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LA FEDERAZIONE PANIFICATORI E PASTICCERI: “IL PANE? MEGLIO QUELLO DEL FORNAIO”. MA LA GDO CRESCE. CONSEGNE A DOMICILIO E VENDITA ON LINE LE SFIDE. COLDIRETTI: “CONSUMI, CON - 4% CROLLA PANE NEL 2010. IL PREZZO SALE E RADDOPPIA, DA NAPOLI A VENEZIA”

Non soltanto un luogo per la vendita di pane, pasta fresca, pizze, focacce e dolci, con un orario di apertura più elastico e dilatato nell’arco della giornata. Il panificio del futuro, ove possibile, dovrà puntare su nuove carte: dalla vendita a domicilio (anche di pasti completi), all’interattività. I panificatori dovranno conquistare il web, arma in più per la vendita on line. Sono alcune delle soluzioni indicate a Verona, dove è di scena il Siab, da Fabiana Vidoz di Swg, l’istituto di ricerca che per Fippa, la Federazione italiana panificatori pasticceri e affini, ha realizzato un’indagine su un campione di 1.219 cittadini italiani e 268 panificatori sull’immagine e al consumo del pane oggi. L’obiettivo: approfondire la conoscenza del comparto e rilanciare l’immagine e il ruolo del forno artigianale.
“L’arte bianca, così antica, ma ancora così attuale e moderna - dichiara Luca Vecchiato, presidente di Fippa - è sinonimo di freschezza, genuinità, fragranza, quando è associata alla panificazione artigianale”. E sono proprio piacere e gusto le “molle” che spingono gli acquisti del pane artigianale, addirittura per il 72% degli intervistati con un consumo quotidiano (mentre il 44% lo acquista tutti i giorni).
Eppure, forse non bastano i risultati assolutamente positivi come l’immagine e i sentimenti che comunicano il panificio (“regno dei buoni prodotti, luogo di storia e tradizione”), il bollino bianco promosso dalla Fippa come marchio di qualità (la cui introduzione è stata giudicata “importante” dal 90% degli intervistati), le possibilità di poter consumare i pasti e “vivere” gli spazi della panetteria per diverse ore al giorno, dalla colazione al pranzo, fino all’aperitivo.
Conseguenza della liberalizzazione voluta da Bersani. E a quanto pare assai gradita dai clienti dei panifici, almeno molto di più rispetto a 3 anni fa. Nel 2007, infatti, come spiega Alex Buriani di Swg, “il 12% del campione dichiarava che avrebbe mangiato spesso o sempre in panificio. Oggi tale percentuale è arrivata al 32%, con un balzo in avanti di 20%. Senza dimenticare che è aumentata anche la fetta di quanti mangerebbero ogni tanto in panificio, dal 36% del 2007 al 49% del 2010”.
Effetto traino della freschezza, ma anche probabilmente della crisi economica. Gli intervistati si attendono infatti, da un pranzo nel panificio, un risparmio medio di circa 2 euro.
Viva dunque il pane fresco, anche se poi - nei fatti - non c’è sempre da sorridere per gli artigiani della panificazione. È diminuita infatti la frequenza di acquisto del pane (da 5,4 volte/settimana nel 2003 a 5 volte nel 2010) e la quantità per acquisto: 437,8 grammi nel 2003, 446,5 grammi nel 2008, poi giù a 400,8 grammi quest’anno. Una flessione del 12% sulla quantità mediamente acquistata settimanalmente dalle famiglie: da 2,28 chilogrammi del 2008 agli attuali 2,01 chilogrammi.
Tradotto in altri termini: il pane fresco acquistato dal fornaio tradizionale è riconosciuto come migliore, ma talvolta la fretta o la comodità portano i consumatori a comprare il pane nei reparti della grande distribuzione organizzata.
Cambiano anche i gusti e le tendenze negli acquisti nei panifici, anche se di poco. Così, se nel 2007 il 67% dei clienti comprava altri prodotti oltre al pane, adesso siamo al 72%, con un indice di gradimento marcato verso pizze e focacce.
Non resta dunque che seguire i nuovi trend, “cavalcando” i punti di forza della panificazione artigianale: bontà, freschezza, rispetto della tradizione, ma allo stesso tempo attenzione a nuovi prodotti, altro aspetto vincente per i maestri dell’arte bianca.

