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FOCUS SUL SETTORE

L’agricoltura, la sua centralità, ed il suo futuro secondo Mattarella, Confagricoltura ed il Governo

I messaggi delle massime istituzioni e la visione dei produttori, nell’assemblea della più importante organizzazione delle imprese agricole italiane

Il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, che definisce l’agroalimentare come “veicolo di pace”, e che ricorda come “la Costituzione della Repubblica Italiana è l’unica del suo tempo a dedicare un articolo espressamente al settore primario e alle condizioni necessarie per promuoverne lo sviluppo” (il suo intervento integrale in focus). Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che, citando Cicerone, parla di agricoltura come “la più degna delle arti”, ed “un connubio straordinario capace di trasformare le produzioni primarie di questa Nazione in eccellenze assolute a livello anche internazionale”. Il Presidente della Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che sottolinea come si stia chiudendo un 2023 che deve farci riflettere: cambiamenti climatici e conflitti ci fanno capire che l’agricoltura è un settore strategico e che, come Italia, dobbiamo raggiungere il 100% della capacità produttiva”. Sintesi estrema dei messaggi, arrivati oggi, dall’assemblea dell’organizzazione più importante delle imprese agricole italiane, a Roma, che ha riunito sotto la sua bandiere le massime cariche dello Stato, a testimonianza, l’ennesima, del valore economico, politico e comunicativo che il settore, che, solo alla produzione, vale oltre 220 miliardi di euro.
Un appello ad un “nuovo modello agricolo di cui il Paese ha bisogno”, che passa “attraverso investimenti e riforme”, quello del presidente Confagricoltura, che il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida - presente insieme a quello degli Esteri, Antonio Tajani (qui la sua dichiarazione a WineNews), delle Infrastrutture, Matteo Salvini, e del Made in Italy, Adolfo Urso - ha accolto annunciando, tra l’altro, interventi immediati a sostegno delle polizze assicurative ed una riforma generale del sistema per consentire alle imprese di affrontare le emergenze climatiche e le epizoozie. Una riforma che punterà su un nuovo approccio alla gestione del rischio da parte di tutto il settore. Con la convinzione, unanime, che l’agricoltura sia “leva fondamentale dello sviluppo economico e sociale del Paese”. Un concetto evidenziato anche dal Presidente della Repubblica Mattarella, nel suo discorso alla platea degli imprenditori. “L’Italia - ha affermato - può giocare d’iniziativa a tutto campo in una stagione che vede insieme alimentazione, tutela dell’eco-sistema, governo del territorio e valorizzazione dei beni ambientali. È necessario rendere tutti consapevoli di quanto centrale sia oggi l’agricoltura”.
Lo dimostrano i dati: oltre 60 miliardi di euro di export per il Made in Italy agroalimentare con un trend in crescita; quasi 1,4 milioni di addetti; una filiera che rappresenta il 16% del Prodotto Interno Lordo nazionale. Non solo cibo. L’agricoltura concorre anche per quasi il 10% alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. “La sicurezza alimentare deve essere uno dei temi prioritari della presidenza italiana del G7 - ha commentato Giansanti - così come occorre ripensare la Politica Agricola Comune a fronte dell’ingresso di nuovi Paesi nella Ue dopo un adeguato periodo transitorio. Tra meno di un anno si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. A seguire si insedierà una nuova Commissione. Tra i primi impegni che dovrà affrontare l’Esecutivo Ue - ha spiegato Giansanti - spiccano proprio le proposte sul bilancio pluriennale dopo il 2027 e una nuova riforma della Pac. Come imprenditori siamo consapevoli che operiamo al centro di un sistema di valori più ampio di quello economico. Per questo, continueremo ad impegnarci al massimo nelle nostre imprese per contribuire al progresso dell’Italia e dell’Europa”, ha concluso Giansanti. Che, a WineNews, ha ribadito l’esigenza di un Piano Nazionale per l’agricoltura: “sta a noi, come organizzazione seria e pragmatica come Confagricoltura, alla luce dei fattori che generano turbolenza, paure e timori, dalle guerre alla crisi climatica, richiamare l’attenzione del Governo su politiche da adottare, e noi saremo pronti con le nostre proposte perchè i temi della competitività, della produttività, della competitività, dell’innovazione, della scienza e della ricerca, dovranno essere i cavalli di battaglia nel 2024, per costruire un modello di politica agricola italiana, soprattutto in vista della revisione della nuova Pac”. E un tema importante è anche quello dell’ingresso di nuovi Paesi nell’Unione Europea, come l’Ucraina. “Come cittadini l’abbiamo tutti a cuore, ma dobbiamo tenere conto che è un Paese leader assoluto su alcune produzioni, ed un ingresso senza protezione sul mercato domestico rischia di avere un impatto deflagrante, quindi serviranno strumenti di perequazione e protezione sul mercato interno. Ma il tema del reddito degli agricoltori, richiamato anche dal Presidente Mattarella, è centrale. La nuova agricoltura sarà basata su innovazione e digitalizzazione, anche per raccontare al mondo le nostre eccellenze”.
