Da oggi, quando si mangerà una pizza napoletana, si mangerà un pezzo di cultura del mondo, che risiede non tanto nel prodotto, quanto nelle capacità e nella storia di chi la prepara, dopo che ieri l’Unesco ha riconosciuto “L’Arte del Pizzaiuolo Napoletano” come “Patrimonio immateriale dell’Umanità”. Dopo un processo di candidatura lungo, come lungo deve essere il processo di lievitazione della pizza napoletana, visto che l’iter è stato avviato “dal Ministero delle Politiche Agricole nel marzo 2009, con una candidatura condotta da una specifica task force di esperti guidata dal professor Pier Luigi Petrillo”, sottolinea il dicastero guidato da Maurizio Martina, che commenta: “il Made in Italy ottiene un altro grande successo, la prima volta che l’Unesco riconosce quale patrimonio dell’umanità un mestiere legato ad una delle più importanti produzioni alimentari, confermando come questa sia una delle più alte espressioni culturali del nostro Paese. È un’ottima notizia che lancia il 2018 come Anno del Cibo. L’arte del pizzaiuolo napoletano racchiude in sé il saper fare italiano costituito da esperienze, gesti e, soprattutto, conoscenze tradizionali che si tramandano da generazione in generazione. È un riconoscimento storico che giunge dopo un complesso lavoro negoziale durato oltre 8 anni, che premia l’impegno del Ministero al fianco delle associazioni dei pizzaiuoli. Ringrazio le istituzioni locali, la Regione Campania, gli esperti del Ministero e tutti quelli che col loro impegno hanno reso possibile questo risultato che ribadisce il ruolo di primo piano svolto dal nostro Paese nel valorizzare la propria identità enogastronomica”.
Un riconoscimento alla cultura agroalimentare italiana che si unisce alla Dieta Mediterranea, riconosciuta dall’Unesco nel 2010, alla “Vite ad Alberello di Pantelleria”, del 2014, ma anche, tra i patrimoni legati al settore, i “Paesaggi Vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato”, sempre del 2014, e le due “Città creativa Unesco per la Gastronomia”, Parma, nel 2015, ed Alba, riconosciuta pochi giorni fa.
“Il riconoscimento da parte del Comitato Intergovernativo per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco, che si è riunito nei giorni scorsi sull’isola di Jeju, in Corea del Sud, tiene conto dei requisiti previsti dalla relativa Convenzione del 2003: identificazione del bene da parte di comunità, gruppi e, in alcuni casi da individui, come parte del loro patrimonio culturale; trasmissione di generazione in generazione e continua nuova creazione in risposta all’ambiente e al contesto sociale e storico; idoneità a fornire alla comunità un senso di identità e continuità e a promuovere il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”, si legge su www.unesco.it.
Un bel risultato dal punto di vista comunicativo, per il Belpaese, ma che avrà anche un risvolto economico, che parte da basi già importanti, poiché, secondo la Coldiretti, “la pizza genera un business di 12 miliardi di euro in Italia dove sono almeno 100.000 i lavoratori fissi nel settore, ai quali si aggiungono altri 50.000 nel fine settimana, secondo i dati dell’Accademia Pizzaioli. Ogni giorno solo in Italia - ricorda la Coldiretti - si sfornano 5 milioni di pizze nelle circa 63.000 pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio, dove si lavorano in termini di ingredienti, nell’anno, 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Nata a Napoli, la passione per la pizza è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono questa classifica”.
“La tutela della pizza conferma la leadership italiana nell’enogastronomia che ha un valore storico e culturale comparabile a quello dei monumenti e opere d’arte. Una risorsa importante anche in vista dell’appuntamento del 2018 - continua la Coldiretti - proclamato anno internazionale del cibo italiano nel mondo. L’Italia e il suo futuro sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia anche nell’offerta turistica - ha commentato il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo - imboccando intelligentemente la strada di un nuovo modello di sviluppo che trae nutrimento dai punti di forza che sono il proprio patrimonio storico ed artistico, il paesaggio e il proprio cibo. Si tratta di un bene comune per l’intera collettività e di un patrimonio anche culturale che l’Italia può oggi offrire con orgoglio sul palcoscenico mondiale anche grazie alle nuove tecnologie”.
