L’enologo Roberto Bruchi, direttore dell’Associazione Produttori Vitivinicoli Toscani (Aprovito), non ha dubbi: “il biologico in Toscana ha un potenziale di 5 milioni di bottiglie per un mercato ancora tutto da valorizzare. Si deve però creare, nelle doc e docg, una tipologia ristretta riservata alle produzioni biologiche”. “Occorre allora che la crescita dei consumi, e quindi dei mercati, sia accompagnata - ha spiegato Roberto Bruchi, direttore dell’Aprovito - da una strategia di conoscenza e comunicazione. Come ad esempio sta facendo l’Enoteca Italiana: la fascia di produttori che non imbottigliano ma vendono il vino sfuso, che sono ancora la maggior parte, il valore aggiunto del biologico incide di un 20-25 per cento in più (alle 350mila lire per ettolitro del Chianti, corrispondono ad oggi 420-430 mila lire per ettolitro di Chianti biologico). Ci sono insomma tutte le condizioni per ottimi risultati. Sarebbe necessaria una maggiore legittimazione delle produzioni ‘bio’. Per questo si potrebbe prevedere perché lo consente il quadro normativo comunitario, di inserire tipologie ad hoc all’interno di denominazioni particolari, ad esempio Superiori, riservate esclusivamente alle produzioni biologiche”. Flavio Tattarini, presidente dell’Enoteca Italiana si è detto d’accordo “si deve valorizzare le caratteristiche del biologico, ma senza inutili confronti con la produzione tradizionale”. Se ne è discusso alla Settimana dei Vini di Siena, in un convegno scientifico, organizzato dall’Arsia (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo forestale della Toscana), in collaborazione con la Provincia e l’Enoteca Italiana.
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