Un’agricoltura che, ha ribadito il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, “è un comparto strategico, al centro dell’attenzione del Governo, che vuole restituire l’attenzione che merita a tutte le sue componenti, senza tralasciarne alcuna, dalle comunità locali alle economie dei territori, fino al contributo della ricerca per la salvaguardia degli ecosistemi.
Questo è il filo rosso che unisce il nostro lavoro e le nostre scelte. Fin dal nostro insediamento - ha sottolineato il premier - abbiamo lavorato per valorizzare le nostre filiere, stimolare la produzione nazionale, difendere il nostro modello agroalimentare, la nostra biodiversità, i cibi di qualità dall’omologazione e dall’impoverimento. In altre parole - ha chiarito Meloni - abbiamo lavorato per dare declinazione concreta a quel concetto di sovranità alimentare diffuso in tutto il mondo che coincide con il diritto di un popolo di scegliere il proprio modello produttivo e il proprio sistema di alimentazione”. “Più è forte il legame tra territorio, popolo, lavoro e cibo e più è forte la capacità di quel popolo di produrre cibo naturale e di qualità, di far crescere le proprie filiere, di renderle sempre più moderne e sostenibili, riducendo anche gli effetti negativi, come ad esempio l’eccessivo consumo di acqua. Questa è la visione che ci muove e che ha ispirato le scelte che abbiamo adottato fin qui”.
Dai 2 miliardi del Pnrr per l’agricoltura, per esempio, agli 850 milioni di euro per il bando agrisolare. “Misure per fare in modo che le nostre imprese agricole italiane siano sempre più forti, più competitive, più sostenibili. Con un grande lavoro di squadra siamo riusciti a far emergere il buon senso, a ottenere posizioni più equilibrate rispetto ad alcune proposte iniziali della Commissione europea su dossier molto importanti: penso ai fitofarmaci, alle emissioni industriali, agli imballaggi. Su questa strada vogliamo continuare a camminare, perché l’agricoltura è ricchezza, è identità, è sviluppo, ma è anche qualcosa in più. Ce lo ricorda e ce lo insegna uno dei nostri più grandi antenati, Cicerone, che diceva: “di tutte le arti dalle quali si ricava qualche profitto, nessuna è migliore dell’agricoltura, nessuna più redditizia, nessuna più dolce, nessuna più degna di un uomo, e di un uomo libero”, ha concluso Giorgia Meloni, ringraziando gli esponenti di Confagricoltura per “il contributo che date ogni giorno per rendere questa Nazione orgogliosa di se stessa e capace di essere all’altezza della propria storia, anche nel futuro”.

