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LA RISCOPERTA DEI CONTADINI VERI, QUELLI CHE IL PROCESSO DI INDUSTRIALIZZAZIONE DELL’AGRICOLTURA “STA FACENDO SPARIRE”, LA DIMENSIONE SACRALE DEL LAVORO AGRICOLO, L’AGRICOLTURA COME “SCUOLA DI LIBERAZIONE”: PARLA LA “PASIONARIA” SILVIA-PÉREZ VITORIA

Non Solo Vino
Agricoltura come scuola di liberazione: lo dice la pasionaria Silvia Pérez Vitoria

La riscoperta dei contadini veri, quelli che il processo di industrializzazione dell’agricoltura “sta facendo sparire”, la dimensione sacrale del lavoro agricolo, che ancora si riscontra nelle società tradizionali, ma anche l’agricoltura da vedere come “una scuola di liberazione, da un certo punto di vista, perché mostra che esagerare, nelle quantità, nello sfruttamento dei terreni eccetera, è una pratica che comporta indiscutibilmente conseguenze molto gravi”. Così, a WineNews.tv, Silvia-Pérez Vitoria, “pasionaria” della civiltà contadina e delle lotte agrarie nel mondo, economista, sociologa e documentarista, autrice di libri come “Il ritorno dei contadini”, racconta la sua visione del mondo agricolo, nell’intervista realizzata, per Winenews, da Francesca Ciancio.
Lei è una documentarista e ha viaggiato molto. Esiste un’agricoltura, secondo lei, da prendere a modello?
“Secondo me non è una questione di Paese, di Nazione, ma piuttosto di pratica della cultura contadina: i contadini, per come io intendo questo termine, di solito si trovano nei Paesi meridionali, quindi la sfida che ci si pone oggigiorno è quella di creare o ritrovare questa cultura nei Paesi del nord. Esistono, ci sono ancora, ma il processo di industrializzazione dell’agricoltura li ha fatti sparire, quindi il nostro obiettivo è quello di ritrovarli.
Manca, secondo lei, oggi, una dimensione “sacrale”, “religiosa”, in senso lato, dell’agricoltura?
“Nelle società tradizionali, a mio parere, si riscontra ancora una dimensione sacrale molto forte: nel lavoro che io ho condotto a contatto con i contadini ho visto questa visione sacrale che hanno della terra, del loro lavoro, dei terreni, quindi questa dimensione esiste, assolutamente. Però a volte sono un po’ intimoriti, in difficoltà, nel renderla pubblica, questa dimensione”.
Agricoltura industriale significa anche maggiori profitti. Tornare indietro significa anche chiedere ai contadini di accontentarsi di una situazione economica meno florida?
“La logica dovrebbe garantire, in teoria, che queste persone che preservano l’ambiente naturale, la natura, che offrono cibo di qualità alle persone in generale, dovrebbero avere una vita decente, però quello che succede di fatto è che la società non riconosce il loro lavoro, e i grossi agricoltori industriali, ovviamente, agiscono per profitto, anche grazie a delle sovvenzioni che ricevono. La cosa più grave, secondo me, è che questi grossi agricoltori industriali, che comunque fanno anche devastazioni di vasta scala alla natura e all’ambiente, poi alla fine non pagano mai per quello che “combinano””.
Lei è molto critica anche con organismi che si occupano di tutela del cibo e dell’agricoltura come la Fao. Perché, in cosa mancano, secondo lei?
“Il fatto è che riguardo la Fao, che è un organismo che esiste da oltre 60 anni, è che comunque ad oggi ancora 1 miliardo di persone soffre la fame, non mangia. Quindi il problema è che la Fao si basa su una logica industriale, su quest’idea che ci sia bisogno di produrre di più, quando in realtà la produzione alimentare è sufficiente, il problema è la distribuzione: basti pensare che i due terzi delle persone che soffrono la fame sono contadini, quindi sono produttori di alimenti”.
Lei sostiene che l’agricoltura può diventare esempio di vita non solo da un punto di vista economico, ma anche di valori umani. A cosa si riferisce?”
“L’agricoltura è in effetti una scuola di liberazione e di vita, da un certo punto di vista, perché mostra che esagerare, nelle quantità, nello sfruttamento dei terreni eccetera, è una pratica che comporta indiscutibilmente conseguenze molto gravi. Quindi l’idea di fondo è quella dell’autonomia, ed è un’idea che dovrebbe essere sottolineata ulteriormente in società che, invece, sono dipendenti come le nostre. Quello che si potrebbe trarre come insegnamento dalla cultura contadina e dall’agricoltura contadina è proprio quest’idea di autonomia, di questi valori spirituali di cui abbiamo parlato prima, ma anche il valore della non competitività e dell’aiuto reciproco, questi sono sicuramente gli insegnamenti principali che si potrebbero trarre dal mondo contadino”.

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