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MENSE

La ristorazione collettiva in ginocchio, rischia di fermarsi. Ed è pronta a scendere in piazza

Il grido di allarme di Angem, per un settore che serve 760 milioni di pasti all'anno. “Mesi di confronto con le istituzioni, ma nulla di fatto”
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La ristorazione collettiva in ginocchio, rischia di fermarsi (ph: Angem)

Se le difficoltà e le chiusure, più o meno temporanee, dei grandi ristoranti stellati e dei locali di chef famosi fanno più notizia e rumore, c’è anche un altro pezzo importante della ristorazione che se la passa tutt’altro che bene, ma che, anzi, rischia la paralisi, a danno non solo delle imprese del settore, ma di milioni di italiani, che vi si rivolgono più per necessità che per diletto. Ovvero la ristorazione collettiva, che, da mesi, denuncia uno stato di crisi gravissimo, tra costi che aumentano e margini praticamente inesistenti, e che ora vede le associazioni di rappresentanza “pronte a scendere in piazza per accendere i riflettori su un settore che svolge un servizio essenziale per scuole, ospedali, Rsa e centri di assistenza”.
La decisione, annunciata da Angem, l’Associazione Nazionale della Ristorazione Collettiva, aderente a Fipe/Confcommercio, arriva dopo diversi mesi di interlocuzione con le istituzioni durante i quali il settore ha chiesto interventi e misure urgenti. Tra questi, determinare con chiarezza la clausola di revisione dei prezzi, prevedere l’adeguamento contrattuale per i vecchi e i nuovi contratti in maniera automatica e privilegiare le gare a costo fisso. “Nonostante le difficoltà economiche e organizzative dell’ultimo anno, che hanno fatto lievitare del 55% il costo di preparazione di un pasto a fronte di un prezzo invariato, il comparto ha comunque garantito la continuità del servizio, non comportando disagio alcuno per gli utenti.
Si tratta, infatti, di un settore resiliente che assicura allo stesso tempo un servizio essenziale e volto alla comunità con un impatto positivo non solo sulla salute delle persone, ma anche sul futuro che vogliamo, sul pianeta e sulle casse dello Stato. Perché una corretta alimentazione, tra le altre cose, previene numerose malattie croniche”, spiega una nota Angem.
Secondo cui ora, però, oltre 5 milioni di italiani, tra cui bambini, anziani e degenti, rischiano di non poter più ricevere un pasto caldo. “Il mancato ascolto da parte dell’esecutivo ha inasprito la situazione e messo numerose imprese in ginocchio. Da qui l’appello delle associazioni alle aziende e alle parti sociali pronte a organizzare una mobilitazione nazionale del settore davanti alle principali sedi istituzionali per esprimere il dissenso verso una politica che, fino ad ora, non ha preso in considerazione un settore così rilevante. Grazie al lavoro di 1.500 aziende, 92.000 persone, di cui l’80% rappresentato da donne, serve ogni anno 760 milioni di pasti all’interno di scuole, ospedali, Rsa e centri di assistenza”.
“Dopo mesi di confronto con le istituzioni, purtroppo, siamo costretti - ha dichiarato Carlo Scarsciotti, presidente Angem - a riconoscere che siamo giunti a un nulla di fatto. Il nostro è un settore che, a causa di questa situazione, muore giorno dopo giorno. Si tratta di una condizione che non ci permette di programmare il nostro futuro e per la quale oggi siamo costretti a interrompere i dialoghi per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di riferimento. Insieme alle altre associazioni - ha annunciato Scarsciotti - siamo pronti a scendere in campo con manifestazioni e altre forme di comunicazione per accendere un faro su un comparto così indispensabile per le categorie più fragili e non solo”.

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