02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)

LE DENOMINAZIONI DI ORIGINE CONTROLLATA (DOC) DEI VINI ITALIANI DI FRONTE AD UN BIVIO

Il settore vitivinicolo italiano si sta confrontando con l’epoca più complessa della sua storia, tra mercati sempre più competitivi e consumi in calo. Per molti anni i responsabili del settore hanno pensato che la strada migliore per progredire sulla strada della qualità fosse quella delle denominazioni di origine; oggi, però, c’è chi vede nelle doc, così come vengono concepite attualmente, uno strumento ormai obsoleto. Su questo argomento sono intervenuti tre rappresentanti di spicco del mondo vitivinicolo: Riccardo Margheriti, presidente del Comitato Nazionale Doc, Ezio Rivella, che ha ricoperto in passato la stessa carica, ed Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini (GIV).

Margheriti, pur ammettendo che i disciplinari di produzione non sono immutabili nel tempo, sottolinea il pericolo di produrre poche tipologie di vini che imitano alcune produzioni internazionali che vanno per la maggiore, in pratica omologandosi ad esse. A quel punto, spiega Margheriti, la competizione sarebbe solo sui costi di produzione, e lì abbiamo solo da perdere. E’ importante valorizzare, secondo Margheriti, le varietà autoctone in grado di aumentare la qualità dei nostri vini e conferire loro maggiore originalità. Ma per Margheriti si deve anche smetterla di pensare al modello francese come quello più liberista:”i francesi – dice Margheriti – sono molto più gelosi di noi delle loro varietà”. Dall’altra parte della barricata Ezio Rivella, secondo il quale bisogna superare le tradizioni legate al concetto di tipicità, che in realtà non esiste e ha portato alla creazione di doc che non interessano a nessun consumatore. I disciplinari di produzione rigidi, secondo Rivella, impediscono alle produzioni enologiche di esprimersi in forme più variegate e più esigenti alle esigenze del mercato. Sulla stessa lunghezza d’onda di Rivella, anche Emilio Pedron: nessuno può imporre degli stili che spesso sono contro le più elementari logiche di mercato. Va bene esaltare le diversità, ma se il mercato chiede un vino rosso più colorito e corposo bisogna essere liberi di darglielo.
A sostegno della sua tesi Pedron ha portato alcuni esempi: il successo dei "supertuscan" che si sono sviluppati fuori delle regole doc proprio per avere la possibilità di libertà di innovazione, e il Barolo che ha iniziato il suo decollo vertiginoso e inarrestabile grazie ai Barolisti innovatori che hanno trasformato acidità e tannini amari in eleganza e morbidezza di gusto.


Fabio Piccoli<7>

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli