Non è la ricerca del salutismo e nemmeno la voglia dell’esperienza premium. La Gen Z consuma meno vino perché banalmente non può (ancora) permetterselo. A dirlo è una ricerca Rabobank, che ha indagato i fattori strutturali ed economici alla base del comportamento dei nati tra il 1997 e il 2012 riguardo al consumo di alcol negli Stati Uniti, per smentire “una narrazione” giudicata da Bourcard Nesin, analista senior del settore bevande dell’istituto bancario, “eccessivamente esagerata e semplicistica”. Con ordine, il report “The real reasons Generation Z is drinking less alcohol” spiega come, rispetto alle generazioni precedenti, la Gen Z ha in media redditi più bassi e occupazioni meno stabili, e, inoltre, molti si trovano ancora sotto l’età legale per poter bere (negli States servono 21 anni per consumare alcol, ndr).
Eppure, la spesa dedicata all’alcol rispetto al reddito netto, è la stessa dei Millenials (nati tra il 1981 e 1996) nella medesima fase della vita anche se, in termini assoluti, è più bassa in valore dal momento che la Gen Z non ha molto da spendere. Per ora. Perché secondo Nesin molti di loro stanno ancora studiando e quando “otterranno lauree e titoli di studio avanzati, avranno occupazioni meglio remunerate e l’incremento del reddito inciderà sull’aumento della spesa per gli alcolici”. Questione di tempo, dunque, secondo lo studio: negli ultimi quarant’anni, infatti, i giovani hanno progressivamente ritardato il loro inizio al consumo di alcol, ma verso l’età di 35 anni la maggior parte si è allineata alle generazioni precedenti. Rabobank stima che la Gen Z farà lo stesso, anche se forse con livelli leggermente inferiori: del resto, tra il 2012 e il 2023, la quota di reddito spesa in alcol da parte degli under 30 è scesa dall’1,1% allo 0,74%.
Ma non è solo una questione di soldi, c’è anche una componente legata alla socialità ormai sempre più digitalizzata e segnata da strumenti come lo smartphone e i social media. E che conducono in qualche modo a un calo dei consumi: la ricerca racconta che nel 1991, il 64% degli studenti all’ultimo anno delle scuole superiori si era ubriacato almeno una volta e che nel 2024 la percentuale è scesa al 33% con il calo che ha cominciato a verificarsi dopo il 2012, anno dell’esplosione degli smartphone. Se i telefonini moderni da un lato hanno avuto l’effetto positivo di far diminuire il consumo di alcol tra minorenni, dall’altro hanno, però, portato i giovani a trascorre più tempo online e meno a socializzare di persona, con il risultato che le occasioni di socialità si sono progressivamente ridotte: e meno uscite e meno party significano, infatti, anche meno “drinking occasions”, occasioni per bere. Poi ci sono le foto: ad un primo impatto, magari, si sottovaluta il significato di una fotografia scattata mentre si beve pubblicata su Instagram o inviata su qualche chat di Whatsapp, ma le conseguenze per gli studenti, soprattutto gli sportivi, beccati a bere, fumare o fare tardi possono essere immediate e anche gravi, dalla sospensione all’esclusione da attività extracurriculari, come per esempio anche il corso di teatro, il laboratorio di matematica o il coro di musica. Si tratta di situazioni ed effetti collaterali destinati comunque “a sparire”, secondo Nesin, in virtù dell’inevitabile “crescita della Gen Z”: meno controlli e più indipendenza favoriranno il consumo in futuro, anche se, secondo i promotori dello studio, la Generazione Z “non raggiungerà i livelli delle precedenti”.
Ma non per motivi legati alla salute: l’indagine, infatti, spiega anche come, negli ultimi anni e per le persone via via in questa fascia d’età, il rischio percepito dei danni per la salute dovuti al consumo di alcol sia rimasto invariato dal 2008 al 2019 (46%) e nel 2023 (ultimi dati disponibili, ndr) la percentuale scende al 39%.
Infine, la questione demografica: il 50% degli appartenenti alla Gen Z negli Stati Uniti è composto da afroamericani, asiatici e latini, che consumano meno vino. Unito al fatto che tra gli under 25, le donne rappresentano la maggioranza dei consumatori di alcol e, tendenzialmente, bevono meno degli uomini.
Le implicazioni sono significative, ma a trarne vantaggio potrebbero essere gli spirits. E, in definitiva è vero: i nati tra il 1997 e il 2012 probabilmente consumeranno meno alcol delle generazioni precedenti, ma non in modo drasticamente inferiore, e non per i motivi che la maggior parte suppone. La vera sfida dunque, secondo Rabobank, sarà non tanto capire quanto beve la Gen Z, ma chi beve. E cercare di coinvolgere maggiormente donne ed etnie diverse, senza generalizzare e approssimare sulla questione salutista come motivazione cardine del calo dei consumi tra giovani.
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