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