Nell’eterno dibattito da chi vuole allentare vincoli e norme in nome del progresso, e chi in questo vede rischi non solo per la salute, ma anche per piccole comunità che potrebbero perdere ancora di più sul fronte della sovranità alimentare a favore di grandi aziende produttrici, il tema degli Ogm è uno dei più importanti. Ed a riaccendere l’attenzione sulla questione degli organismi geneticamente modificati è chi è contrario da sempre, come Slow Food, che chiama a raccolta la propria rete perchè si esprima contro gli Ogm nella consultazione in materia aperta (da oggi al 22 ottobre) dalla Commissione Ue, che il 24 settembre ha pubblicato una “Valutazione d’impatto iniziale”, scrive Slow Food, “nel tentativo di allentare la legislazione sulle piante prodotte con tecniche genomiche. Slow Food esorta i membri della sua rete a far sentire la propria voce, per ricordare all’Unione europea che non desideriamo ritrovarci nel piatto cibi ottenuti attraverso le nuove tecniche genomiche, cioè i nuovi Ogm”.
Un tema spinoso, che divide, come spesso accade su questioni tecniche nelle quali si rischia di semplificare eccessivamente nel dibattito, magari rischiando di confondere Ogm propriamente detti con altre tecniche. Nello specifico il documento della commissione Ue parla infatti di prosta di “un quadro giuridico per le piante ottenute mediante mutagenesi e cisgenesi mirate e per gli alimenti e i mangimi da esse ottenuti. L'obiettivo è mantenere un elevato livello di protezione della salute umana e animale e dell'ambiente, consentire l'innovazione nel sistema agroalimentare e contribuire agli obiettivi del Green Deal europeo e della strategia “Dal produttore al consumatore” (ovvero il Farm to Fork, ndr), ma tant’è.
“Attraverso il Green Deal e la strategia Farm to Fork, la Commissione europea si è impegnata ad accelerare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile per davvero. Aprendo alla modifica delle norme europee in vigore sugli Ogm, la Commissione cade però nella trappola di cercare soluzioni tecnologiche per migliorare il sistema alimentare, invece di investire e promuovere sistemi agroecologici che portano benefici agli agricoltori, alle comunità locali e all’ambiente in generale” ha commentato Marta Messa, direttrice di Slow Food Europe.
Come accennato, tutti i cittadini comunitari - non solo esperti e agricoltori, ma anche membri delle organizzazioni della società civile e privati cittadini - hanno tempo da oggi al 22 ottobre per esprimere le proprie opinioni sul piano messo a punto dalla Commissione europea. Far sentire la propria voce è importante, perché questo argomento avrà un impatto diretto sulla vita quotidiana di tutti.
In aprile 2021, spiega ancora Slow Food, la Commissione Europea ha pubblicato un rapporto nel quale si legge che le nuove tecniche di manipolazione genetica (le cosiddette New Breeding Techniques, Nbt, o Nuove tecniche genomiche, Ngt, come per esempio il metodo CRISPR-Cas9) “potrebbero assicurare benefici per la società europea”, anche per quanto riguarda il livello di sostenibilità dei nostri sistemi alimentari. In quel testo, si giunge alla conclusione che sia necessaria una norma che regoli questi nuovi Ogm.
“Nella Valutazione d’impatto iniziale pubblicata a fine settembre, la Commissione europea mette a fuoco i problemi dell’attuale legislazione – scrive Slow Food - proponendo alcune possibili soluzioni e presentandone la pre-valutazione degli impatti sociali, ambientali ed economici. Lo fa però, a nostro avviso, sovrastimando i potenziali benefici e minimizzando i rischi concreti che si corrono deregolamentando i nuovi Ogm. La Commissione europea sta cercando di allentare le norme che attualmente regolano gli Ogm, con una duplice preoccupante conseguenza: i nuovi Ogm potrebbero non aver più bisogno di essere indicati come tali in etichetta, e la loro provenienza non essere conoscibile”.
“I nuovi (e i vecchi) Ogm sono completamente incompatibili con l’agroecologia - sostiene Francesco Sottile, agronomo e professore all’Università di Palermo - e vengono richiesti soltanto da quegli agricoltori che preferiscono continuare a coltivare monocolture, rifiutando di adottare tecniche che permetterebbero di migliorare la resilienza delle terre e delle zone rurali. Invece di sprecare tempo e risorse preziose sui nuovi Ogm, l’Unione europea dovrebbe preoccuparsi di aiutare gli agricoltori a sostenere le alternative all’agricoltura industriale”.
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