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LA CITTÀ CRESCE, E L’ORTO SI FA IN MEZZO AL TRAFFICO. COLTIVAZIONI DI FRUTTA E VERDURA A LONDRA, UOVA E LATTE A SHANGHAI PER FAR FRONTE AL FABBISOGNO DI CIBO NELLE METROPOLI ... MA ANCHE IN ITALIA CRESCE QUESTA TENDENZA

Le città stanno per battere le campagne, almeno per numero di abitanti. Le Nazioni Unite prevedono che proprio il prossimo anno il numero di persone che vivono nei centri urbani supererà quello di coloro che abitano i zone rurali. Dato ancora più rilevante se si tiene conto del fatto che le città coprono solo il 2% della superficie terrestre, ma consumano i 3/4 delle risorse. Sia in termini di energia che di consumi di cibo. Londra, per esempio, con non è neanche tra le 20 città più popolose del mondo, consuma 8mila tonnellate di cibarie al giorno. E se, come sostengono in molti, tra ingegneri e urbanisti, il sistema per riequilibrare le cose non è ritornare in campagna, ma migliorare le città, ecco che anche gli orti si trasferiscono nelle metropoli. Senza, ad esempio, far viaggiare ortaggi o pane per chilometri, si sta tornando alla richiesta e al consumo di prodotti locali, da qualche parte per scelta, da qualche altra per necessità.
Ed ecco che, sempre secondo le Nazioni Unite, il 15% dell’alimentazione mondiale proviene da coltivazioni urbane. Ovviamente, ogni città ha la sua “specialità”: dalle carpe allevate nelle cisterne che raccolgono liquame a Calcutta, ai polli allevati in stie appese alle pareti di casa di Nayrobi, in Kenia, oppure alla verdura coltivata dentro ai vecchi copertoni ad Haiti. Ma al di là di questi casi limite, in diverse città la coltivazione di terreni urbani sta risolvendo diversi problemi di approvvigionamento. A Shangai, per esempio, la terra all’interno della città è coltivata da oltre un milione di cittadini, e si riesce a coprire quasi per intero il fabbisogno di uova e latte, e gran parte di quello di carne, verdura e grano. A Londra, dalla quale eravamo partiti, sono 300mila i lotti urbani “abitati” da frutta e verdura. Ovviamente c’è chi si arricchisce, come spiega Xinming Bian, della facoltà agraria di Nanchino: “i prezzi sono alti perché il mercato è esteso, e in questo modo gli agricoltori si arricchiscono”.
Comunque sia, questa nuova forma di coltivazioni porta con se altre innovazioni, come la tecnica “idroponica”, con la quale si elimina il bisogno del terreno, immergendo le radici in una soluzione liquida che sprigiona le sostanze nutritive, ed è sempre più utilizzata anche nei giardini pensili.
Inoltre, coltivare in città presenta il notevole vantaggio di avere abbondanti quantità di liquame come fertilizzante, pratica che non va demonizzata ma studiata, perché i liquami, depurati dagli agenti patogeni, potrebbero rappresentare una grande risorsa.
La coltivazione urbana (che sta incontrando proseliti anche in Italia) porta un po’ di verde in città, riduce gli spostamenti e quindi i consumi e le emissioni e incentiva a riciclare certi tipi di rifiuti. Se gestita bene, un toccasana per ambiente e palato.
Federico Pizzinelli

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