Quando si parla dei Paesi emergenti nel panorama economico mondiale, quelli che da qualche anno crescono a ritmi frenetici, ci si concentra spesso sulla Cina, dimenticando che, proprio in Asia, c’è un gigante come l’India. Più di un miliardo di abitanti ed una crescita del Pil del 7,7% nel 2011 (secondo le stime Ocse): un mercato decisamente appetibile, anche per il mondo del vino, che però, al momento, sconta un ostacolo enorme, quello di un livello dei dazi sugli “spirits” pari al 150%, una vera e propria barriera all’entrata. Ma le cose potrebbero cambiare presto, perché l’India è un mercato fatto di grandi contrasti, e se è vero che resistono importanti sacche di povertà, aumenta la percentuale di benestanti, attratti dallo stile di vita occidentale e, ovviamente, dal buon vino italiano e francese.
Lo scenario futuro, al quale si arriverà procedendo per tappe, da qui ai prossimi 3 anni, prevede una riduzione sostanziale, fino ad arrivare al 40%, della tassazione sul vino importato. Andando nel dettaglio, alla fine del percorso ci troveremmo di fronte a due diversi regimi fiscali: uno per il vino venduto ad un prezzo superiore ai 34/35 euro per cassa (nel mercato indiano ci si riferisce sempre a casse da 12 bottiglie, che equivalgono a 9 litri), che scenderà dal 150% al 40%, l’altro per i vini con un prezzo compreso tra i 20/21 ed i 34/35 euro per cassa, che scenderà solo fino al 60%. Sotto i 20 euro a cassa, invece, i dazi continueranno ad essere del 150%: uno scenario ottimale per la produzione italiana di qualità.
Uno dei problemi che i vini del Belpaese scontano su alcuni mercati, è proprio quello legato alla competizione fatta sul prezzo, che porta inevitabilmente ad una svalutazione del valore del nostro vino. Con una segmentazione del genere, al contrario, la qualità non ha nulla da temere, perché scendendo sotto determinate soglie di prezzo si pagano più tasse, e tanto basta a garantire un valore stabile al vino tricolore di qualità.
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