"Non vogliamo assolutamente polemizzare e neppure innescare un fenomeno di emulazione in altre aziende. Ma la non condivisione delle linee strategiche, impersonate dal vertice del Consorzio del Brunello, ci porta alla decisione di uscire da questo organo di tutela e di promozione dei vini di Montalcino". Stefano Cinelli Colombini, al timone della Fattoria dei Barbi, sicuramente uno dei marchi dell’enologia d'Italia più conosciuti nel mondo nonché nome storico del vino di Montalcino, rompe gli indugi e spiega che "l'azienda non si sente più rappresentata dal Consorzio (la Fattoria dei Barbi è entrata dal 1989 nel Consorzio, organismo costituito nel 1967, ndr) né da un punto di vista promozionale tantomeno sul prodotto. Come del resto, non ho condiviso, in un recente passato, la politica dell’ampliamento della superficie a vigneto nel territorio di Montalcino. Ma, soprattutto, non mi sento assolutamente di approvare la ventilata ipotesi del Consorzio di ridurre l'“invecchiamento” del Brunello (da quattro a tre anni, per l'annata, e da cinque a quattro anni, per la Riserva, ndr) e la proposta di portare ad un solo anno l'affinamento in botte del Brunello (oggi è di due anni, ndr)".
Intanto, al Consorzio del Brunello di Montalcino (che associa tutti gli imbottigliatori, ad esclusione, da sempre, della Tenuta Il Greppo di Franco Biondi Santi, ndr) bocche cucite sulla "questione Fattoria dei Barbi”, come del resto sull’ipotizzata riflessione sul disciplinare di produzione. I soliti rumors raccontano, comunque, che “il cambio di disciplinare del Brunello è un qualcosa che il Consorzio sta veramente analizzando. Una riflessione che il Consorzio vuol avviare presto, ma dialogando bene con tutti i viticoltori di Montalcino".
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025