È una battaglia silenziosa, il secondo atto di quanto accaduto nel 2007, quando bar, ristoranti e tavole calde decisero un giorno di protesta collettiva, il “No ticket day”. Il pomo della discordia, questa volta, le sanguinose gare al massimo ribasso, a cui, oltre agli enti pubblici, ha deciso di ricorrere l’Eni, che ha in sospeso un contratto da 8 milioni di euro, che ingolosisce molti, tutti pronti a concedere sconti anche del 20%. A rimetterci, ovviamente, bar e ristoranti, che in tempi di crisi non possono rinunciare ad un’entrata sicura, seppur decurtata come minimo del 10% .
È un mercato da 2,5 miliardi, che riguarda 2,2 milioni di dipendenti, che ogni giorno, non potendo usufruire di una mensa aziendale, riempiono bar, tavole calde e fredde e ristoranti. Alla notizia della volontà del gruppo del cane a sei zampe di voler procedere alla gara al massimo ribasso, lapidario è arrivato il commento del presidente dell’associazione nazionale società emettitrice di buoni pasto - Anseb: “se anche l’Eni, che non ha problemi di bilancio sceglie la strada del massimo ribasso, per il mercato è devastante”. Specie alla luce di quanto succede invece nella vicina Francia, dove ben altre sono le commissioni pagate dagli esercenti, vincolate ad un tetto massimo del 3%.
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