Focus - Assemblea Confagricoltura: il discorso del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella
“Rivolgo un saluto di grande cordialità ai Vicepresidenti del Senato e della Camera dei deputati, ai vicepresidenti del Consiglio, ai Ministri presenti, a tutti i presenti. Un ringraziamento al Presidente Giansanti per l’invito a essere presente a questo appuntamento così importante, tra l’altro improntato sulla sottolineatura che gli elementi fondamentali del mondo agricolo sono fatti propri e sottolineati dalla nostra Costituzione. La questione agraria ha segnato la storia d’Italia e quella dell’intera Europa. E ne ha caratterizzato lo sviluppo. La relazione tra territori, risorse alimentari e popolazione è ciò che ha, spesso, determinato modalità di vita, invasioni e conflitti. Le carestie hanno accompagnato le crisi demografiche e le migrazioni. Il tema della scarsità di cibo costituiva una permanente preoccupazione. Ancora durante la Seconda guerra mondiale la vita, in Italia, era funestata anche da questo fenomeno. Le tessere annonarie per la distribuzione dei beni alla popolazione inquadrano quel periodo.
La guerra aveva sconvolto ogni regolare produzione agricola e distrutto ogni normale approvvigionamento. Invocare sicurezza alimentare significava, dopo la guerra, affrontare l’assillo di nutrire in maniera sufficiente la popolazione. Significava raccogliere la sfida di rimettere in moto processi produttivi vulnerati dal conflitto: porsi anzitutto, insomma, un problema di quantità.
La realtà di quelle privazioni ci viene restituita dai cine-giornali del tempo che, in bianco e nero, ci mostrano le immagini di navi Liberty degli Sati Uniti che sbarcano in Italia aiuti alimentari nell’ambito del Programma Unrra dell’Onu.
A descrivere la situazione basti ricordare che in quel gennaio del 1947 - a oltre un anno e mezzo dalla fine della guerra - il Capo dello Stato provvisorio, Enrico De Nicola - accompagnando a Ciampino il Presidente del Consiglio, De Gasperi, in partenza per Washington - alla scaletta dell’aereo gli raccomandava di chiedere agli americani di aumentare la razione di pane “perché - testualmente - con duecento grammi giornalieri, i giovani non ce la fanno più”.
Alla luce di oggi ci appaiono affermazioni sbalorditive. La sfida era dar da mangiare ai nostri concittadini. La fame, l’insufficienza alimentare, oggi appaiono attribuibili ad altri luoghi. Soltanto con difficoltà troviamo traccia, nella memoria, di come appartenessero alla gran parte degli italiani. Eppure sono, in realtà, dell’altro ieri. Appartengono agli anni fondativi della Repubblica, che aveva ereditato fame e distruzioni. Il 3 aprile 1946 - l’anno precedente a quella missione di De Gasperi - il delegato italiano alla Conferenza internazionale di Londra sugli alimenti aveva avvertito che l’Italia “avrà grano per sole altre tre settimane”. Il giorno dopo Pio XII - rivolgendo a tutto il mondo un radiomessaggio per chiedere aiuti all’Italia - chiudeva l’appello con le parole di impronta biblica “i pargoli domandavano pane e non era chi loro lo desse”. Si comprende, quindi, il peso che l’agricoltura rivestiva per il futuro dell’Italia.
La rilevanza del suo ruolo - e la sua importanza per la ricostruzione dell’Italia e il rafforzamento della risorta democrazia - la riscontriamo da una semplice constatazione: la Costituzione della Repubblica Italiana è l’unica del suo tempo a dedicare un articolo espressamente al settore primario e alle condizioni necessarie per promuoverne lo sviluppo. Neppure le Costituzioni precedenti riservavano analoga attenzione. Scelta politica di grande portata, dunque, quella di introdurre il tema agricolo nella nostra Costituzione - consacrandone il valore essenziale nell’Italia del dopoguerra e per quella del futuro - sul duplice versante della promozione della produzione e della questione sociale. Il testo dell’articolo 44 - che ben ricordiamo - è eloquente: “Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove e impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e media proprietà”.
