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LA PENNA DI FRANCESCO FALCONE FIRMA “AUTOCTONO SI NASCE” PER GO WINE: PIU’ DI 100 VITIGNI DA SCOPRIRE DAL NORD AL SUD D’ITALIA CON LA RECENSIONE DI 270 VINI, PRIVILEGIANDO QUEI TERROIR, PROTAGONISTI SILENZIOSI, DELLA STORIA ENOLOGICA ITALIANA

Fresco di stampa, il volume, o “manuale” se così si può definire, rappresenta un grande omaggio al patrimonio viticolo italiano, raccontando e illustrando al lettore, attraverso una selezione, i vitigni autoctoni nostrani, regione per regione e con una curiosa particolarità: per una volta i vitigni ormai universalmente apprezzati dagli appassionati, lasciano la scena a quei terroir, protagonisti silenziosi, spesso non abbastanza valorizzati, della cultura enologica italiana. La penna di Francesco Falcone, giornalista e degustatore, firma “Autoctono si nasce” per Go Wine editore: un viaggio dal nord al sud dell’Italia alla scoperta di oltre 100 vitigni e più di 270 vini, spesso rari o comunque non conosciuti al grande pubblico, ma fortemente legati alla cultura di tanti territori.
“L’attività editoriale do Go Wine - sottolinea il presidente Massimo Corrado - è fortemente collegata al progetto culturale dell’Associazione, sorta alcuni anni fa per dar voce ai consumatori di vino di qualità e alla loro vocazione verso l’enoturismo, ovvero verso il viaggio alla scoperta dei luoghi dove i vini di qualità nascono. Il tema dei vini autoctoni fa parte integrante di questo progetto e per la prima volta Go Wine realizza una pubblicazione tutta dedicata all’argomento”, seguendo due obbiettivi ben precisi: “dare rilievo e dignità all’impegno di tanti uomini e donne del vino che, con lungimiranza, hanno saputo recuperare o esaltare varietà che rischiavano l’estinzione. Offrire al lettore una pubblicazione da conservare nel tempo che amplia la conoscenza del vino italiano e invita alla degustazione di vini non sempre noti al grande pubblico”.
“Autoctono si nasce” dedica ampio spazio sia a varietà rarissime - quali il Trebbiano spoletino dell’Umbria o il Rossese bianco del Piemonte e il Casetta del Trentino - sia ad uve poco diffuse anche se già abbondantemente valorizzate - come lo Schioppettino dei Colli Orientali del Friuli - senza tralasciare quei vitigni che, molto noti in passato, per tanti motivi sono attualmente lontani dalla luce dei riflettori: dalla Vernaccia di San Gimignano alla Vernaccia di Oristano, dalla Schiava dell’Alto Adige fino al Giglioppo di Cirò e il Cortese di Gavi, per citare gli esempi più emblematici. Seppur con qualche eccezione, rappresentata da alcune varietà conosciute ma raramente apprezzate nell’ “intimità” della loro area di origine (è il caso del Nero d’Avola di Pachino, del Primitivo di Gioia del Colle e del Montepulciano della Valle Peligna), o da alcuni vitigni popolari e consolidati nelle rispettive zone ma ingiustamente sottovalutati in terroir poco “visibili” e altrettanto nobili (come il Verdicchio di Matelica anziché dei Castelli di Jesi, o il Marzemino dei Ziresi di Volano, piuttosto che quello più famoso di Isera), rimangono escluse, volutamente, alcune delle uve più rappresentative di ciascuna regione: il Refosco e il Tocai in Friuli, il Teroldego in Trentino e il Lagrein in Alto Adige, il Cannonau e il Vermentino con il Carignano del Sulcis in Sardegna, il Fiano e il Greco insieme all’Aglianico in Campania, il Sagrantino in Umbria e il Sangiovese in Toscana, il Nebbiolo e il Barbera e anche il Dolcetto in Piemonte, e così via. Ad ogni vitigno sono dedicate due pagine, con una grafica gradevole che facilita la lettura: un completo repertorio delle sue caratteristiche con tutta una serie di dati di carattere divulgativo e conoscitivo (i sinonimi presunti e le altre grafie, la principale area di coltivazione e le principali denominazioni in cui è protagonista, il suo profilo in campagna, nel bicchiere e al ristorante) e, a fianco, una selezione di vini, accompagnati dall’immagine dell’etichetta, che maggiormente esprimono, secondo l’autore, le qualità e le caratteristiche del vitigno medesimo (il primo anno di produzione, l’altitudine del vigneto e la tipologia del terreno, la forma di allevamento e il tipo di viticoltura, il periodo di raccolta e la maturazione, le bottiglie prodotte e il prezzo in enoteca).
Oltre 270 vini sono così recensiti e raccontati, dopo essere stati tutti assaggiati da Francesco Falcone - giornalista e degustatore per Go Wine editore (Il Bimestrale e la Guida alle Cantine d’Italia), per Enogea di Alessandro Masnaghetti, per Il Giornale, per Identità di Vino e Identità Golose di Paolo Marchi e per La Madia Travelfood di Elsa Mazzolini - il quale, nella presentazione al volume, spiega che la selezione dei vitigni, e quindi dei vini, è stata subordinata a tre condizioni fondamentali: “anzitutto che ciascuna varietà fosse vinificata in purezza. Sono ancora tanti i vitigni autoctoni enologicamente significativi che non godono ancora di una spiccata indipendenza enologica: penso al Bosco nelle Cinqueterre (convenzionalmente vinificato come Vermentino e Albarola), alla Ginestra di Amalfi (in genere miscelato con Pepella, Ripoli, Fenile), Al Corvinone in Valpolicella (da sempre unito alla Corvina e alla Rondinella), e come loro tanti altri che per questo, purtroppo, non fanno parte dell’opera. In seconda battuta che il vitigno/vino in questione fosse facilmente reperibile sul mercato. Non volevamo un volume pieno di varietà fantasma, descritte con i soliti condizionali imposti dall’ampelografia e condite da improbabili ritornelli organolettici, ma una piccola guida (umile, senza classifiche, né punteggi) utile alla prova del campo. Era nostro obbiettivo, fin da subito, offrire una selezione di etichette affidabili e disponibili in enoteca. Superati i primi sbarramenti, era indispensabile raccogliere i campioni per “attualizzare” le recensioni. Non è stato facile. Tanti produttori non hanno risposto alla nostra richiesta, oppure in tanti l’hanno fatto con ritardi imprevedibili e molto spesso ingiustificati. Per questo, quei vini anche prestigiosi e conosciuti da tempo per i quali non mi è stato possibile degustare in modo professionale le annate richieste, non sono entrati nel volume. Una scelta che da un lato priva l’opera di interpreti validi e di interpretazioni di spessore, ma che dall’altra garantisce al lettore la concretezza e l’autenticità delle recensioni”.

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