Ci sono voluti anni di battaglie e due tentativi falliti, ma alla fine una vittoria è arrivata: l’Europa ha vietato l’uso in agricoltura in campo aperto dei pesticidi neonicotinoidi. Lo scorso marzo l’Efsa - Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha ribadito la pericolosità di tre insetticidi della classe dei neonicotinoidi: imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam. Il risultato è stato che la Commissione Europea ha richiesto la restrizione del loro uso in campo aperto, incontrando la resistenza di alcuni Stati Membri. Il voto di oggi, invece, ha approvato a maggioranza qualificata la proposta di divieto della Commissione. Una prima, grande vittoria conquistata, ma come sottolineano Slow Food e Coldiretti, la guerra non è ancora finita. Sì perché i neonicotinoidi si possono ancora usare in serra, cosa che per Slow Food attraverso il suo fondatore Carlo Petrini, va assolutamente evitata. È chiaro che, comunque, “questo voto è un chiaro messaggio - ha commentato Petrini - indirizzato alla politica e all’intero sistema agricolo industriale: la nostra salute e quella del pianeta prevarranno sugli interessi finanziari delle multinazionali. Siamo di fronte a un passo fondamentale verso un’agricoltura buona, pulita e giusta”.
Particolare attenzione sulla questione dei neonicotinoidi è per la famiglia delle api, che a causa di questi pesticidi ha visto il suo numero scendere vertiginosamente. Per questo Paolo De Castro, vice presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, accoglie molto positivamente il voto dei Paesi Europei contro il loro utilizzo all’aperto, ricordando come proprio dalle api dipenda il 75% della produzione alimentare dell’Unione. “La decisione di oggi che sarà operativa dalla fine dell’anno rappresenta quindi - ha commentato De Castro - uno scatto in avanti per rafforzare lo sviluppo del settore che ha conosciuto un boom del 27% e che da ora può anche contare sulle misure introdotte dall’Omnibus, la mini-riforma della Pac, con l’inserimento nel novero delle aree considerate ad interesse ecologico dei terreni a riposo con piante mellifere”. Per De Castro ad ogni modo “questo non basta. Il settore ha bisogno - conclude - di più risorse, di introdurre l’origine del miele in etichetta e di dichiarare “guerra” al miele adulterato, di bassissima qualità, al miele fraudolento o addirittura finto”.
Anche la Coldiretti “festeggia” la notizia, ma ricorda anche che adesso è importante che Italia ed Europa insieme impediscano l’ingresso nell’Unione di prodotti stranieri trattati con i principi attivi sotto accusa. Da quando sono stati approvati 20 anni fa, i neonicotinoidi hanno causato la decimazione degli alveari: le api, sottolinea la Coldiretti, sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In Italia, spiega la Coldiretti, esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori, da quello di arancia a quello di castagno, dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane, continua la Coldiretti, ci sono 1,2 milioni gli alveari curati da 45.000 apicoltori tra hobbisti e professionali con un valore stimato in più di 2 miliardi di euro per l’attività di impollinazione alle coltivazioni. Questo enorme patrimonio gastronomico e culturale deve essere protetto, e per farlo, dichiara la Coldiretti, c’è bisogno di controllare i prodotti che provengo da mercati extra-Ue. “Non è accettabile - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia ed in Europa, anche grazie agli accordi di libero scambio, ed è necessario, invece, che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro”.
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