In sostanza - lo ricordava un noto giurista e anche uomo politico, che ha dedicato i suoi studi al diritto agrario, Giovanni Galloni - l’obiettivo primario della previsione costituzionale era quello di accrescere la quantità della produzione agricola per soddisfare i bisogni della popolazione, uscita stremata dalla guerra. Indicando l’obbligo di coltivare la terra. Anche per questo l’articolo 47 dispone che “la Repubblica favorisce l’accesso alla proprietà diretto coltivatrice”. In nome di un più alto interesse generale, che travalica le normali relazioni economiche bilaterali.
In Costituzione viene definito l’interesse pubblico allo sviluppo razionale delle coltivazioni agricole, ritenuto degno di tutela. Vi era una sottolineata consapevolezza dei Costituenti della rilevanza della materia in discussione, al di là della naturale dialettica delle opinioni. La stessa problematica la ritroviamo, in seguito, affrontata nell’articolo 39 del Trattato istitutivo della Comunità Europea. Il Trattato di Roma del 1957, in sintonia con la Costituzione italiana, ne ricalca i temi, a dimostrazione dell’influenza della nostra Repubblica, Paese fondatore, nell’ambito del processo di integrazione europea. Soffermiamoci per un momento su questo, visto che successivamente la politica agricola comune sarebbe stata a lungo - e continua ad essere - uno dei pilastri dell’Unione Europea e garanzia per la nostra produzione agricola.
Questi gli obiettivi indicati: incrementare la produttività agricola, assicurando lo sviluppo razionale della produzione; assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola; garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; infine - ed è un elemento di novità - assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori. Come si vede, accanto alle esigenze di produttività e di produzione, ci si proponeva di intervenire sulle condizioni dei cittadini occupati in agricoltura, residenti nelle zone rurali.
Di fronte al mondo in cui ci troviamo, è bene ricordare come nel nostro Paese le condizioni generali di partenza fossero così arretrate da farne una grave questione sociale, che affliggeva la popolazione e divideva anche le forze politiche circa le misure da adottare. Una situazione talmente lacerante, quella allora esistente, da spingere un economista liberale come Luigi Einaudi, da lì a poco primo Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento, a presentare una sua proposta di formulazione dell’articolo 44 che prevedeva che la legge potesse imporre alla proprietà terriera, privata e pubblica, obblighi e vincoli, nonché di trasformare il latifondo per incrementare i piccoli e medi proprietari. L’immane dimensione del passo in avanti, compiuto in questi settantacinque anni, la ricaviamo,- Presidente Giansanti, dal video che abbiamo appena ammirato e che ci introduce in un altro mondo. Un mondo che le riforme e le politiche della Repubblica e quelle della Unione Europea hanno sollecitato e che le imprese agricole hanno plasmato e realizzato. Dovete, dobbiamo, esserne orgogliosi! Per il livello di qualità e di produzione di ricchezza raggiunti, per la profonda rivoluzione sociale che, anche nelle campagne, ha reso effettivi i principi di eguaglianza sanciti nei primi articoli della nostra Costituzione.
Con la Carta - grande progetto di trasformazione - e con la scelta europea, abbiamo contribuito a cambiare il destino di un ambito fondamentale della società. L’agricoltura, da problema, da elemento di arretratezza, è divenuta sinonimo di opportunità e di benessere. Più - e meglio - di altri comparti economici, ha saputo disseminare modernità, uscendo da un’attività di mera sussistenza, di autoconsumo autarchico, per creare valore, divenendo vettore di internazionalizzazione dell’economia.