Focus - Consumi: con - 4% crolla pane nel 2010. 1/3 meno in 10 anni. Il prezzo al consumo sale e raddoppia da Napoli a Venezia
Crolla nel 2010 il consumo di pane che fa registrare una riduzione del 4 per cento negli acquisti familiari. Emerge da un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea relativi al primo trimestre del 2010. Nonostante il progressivo calo dei consumi che ha già portato a ridurre quasi di un terzo gli acquisti familiari degli italiani rispetto al 2000, sono oltre 17 milioni gli italiani che vanno “pazzi” per il pane e lo portano in tavola sempre, sette giorni su sette a tavola ed a cena, mentre sono solo 930.000 quelli che non lo mangiano mai, secondo il rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani.
Il cambiamento della dieta ha spinto verso un calo dei consumi che sentono però anche gli effetti dell’aumento medio del prezzo medio del costo del pane che è stato del 2% nel primo trimestre del 2010, nonostante il crollo del prezzo del grano.
Il prezzo medio del pane - continua la Coldiretti - raddoppia tra Napoli dove costa 1,95 euro al chilo e Venezia dove si spende 3,87 euro al chilo mostrando una forte variabilità tra le diverse città con valori che variano tra i 3,35 euro al chilo a Bologna, 2,65 euro al chilo a Palermo, 2,48 a Torino, 2,31 a Roma e 2,41 a Bari, secondo una analisi svolta dalla Coldiretti a marzo 2010 sulla base dei dati dell’Osservatorio Osservaprezzi.
La forte variabilità è una evidente dimostrazione che - sottolinea la Coldiretti – l’andamento del prezzo del pane dipende solo marginalmente dal costo del grano che è fissato a livello internazionale al Chicago Board of Trade e non mostra quindi differenze tra le diverse città. Peraltro - precisa la Coldiretti - le quotazioni del grano tenero per il pane sono al minimo da venti anni su valori di appena 0,15 euro al chilo che, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati del servizio Sms consumatori del Ministero delle Politiche Agricole, diventano 2,70 euro al chilo quando diventa pane, con un aumento di quasi il 1.700% dal campo alla tavola.
Nella forbice dei prezzi dal grano al pane c’è abbastanza spazio per recuperare diseconomie e garantire una adeguata remunerazione agli agricoltori e a tutte le componenti della filiera senza per questo aggravare i bilanci delle famiglie - sostiene la Coldiretti - nel sottolineare che il crollo del grano oltre a non aver effetti per i consumatori rischia di mettere in crisi il futuro delle coltivazioni Made in Italy con l’aumento della importazioni e della dipendenza dall’estero.
La Coldiretti sta promuovendo un progetto per una filiera agricola tutta italiana con l’obiettivo di tagliare le intermediazioni e arrivare ad offrire, attraverso la rete di Consorzi Agrari, cooperative, farmers market, agriturismi e imprese agricole, prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori al giusto prezzo.
Un impegno anche per garantire l’origine del grano impiegato considerato che circa la metà del pane è ottenuto con grano straniero senza alcuna indicazione per i consumatori nonostante il crescente interesse dei cittadini. Sono infatti decine i pani tradizionali censiti dalle regioni perchè ottenuti secondo “tecniche” rimaste inalterate nel tempo (da Lariano a Terni, da San Gaudenzio a Laterza, da Pontremoli a Borgopace) mentre crescono - conclude la Coldiretti - i riconoscimenti a livello nazionale e comunitario, dove sono state già protette dalle imitazioni la coppia ferrarese Igp, il pane casereccio di Genzano Igp e il pane di Altamura Dop e anche il pane di Matera Igp.

Focus - Il prezzo del pane nelle diverse città (euro/chilo)

Torino 2,48
Milano 3,59
Venezia 3,87
Bologna 3,35
Firenze 1,98
Roma 2,31
Napoli 1,95
Bari 2,41
Palermo 2,65
Cagliari 2,53
Fonte: elaborazioni Coldiretti a Marzo 2010

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