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“LA CHIMICA NON COMBATTE LA DIABROTICA. LE API SONO TORNATE DOPO STOP AI FITOFARMACI”: PAROLA DI UNAAPI, LEGAMBIENTE, SLOW FOOD, APILOMBARDIA, CONAPI, AIB, CHE CHIEDONO MISURE AL MINISTERO DELLA SALUTE ALLA SCADENZA DEL DECRETO SOSPENSIONE CONCIANTI

“Privilegiare l’utilizzo della chimica come mezzo di lotta ai parassiti del mais non garantisce la sua efficacia contro la diffusione e i danni da diabrotica”: lo sottolineano Unaapi, Legambiente, Slow Food, Apilomabradia, Conapi, Aiab, in un importante convegno di scena a Milano, per fare il punto sullo stato di salute delle api che, a distanza di quasi un anno dalla sospensione dei neonicotinoidi, i fitofarmaci impiegati per la concia del mais, sono tornate a volare. Per questi motivi le associazioni hanno chiesto al Ministero della Salute di intervenire, indicando quali misure saranno attuate per la scadenza del decreto di sospensione dell’utilizzo di concianti per il mais.

Quest’anno le api italiane stanno decisamente meglio degli anni passati, quando la scomparsa di questi indispensabili impollinatori sembrava ormai un processo irreversibile. Un miglioramento che e’ evidentemente collegato dovuto alla messa al bando dei neonicotinoidi, una classe di fitofarmaci impiegati nella coltivazione del mais. A distanza di quasi un anno dalla sospensione di queste sostanze ad azione neurotossica utilizzate per la concia del mais (ovvero nel trattamento del seme) infatti, non si sono più registrate denunce di spopolamento di alveari, né segnalazioni da parte degli apicoltori che da 10 anni, e in particolare nel biennio 2006-2008, hanno visto svuotarsi i loro apiari. Le evidenze scientifiche sono chiare ed indicano che i neonicotinoidi sono nocivi per la vita delle api, preziosi bioindicatori dello stato di salute dell’ambiente in cui vivono e che condividono con l’uomo, indispensabili per l’impollinazione, che interessa circa il 75% della produzione agricola destinata al consumo umano.

I numeri e le conseguenze della grave moria degli anni scorsi sono evidenti: l’Osservatorio del Miele attesta che, nel 2008 più della metà degli alveari italiani, e cioé 600.000 su un totale di 1.100.000, sono stati posti fuori produzione per spopolamento di interi apiari. La produzione nel 2008 di miele è crollata del 50% riducendosi a 7.000 tonnellate. Un risultato forse prevedibile dato che, nel 2007, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) aveva dichiarato che la moria delle api aveva colpito il 50% della popolazione apiaria, rispetto alla media annua del 15%. Le segnalazioni di avvelenamento di api sono arrivate soprattutto dal Nord Italia e in particolare dalle Regioni a forte vocazione maidicola (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia), per l’utilizzo di semi di mais conciati. Molti studi hanno evidenziato che il sistema vitale delle api viene irrimediabilmente compromesso una volta che questi insetti entrano in contatto con le sostanze neurotossiche durante le normali operazioni di raccolta di nettare, polline, acqua e in particolare di rugiada contaminati.

Dalle analisi svolte dall’Istituto Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta su campioni di api morte risultava inoltre che 24 campioni su 24 erano positivi ai neonicotinoidi. I segnali di ripresa nel 2009, coincisi con il ritorno del ronzio delle api nei campi della pianura Padana, non hanno avuto lo stesso esito al Sud (in Calabria, Basilicata e Puglia) dove - in modo del tutto irresponsabile - a maggio sono stati effettuati trattamenti a base di insetticidi e di neonicotinoidi durante il periodo della fioritura.

Contemporaneamente, in alcune zone a forte vocazione maidicola di Piemonte e Lombardia si è diffusa la diabrotica (insetto parassita dannoso per il mais) che alcuni hanno voluto addebitare al mancato uso dei concianti neonicotinoidi, mentre risulta lampante la causa legata al sistema monoculturale intensivo visto che in altri areali e in intere Regioni, come il Veneto, dove sono state adottate tecniche di prevenzione e metodi alternativi, senza eccesso di sorta d’uso di sostanze chimiche, non si constata alcun danno da Diabrotica. “Un approccio unidirezionale, che privilegi solamente l’utilizzo della chimica come mezzo di lotta ai parassiti del mais - affermano le associazioni - è destinato al fallimento e non può garantire la sua efficacia contro la diffusione e i danni da Diabrotica. Proseguire su questa strada quindi, può solo comportare un devastante impatto ambientale. Per questo motivo, è indispensabile che i servizi agricoli regionali nei comprensori infestati da diabrotica attuino piani di contenimento del parassita basati sull’effettivo divieto della monocoltura in monosuccessione. Il mais è una coltura preziosa per le produzioni agrozootecniche della Pianura Padana, essendo la base nutritiva per bovini e suini, ma tutelare queste produzioni significa anche impedire che l’intensità delle colture agrarie venga spinta oltre i limiti che i terreni sono in grado di sostenere, e per questo è sempre più necessario arrestare l’intensivizzazione e la monocoltura, mentre occorre recuperare i tradizionali metodi di rotazione che permettono di ridurre i trattamenti con sostanze chimiche in campo, tutelando sia le api che gli agricoltori, che i consumatori finali”.

A tutt’oggi però mancano informazioni ufficiali sull’andamento delle infestazioni da diabrotica in Italia, come pure sull’andamento delle morie e sparizioni delle api. “Per questo - concludono le associazioni - chiediamo al Ministero della Salute intervenire subito in maniera adeguata, e di indicare quali misure saranno attuate per l’imminente scadenza del decreto di sospensione dell’utilizzo di concianti per il mais a base di sostanze neurotossiche e neonicotinoidi”.

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