“La forza della libertà: il viaggio”, tema scelto da Paolo Marchi per l’edizione 2017 di “Identità Golose”, inteso come viaggio con i sapori del mondo, dei prodotti e degli chef per aggiornarsi ma anche per migliorarsi, nel segno della contaminazione e dell’integrazione, contro il protezionismo e l’intolleranza, si può esprimere appieno proprio solo attraverso la cultura, che, ha detto oggi nel giorno di chiusura del Congresso di cucina d’autore lo chef n. 1 al mondo Massimo Bottura, è “l’ingrediente più importante per il futuro della cucina”. Potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il messaggio “ecumenico” della kermesse (www.identitagolose.it), che riunisce ogni anno i migliori nomi della ristorazione italiana e mondiale. Dallo stesso Bottura, come detto, ad Enrico Crippa, che proprio in questi giorni ha ricevuto il “Nobel della cucina”, ovvero il “Grand Prix de l’Art de la Cuisine 2017” dall’Académie Internationale de la Gastronomie (che nel 2010 andò proprio a Bottura, ultimo italiano prima di Crippa ad essere insignito del riconoscimento, andato anche ad Alfonso Iaccarino nel 2000, a Louisa Valazza e Nadia Santini nel 1998 e a Giorgio Pinchiorri ed Annie Féolde nel 1993, ndr), e che in nome del tartufo bianco di Alba e delle tre stelle Michelin, insieme ad altri colleghi illustri come i fratelli Cerea, hanno reso omaggio a Umberto Bombana, che con il suo 8 e ½ Bombana di Hong Kong è l’unico tristellato michelin fuori dall’Italia, avamposto in Asia della grande cucina del Belpaese (e recente vincitore del premio alla carriera per l’Asia’s 50 Best Restaurants 2017), dove nell’ultimo anno ha consumato ben 75 chili di tartufo bianco. Passando per Heinz Beck, lo chef tre stelle Michelin della Pergola dell’Hilton di Roma che, sul palco di Identità Golose, ha portato il “panino non panino”, servito dentro una busta delle lettere.
O come Carlo Cracco, che, tra le altre cose, ha annunciato il suo addio dopo 6 edizioni a “MasterChef”, ma non alla tv, dove continuerà con “Hell’s Kitchen”, e ha parlato di pasta, simbolo del mangiare italiano, “che deve essere sempre al dente, mentre sul condimento via con la fantasia”. Pasta che è stata anche al centro dell’intervento di Davide Scabin, che l’ha rivisitata come fosse un cocktail di cacio e pepe, carbonara e genovese, tra Roma e Napoli, ma anche condita con il contenuto di cinque ampolle “ripiene” di sapori essenziali “clonati” , lanciando il progetto “Note by Note”, ovvero cucina molecolare all’ennesima potenza, grazie alla quale, secondo Scabin, “ogni chef tra qualche anno avrà i suoi sapori personalizzati, su misura”. Insomma, una cucina, quella che emerge da “Identità Golose”, che torna a beneficiare della “libertà” di esplorare, osare, sperimentare, anche eccedere e provocare, cercando nuove frontiere, o recuperando le tradizioni in chiave moderna. Come hanno fatto Davide Oldani, con una rivisitazione della Cassoeula e sangue di vitello (che diventa una salsa e un meringa) alla milanese, o il pasticcere Corrado Assenza, con un dessert che è quasi un secondo piatto, dove gli ingredienti principali sono miele e fassona piemontese.
Innovazione anche in un’altra delle tradizioni italiane, quella della pizza. Che, in ben due versioni, quella di Franco Pepe (Scarpetta, con due consistenze e stagionature diverse di Grana Padano, un battuto di 3 pomodori e basilico disidratato) e quella di Sarah Minnick della Lovely’s Fifty Fifty di Portland, in Oregon (spinaci, carote fermentate e peperoncino, capperi, limone, pomodori schiacciati e feta) è diventata per la prima volta “Piatto dell’anno” di Identità Golose. E che un altro dei grandi della cucina italiana, Massimiliano Alajmo, ha reinterpretato e “brevettato” in tre nuove forme: oltre alla pizza cotta al vapore, su cui lavora da anni, arrivano il MaxCalzone, il MaxCalzino, ed il Centopezze, con diversi strati di impasto diversi e elementi aromatici e grassi differenti.
D’altra parte, ha ricordato Moreno Cedroni, tutto nasce dalla conoscenza e dalla consapevolezza: “se c’è una profonda conoscenza della cucina tradizionale si può andare lontano, altrimenti il viaggio è breve”.
E per esempio, ha sottolineato Nino di Costanzo, “oggi si parla tanto di cotture ma poco del crudo, che invece ha sempre fatto parte della nostra storia e cultura”.
Ovviamente si sono indagate anche tendenze sempre più presenti nei gusti e negli stili alimentari degli italiani e non solo, come il vegetarianesimo, al centro, tra gli altri, dell’intervento di Enrico Bartolini, che mette insieme 4 stelle michelin con tre ristoranti in due Regioni, ovvero le 2 del Mudec di Milano e una stella nelle nuove aperture al Casual Ristorante a Bergamo e La Trattoria Enrico Bartolini in Località Badiola a Castiglione della Pescaia. Che proprio dell’esperienza vegetariana del Mudec ha fatto un esempio: dall’inserimento in menu di qualche piatto per andare incontro alle esigenze dei vegetariani, ad un vero e proprio studio per coglierne opportunità, arrivando a piatti che “a volte ci danno una soddisfazione maggiore di quelli a base di carne o pesce”.
Solo alcuni dei tantissimi spunti emersi da Identità Golose, dove si è tornati a parlare anche dell’importanza della sala e dell’ospitalità nell’appuntamento firmato da Cantine Ferrari e The World’s 50 Best Restaurants, con Bottura che ha sottolineato come “una grande sala salva un piatto modesto, una cattiva sala distrugge un grande piatto”, e con Marco Reitano, sommelier de “La Pergola” del Rome Cavalieri di Heinz Bech che, tra gli altri, ha ricordato come “il cliente sia sempre la persona più importante”.
Tante idee e spunti che dall’Italia e dal mondo sono arrivati a Milano, dove il sindaco Giuseppe Sala ha annunciato una settimana interamente dedicata al cibo in maggio, e da dove il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, che insieme a chef, giornalisti e gastronomia, ha lanciato nel 2016 la prima “Settimana della Cucina Italiana nel Mondo”, ha ricordato come “fino a qualche tempo fa il Ministero guardava agli chef come a soggetti esterni alle scelte strategiche di politica agricola. Poi noi abbiamo deciso di farli sentire a casa. Cosa fondamentale, perché il cibo soprattutto per noi italiani è leva fondamentale per la diplomazia prima ancora che per la bilancia commerciale. Il grande tema di come noi promuoviamo questo lavoro legando il prodotto al saper fare è per noi un tema gigantesco, ancora tutto da affrontare”.
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