Sono grato, Presidente Giansanti, a Confagricoltura per questa opportunità di riflessione, che - ricordando doverosamente il passato - esorta a guardare ancora più avanti. Agricoltura, questa sconosciuta potremmo dire: 220 miliardi di valore di beni prodotti - ci viene rammentato poc’anzi - e quasi 1 milione e 400.000 occupati nel sistema agro-alimentare. L’Unione Europea - veniva ricordato - è il primo esportatore globale di prodotti agro-alimentari. In essa, Italia e Francia - come poc’anzi ricordava il Presidente Giansanti - si contendono il primo posto. Fa parte del soft power europeo. Con essi, si esporta uno standard di qualità e di salute, si afferma un modello di consumo e di vita che si impone ai mercati - come nel caso della dieta mediterranea - con la forza di persuasione del suo valore, il contrario di tentazioni di chiusura. Si pensi che l’Italia è nel gruppo di testa della classifica dell’Unione Europea che ha valorizzato le nostre produzioni nelle denominazioni di “indicazione geografica protetta”, di “denominazione origine protetta”, di “specialità tradizionale garantita”. Un’Italia, dunque, non sulla difensiva ma che può giocare d’iniziativa a tutto campo; in una stagione che vede, insieme, alimentazione, tutela dell’eco-sistema, governo del territorio, valorizzazione dei beni ambientali. È necessario rendere tutti consapevoli di quanto centrale sia oggi l’agricoltura. Un volano per la crescita, per la creazione di filiere produttive; presupposto per l’export di eccellenza del Made in Italy; veicolo di innovazione e promozione della ricerca e della salute. Protagonista nella gestione dei territori e per la tutela dell’ambiente, proteggendo le culture, e le colture, che hanno modellato, nei secoli, il paesaggio e il modo di vivere italiano. È stato Paolo Grossi, un insigne studioso del diritto medievale e moderno - qualche anno addietro Presidente della Corte costituzionale - a segnalarlo: “il territorio può avere impresso in sé indelebilmente la vicenda di un popolo, di un costume, di una storia”, arrivando ad affermare che “il suo prodotto tipico può costituire ben altro che un banale dato agro-alimentare”. Aggiungo: un dato con preziosi elementi di civiltà. Se l’Italia è il Paese delle cento città, nasce dalle mille campagne. È il Paese delle mille produzioni, a sottolineare quanto l’Italia sia debitrice all’opera di coltivazione e bonifica, iniziata, proprio nel Medioevo - dei tempi che Grossi studiava -, con l’opera promossa dagli ordini religiosi, e va ricordata l’esperienza dei Cistercensi e delle loro Grange. Attività che non si è mai arrestata, tanto che la nascita della Repubblica e il varo della sua Costituzione hanno prodotto - sulla via dell’attuazione delle norme della Costituzione stessa - una serie imponente di riforme agrarie che hanno portato alla trasformazione sociale dell’Italia, protagonista, fra gli altri, un esponente politico, esperto del mondo agricolo - Antonio Segni - che sarebbe assurto, poi, alla Presidenza della Repubblica. Interpretando i tempi, si realizzava quel che il grande costituzionalista Costantino Mortati aveva definito, parlando dell’articolo 44, come “la riunione delle proprietà della terra con il lavoro, che la feconda”. Non è inutile rammentare che la geografia italiana è segnata dai primi insediamenti abitativi, nati là dove si è iniziato a coltivare la terra. Produrre significa abitare un luogo, ed emerge qui l’influenza plurifunzionale che l’agricoltura esercita, con un rafforzamento dell’identità dei territori. Un rafforzamento talmente incisivo da avere modificato anche i rapporti sedimentatisi nel ‘900 tra città e campagna. Un rapporto non più di dipendenza, tanto meno di subalternità. L’esercizio di una responsabilità sociale e ambientale riguarda in larga misura il sistema agricolo. Oltre 10 milioni di italiani vivono in aree rurali. La superficie agricola utilizzata vale il 40% di quella totale del nostro Paese. La Repubblica non può che incoraggiare l’esercizio di questa responsabilità di “cura della terra”, cogliendo l’occasione di farne una nuova fase di progresso. Il tema dell’agricoltura assunse natura esemplare alla Costituente, caratterizzandosi come terreno sul quale si misurarono le diverse concezioni delle forze politiche proprio in materia di proprietà e libertà di impresa. È l’intera Costituzione a essere interpellata. Dall’art. 41 “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Ai già ricordati articoli di cui abbiamo parlato, 44 e 47, allo stesso articolo 9, nella nuova formulazione poc’anzi rammentata per cui la Repubblica, oltre a tutelare il paesaggio, “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.