A Napoli, ovviamente, è partita la festa, con tavoli in strada dalle prime ore del giorno, i primi pizzaiuoli targati Unesco al lavoro, esibizioni acrobatiche e tanta gente per il ritorno della tradizione della pizza sospesa offerta a coloro che non possono permettersi di pagarla nella storica Via Chiaia che è il centro dei festeggiamenti nel cuore di Napoli vicino all’Antica Pizzeria Brandi, dove secondo tradizione è nata la margherita.
“La tutela dell’Unesco è stata riconosciuta - spiega ancora la Coldiretti - per “il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” nel processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti diventare Pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale”.
Tra i personaggi che si sono spesi di più per il riconoscimento, negli ultimi anni, anche l’ex Ministro dell’Agricoltura, Alfonso Pecoraro Scanio, che, in diretta Facebook, al momento della proclamazione avvenuta sull’Isola di Jeju, in Corea del Sud, ha commentato: “una vittoria è atto d’amore verso la verità e la cultura artigianale, verso Napoli, l’Italia e il mondo. Grazie a tutti coloro che hanno creduto a questo sogno bellissimo dedicato ai pizzaiuoli, ai napoletani, alla città. Con l’Arte del Pizzaiuolo Napoletano, l’Italia ottiene il suo 58esimo bene tutelato, il n. 9 in Campania, merito anche della campagna mondiale #pizzaUnesco, che, con oltre 2 milioni di firme mondiali provenienti da oltre 100 Paesi, ha favorito la corsa travolgente della candidatura italiana”.
Un percorso vittorioso ma complesso. La comunità esponenziale che ha avanzato la proposta di riconoscimento Unesco dell’Arte del pizzaiuolo napoletano è rappresentata da Associazione Pizzaiuoli Napoletani, Associazione Verace Pizza Napoletana, Fondazione UniVerde, Comune di Napoli, Regione Campania, Coldiretti, Università degli Studi di Napoli “Federico II” e dal Centro di ricerche sociali sulla dieta mediterranea “MedEatResearch” - Suor Orsola Benincasa, diretto dal professor Marino Niola. Già nel marzo del 2015 la proposta ha riscosso un primo successo, ottenendo la candidatura italiana e intraprendendo l’iter ufficiale verso il prestigioso riconoscimento.
“Ringrazio tutti i pizzaiuoli napoletani, il Ministero degli Affari Esteri per la decisa azione diplomatica, il Ministero delle Politiche Agricole per l’espletamento degli adempimenti tecnici necessari, le ambasciate, le organizzazioni, le imprese, le istituzioni e gli oltre due milioni di cittadini che, con il loro impegno, hanno permesso all’Arte del pizzaiuolo napoletano e alla petizione #pizzaUnesco di conseguire una vittoria storica. La vittoria è un atto d’amore verso Napoli, l’Italia e il mondo intero che oggi possono aprire gli occhi alla bellezza di quest’arte”.
Tanti, ha ricordato Pecoraro Scanio, i supporters della petizione mondiale #pizzaUnesco: Associazione Pizzaiuoli Napoletani, il grandissimo impegno di Coldiretti da cui è giunto il principale contributo alla raccolta delle adesioni, Associazione Verace Pizza Napoletana, Rossopomodoro, Mulino Caputo, Napoli Pizza Village, Eccellenze Campane, Cna, Unaprol, Fondazione Campagna Amica con la sua rete dei Mercati, Federazione Italiana Cuochi, l’associazione dei cuochi Euro-Toques, Confesercenti, La Fiammante, Ciao, Fratelli la Bufala, Latticini Orchidea, il celebrity chef Salvatore Cuomo, pioniere della pizza napoletana in Asia, Corporazione Pizzaioli di Tramonti e ancora le tantissime pizzerie ai quattro angoli del mondo. Il loro sostegno è stato fondamentale e oggi, a vittoria conseguita, assume un significato ancora più importante”.
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