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“LATTE, CENTRALE ED INSOSTITUIBILE NELLA NOSTRA ALIMENTAZIONE, TUTTI DOVREBBERO BERNE 250 GRAMMI AL GIORNO”: PAROLA DI CARLO CANELLA, PRESIDENTE DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA PER GLI ALIMENTI E LA NUTRIZIONE

“Latte elemento centrale dell’alimentazione e assolutamente insostituibile”: il concetto è molto chiaro e non lascia spazio ad altre interpretazioni secondo Carlo Cannella, nutrizionista, docente di Scienza dell’Alimentazione all’Università La Sapienza di Roma e presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Inran). Ma quanto latte andrebbe assunto quotidianamente? “Le nostre indicazioni, riportate peraltro anche nella più aggiornata piramide alimentare - spiega Cannella - parlano di due porzioni quotidiane da 125 grammi ognuna o, in alternativa, una di latte e una di yogurt. Un’abitudine che andrebbe rispettata ogni giorno, per tutta la vita”. Gli “Stati generali” del latte sono in programma, a Cremona, dal 28 al 31 ottobre.

“Bere latte fa bene, soprattutto dall’infanzia fino ai 35 anni, età in cui si arriva al cosiddetto picco osseo - sottolinea Cannella - e ciò non vuol dire che la sua assunzione oltre questo limite anagrafico non comporti benefici, tutt’altro; se osserviamo per esempio le donne in menopausa, momento della vita in cui maggiore è la probabilità di essere colpite dall’osteoporosi, noteremo che questa malattia si manifesta maggiormente in quella popolazione che in gioventù ha bevuto minori quantitativi di latte. Purtroppo - prosegue Cannella - a differenza dei cugini tedeschi e inglesi, gli italiani bevono meno latte di quanto dovrebbero, privilegiando bevande che dal punto di vista salutistico nulla hanno da spartire con questo alimento d’eccellenza”. Eppure, nel 2009, un’indagine condotta dalla Ac Nielsen per Ismea, ha evidenziato che gli acquisti di latte alimentare in Italia, sul 2008, sono aumentati del 5,7% passando da 2.411.855 a 2.549.149 litri; privilegiando il latte fresco (+2,75%) sull’Alta qualità (-4,88%) e su quello a lunga conservazione (-0,26%). Il Sud e la Sicilia coprono il 33% degli acquisti a livello nazionale, seguiti a pari merito dal Nord Ovest, dal Centro e dalla Sardegna a quota 24%, mentre nel Nord Est del paese gli acquisti coprono un più modesto 19%.

Il professor Daniele Rama, docente presso lo Smea (Alta Scuola in Economia Agroalimentare dell’Università Cattolica di Piacenza) ricorda che a livello nazionale il valore industriale totale di mercato supera i 14 milioni di euro, di cui ben 3 milioni riguardano il latte alimentare. In un contesto globale dove le dinamiche produttive sono sempre più appannaggio dei cosiddetti Paesi emergenti, spicca l’incremento del 24,9% registrato dall’Asia nel periodo compreso tra il 2004 e il 2009, a cui l’Europa ha risposto con una riduzione, seppur non preoccupante, dell’1,5%.

“Un calo - sottolinea Rama - determinato dal regime delle quote in vigore nella Ue e che ha favorito il mantenimento di una produzione costante”. Le quote però, nel 2015 saranno abolite e quindi quale sarà lo scenario da affrontare a livello europeo? Secondo il docente universitario la produzione, nel Vecchio Continente, dovrebbe aumentare di circa il 4% su quella attuale, mentre in Italia l’incremento potrebbe superare di poco il 5%: solamente un punto in più della media europea prevista.

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