“... ebbe la Santa Chiesa e le sue braccia: dal torso fu, e purga per digiuno le anguille di Bolsena e la Vernaccia ...”: così Dante, nella Divina Commedia, l’opera più alta della storia della letteratura italiana, parlava della Vernaccia, l’unico vino citato, al canto XXIV del Purgatorio, in cui si narra la pena inflitta a Papa Martino IV, che doveva scontare i suoi peccati di gola. Un legame, quello tra la “Manhattan del Trecento” ed il Sommo Poeta, che va persino al di là di una semplice citazione: Dante, infatti, “nel 1299 fu ambasciatore della Lea Guelfa, e quindi di Firenze, a San Gimignano, che provò a portare dalla parte fiorentina, nonostante allora (come oggi, ndr) fosse sotto il dominio di Siena”, ricorda a WineNews il sindaco Andrea Marrucci, proprio dalla cornice della Sala Dante, la più bella del Palazzo Comunale che domina Piazza del Duomo, dall’Anteprima della Vernaccia, con l’Annata 2019 e le Riserve 2018 nei calici.
Una storia, quella tra Dante e la Vernaccia, che San Gimignano si prepara a celebrare, nel 2021, a 700 anni dalla morte del poeta fiorentino, con un fitto calendario di eventi, come ha annunciato il presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani, in cui la Vernaccia avrà ovviamente un ruolo di primo piano. Del resto, l’unico grande bianco di Toscana, regione rossista per antonomasia, ha sempre più un ruolo centrale nel tessuto economico e sociale del territorio, protagonista di un triangolo virtuoso in cui le bellezze artistiche ed architettoniche fungono da volano, “attraendo più di tre milioni di turisti ogni anno, da tutto il mondo”, ricorda il direttore del Consorzio della Vernaccia Stefano Campatelli. “San Gimignano è, dopo Firenze e Siena, la terza destinazione turistica della Toscana, e questo condiziona tutta l’economia del territorio, tanto che le vendite di Vernaccia legate al turismo, in questo senso, sono importantissime, e valgono, tra consumi nei locali e vendite dirette in azienda, il 17% del totale delle 5,3 milioni prodotte - in media - ogni anno (4,7 milioni nelle annate 2018 e 2019, ndr) da 90 produttori su 730 ettari vitati a Vernaccia, vitigno autoctono coltivato solo qui”, aggiunge Campatelli.
Un aspetto fondamentale nella struttura commerciale della Vernaccia, con una bottiglia su due che resta nel Belpaese (48%), mentre il 18% della produzione complessiva finisce negli Stati Uniti, ed il restante 34% nei mercati di tutto il mondo, a partire da Germania, Gran Bretagna, Giappone e Canada. Numeri, comunque, che fanno della Vernaccia “una piccola denominazione, se paragonata ai numeri del resto del mondo - riprende il sindaco Marrucci - e che ci spingono per forza di cose a percorrere la strada della qualità, con la produzione della Vernaccia che diventa strumento di salvaguardia ambientale e paesaggistica del territorio. La San Gimignano del 2020 ha assoluto bisogno della Vernaccia e della sua qualità, che poggia sul grande lavoro dei produttori”.
Vernaccia che, oltre ad essere protagonista del tessuto economico del territorio, si scopre così “trait d’union tra gastronomia, cultura e realtà vitivinicola, perché - ricorda la presidente del Consorzio della Vernaccia, Irina Strozzi Guicciardini - ricordando la storia e la tradizione che ha alle spalle, è una continuazione di ciò che è stata una cultura tramandata per generazioni, ma anche un vino che ben si abbina ai piatti della tradizione di San Gimignano e della Toscana. In quest’ottica, per valorizzarla ancora di più l’obiettivo è quello di comunicare sul territorio ciò che rappresenta la Vernaccia di San Gimignano: è una denominazione dalla storia unica, non ripetibile in altri luoghi, e questo noi dobbiamo imparare a raccontarlo, facendo cultura ed educazione, proiettandola nel futuro tra le nuove generazioni”.
Storia, vino e - a chiudere il triangolo del sistema San Gimignano - ristorazione stellata quindi, diventata ormai un vero e proprio attrattore turistico, sull’onda degli chef star e della passione dei gourmand italiani per l’alta cucina, capace di dar vita a vere e proprie microeconomie. Anche sotto le torri della città della Vernaccia dove, negli ultimi anni, sono arrivati i primi due locali stellati Michelin: “Al 43”, con lo chef Maurizio Bardotti ai fornelli, ed il “Cum Quibus”, guidato da Lorenzo Di Paolantonio. Un valore aggiunto anche per la Vernaccia, che si riscopre così non solo bianco semplice e di pronta beva, ma anche vino capace di stare a pieno titolo sulle grandi tavole, reggendo senza alcun timore il paragone con i grandi territori bianchisti del mondo, ed esaltando sia i piatti della tradizione che quelli delle cucine lontane, a partire da quelle asiatiche, con le freschezze, le acidità e le mineralità della Vernaccia che guidano pairing inaspettati. “Il triangolo tra Vernaccia, San Gimignano e ristorazione di alto livello - chiosa Stefano Campatelli - può rivelarsi una formula vincente per il futuro di tutto il territorio”.
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