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LA NAZIONE/IL GIORNO/IL RESTO DEL CARLINO

I puristi del Brunello sulle barricate ... Acque agitate in casa del Brunello, uno dei vini italiani più conosciuti al mondo, simbolo del made in Italy alla pari delle giacche di Armani o della Ferrari. Tra i filari di Montalcino 'radio vigna' annuncia che si sta pensando di ridurre l'invecchiamento del celebre vino, ottenuto da uve sangiovese in purezza, da quattro a tre anni. In pratica potrebbe andare in commercio già al quarto anno di vita anziché al quinto come avviene oggi e con un 'soggiorno' in legno ridotto ad un solo anno. La vicenda rimbalza sul sito winenews.it e diventa in breve un caso, si formano due partiti avversi, viene tirato in ballo il Consorzio del Brunello, fondato nel 1967, custode del disciplinare del celebre rosso che oggi prevede un invecchiamento minimo di 4 anni per l'annata e di cinque per la riserva, oltre ad un affinamento in legno minimo di due anni.
Il primo a far scoppiare il bubbone, e a sbattere la porta, è Stefano Colombini Cinelli, un cognome storico della zona, che da due secoli produce e vende Brunello targato Fattoria dei Barbi. Con un comunicato ufficiale annuncia le sue dimissioni dal Consorzio: «La nostra prima medaglia per un Brunello è del 1842 – dice – Fino al 1980 le aziende produttrici erano una dozzina, adesso sono 200. Proporre un vino ottenuto dalle stesse vigne e dalle stesse uve, ma con una messa in commercio anticipata è una grossa bischerata, anche perché quel vino esiste già e si chiama Rosso di Montalcino». «Dire poi che ridurre l'affinamento serve ad evitare che siano venduti Brunelli 'seduti' è un'altra bischerata – conclude – Questo vino vive 100 anni nelle annate migliori, o almeno 20 in quelle peggiori. Per cui se un Brunello di 4 anni non è fresco, allora non ha struttura per essere un Brunello, e basta».
Dalla sede del Consorzio si replica con diplomazia. Stefano Campatelli, direttore, nega che ci siano decisioni già prese: «Non c'è nemmeno l'inizio di una discussione e la questione non è neanche all'ordine del giorno». Lo sarà? «Può darsi. Se ci sarà una maggioranza orientata in questo senso, ne discuteremo tutti assieme. Nessuno vuole fare colpi di testa, ma a chi si straccia le vesti ricordo che i grandi Bordeaux vanno sul mercato dopo due anni e mezzo di affinamento».
Chi non ha bisogno di uscire dal Consorzio è la famiglia Biondi Santi, inventori del Brunello a metà Ottocento. Loro nel Consorzio non sono mai entrati ma Jacopo Biondi Santi, figlio di Franco, non è del tutto contrario: «Si può anche modificare il disciplinare a patto che si arrivi a dar vita a delle microzone per valorizzare il terroir, per esaltare la tipicità del suolo e del microclima, come noi chiediamo da tempo. Bisogna diversificare per valorizzare la tipicità, ma sulla qualità di bottiglie che vanno in commercio a 30.000 lire di prezzo medio, non si deve transigere. Se si vogliono fare vini diversi, più freschi, ci sono altre Doc in zona come il Sant'Antimo e lo stesso Rosso di Montalcino».

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