Nulla come l’impresa agricola richiama e attua il secondo comma dell’articolo 41 sulla finalità sociale e ambientale dell’attività d’impresa. La complessità delle materie in gioco suggerisce, per altro, una lettura attenta delle previsioni costituzionali, a partire dalla formula “razionale sfruttamento del suolo”, anche allora non interpretabile in un senso meramente produttivistico, ma che, oggi, nella prospettiva della sostenibilità ambientale, viene letta come “ottimale utilizzazione del territorio”. Come scriveva Giovanni Galloni, si potrebbe concludere che “non si tratta più solo di estrarre beni dalla terra ma di considerare l’agricoltura come “generativa di beni comuni”.
Quando l’articolo 44 parla di “equi rapporti sociali” non si riferisce più ai rapporti intercorrenti all’interno del mondo della produzione agricola ma “equi” sono i rapporti da instaurare a livello della prossimità sociale. È dunque la comunità nazionale ad essere interessata, in tutte le sue sensibilità. E non soltanto a livello nazionale o comunitario.
Presidente Giansanti, lei poc’anzi ha accennato alle tante crisi che si succedono, con tanta velocità. Permettetemi di cogliere questa occasione - per la quale ancora ringrazio - per esprimere la riconoscenza della Repubblica al mondo dell’agricoltura che, durante la crisi della pandemia, non ha mai cessato, neppure per un istante, di nutrire il Paese. Gli agricoltori, al pari di altre categorie benemerite, hanno consentito a un Paese ferito di rialzarsi e riprendere il suo percorso. Le recenti alluvioni hanno mostrato egualmente lo spirito di solidarietà connaturato a chi si occupa di agricoltura nei territori: il loro sacrificio, i danni che hanno subito, meritano di essere prontamente ristorati affinché con politiche appropriate si creino le condizioni per la ripresa. Ma, in contemporanea, si è presentata la crisi derivante dall’invasione russa in Ucraina, con un uso spregiudicato da parte di Mosca della risorsa alimentare, utilizzata come arma strategica.
Il cibo, anziché diritto universale viene considerato, in quel modo, arma di guerra, affamando popolazioni, destabilizzando nazioni, accentuando povertà e spostamenti di popoli. La fame è uno spettro che si aggira nuovamente nei territori in guerra, e non solo; e si presenta, inoltre, nelle aree soggette a desertificazione. Sono temi che, mentre richiedono interventi urgenti, presentano questioni di struttura sia negli ambiti bilaterali, sia in quelli multilaterali.
Il 2024 - lo ricordava il Presidente Giansanti - sarà caratterizzato da un grande esercizio di democrazia: il popolo europeo sarà chiamato a eleggere il Parlamento d’Europa, massimo organismo rappresentativo della volontà dei cittadini del continente. Occorreranno lucidità di giudizio e consapevole lungimiranza per essere all’altezza delle sfide che ci riguardano. Le strutture dell’Unione hanno bisogno di essere rafforzate in numerosi ambiti, dalla difesa all’agricoltura. Così come occorre non ignorare gli altri fori internazionali, dalle Nazioni Unite al G7 - che l’Italia presiederà nell’anno che sta per aprirsi - dove si pongono questioni di grande rilievo.
Le drammatiche vicende di questo periodo confermano come l’agro-alimentare sia la base di ogni concreta prova sul terreno della sostenibilità ambientale e sia, inoltre, la prima frontiera su cui si misura la stabilità internazionale e le politiche di cooperazione. Sicurezza alimentare era espressione che si era spostata da una concezione quantitativa dei rifornimenti agricoli, a una qualitativa, relativa alla salubrità degli alimenti.
Oggi rischiamo di tornare drammaticamente indietro. Ecco perché l’agro-alimentare è anche un veicolo di pace. Nessuno più di voi ne è consapevole. Libertà, coesione sociale, sostenibilità, Europa, sono valori ben presenti al mondo delle imprese agricole che sanno di essere protagoniste di una stagione di rinnovata vitalità. Con la resilienza caratteristica degli agricoltori. La Repubblica è certa che continuerete, con passione, a fare la vostra parte. Auguri !

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