La proposta di riforma della Politica Agricola Comune (Pac) non piace proprio a nessuno. Se il mondo dell’agricoltura ha “bocciato” la Commissione Europea, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen e la sua ipotesi (piuttosto concreta) di farla confluire in un Fondo Unico, e, quindi, con meno risorse per il settore, e per la quale si è pronunciato anche il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, Greenpeace alza la voce per quanto riguarda le questioni ambientali e climatiche. Il nuovo regolamento, infatti, spiega l’Ong, non prevede alcun finanziamento vincolante destinato alle tematiche di cui sopra: attualmente, la Pac destina circa un terzo dei suoi fondi a iniziative ambientali e di lotta al cambiamento climatico, mentre la nuova proposta abbandonerebbe ogni forma di garanzia su tali investimenti, affidando agli Stati membri la piena discrezionalità nell’allocazione delle risorse.
Ma “affidare agli Stati membri il potere di decidere quanto investire nelle misure verdi e chi beneficia degli aiuti è estremamente preoccupante e mette a rischio l’obiettivo stesso della Pac”, sottolinea Marco Contiero, direttore della Politica Agricola di Greenpeace Europa, che aggiunge: “la discrezionalità mette a rischio non solo il finanziamento di azioni concrete contro l’impatto ambientale insostenibile dell’agricoltura industriale, ma rischia di favorire il perpetuarsi di una distribuzione scandalosamente diseguale dei sussidi, premiando le aziende più ricche e inquinanti. Senza regole chiare, controlli severi e una supervisione rigorosa, l’Unione Europea rischia di accelerare sia la chiusura delle piccole aziende agricole, sia il deterioramento degli ecosistemi a cui tutti teniamo”.
Tuttavia, nella proposta di riforma ci sono alcuni elementi positivi, dice Greenpeace. Per esempio la modifica dell’attuale sistema di sussidi, sinora basato principalmente sull’estensione di superficie coltivata, e che, invece, con il nuovo piano fisserebbe un limite massimo all’importo dei fondi pubblici che ogni azienda agricola può ricevere: così, i pagamenti basati sugli ettari coltivati diminuirebbero con l’aumentare delle dimensioni delle aziende agricole. “Ciò è particolarmente importante per un Paese come l’Italia con un tessuto agricolo frammentato e molte famiglie di agricoltori in difficoltà economica”, spiega l’organizzazione ambientalista. Accolta favorevolmente anche la proposta di introdurre limiti di densità di animali allevati nelle aree vulnerabili all’inquinamento da azoto, insieme a incentivi per estensivizzare la produzione zootecnica e per sostenere la transizione verso sistemi più sostenibili: “primi necessari passi verso una zootecnia a basso impatto”.
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