Anche le moderne metropoli, dopo decenni di espansione e cementificazione, spesso senza regole e senza grande rispetto per l’ambiente, hanno capito che non c’è sviluppo sostenibile senza verde, che una volta, almeno nelle grandi città europee, era parte integrante delle urbanizzazioni. Tanto che ancora oggi ne esistono tracce, ricordi lontani, anche sottoforma di vigneto. Esempi più unici che rari, in terreni ormai impoveriti, ma per questo pezzi ancora più preziosi di storia da salvare. Come la vigna di “Clos Montmartre”, a Parigi, ripiantata nel 1932, dopo la fillossera: secoli fa apparteneva ad un’abbazia benedettina, distrutta durante la Rivoluzione, oggi ospita filari di Gamay e Pinot Noir, ed ogni anno, ad ottobre, la vendemmia è una festa per tutta la città.
Tra le più suggestive delle vigne urbane, però, ce n’è una che conosciamo molto bene: Venissa, sull’Isola di Mazzorbo, nella laguna veneziana, dove si coltivavano i filari di Dorona che davano il vino dei Dogi, riscoperti e riportati in vita dal progetto della griffe del Prosecco Bisol. Anche Londra, che di certo non vanta una grande storia vinicola, ha il suo vigneto urbano: “Forty Hall” Vineyard, che ha vissuto la sua prima vendemmia solo nel 2013, ma di dovrà aspettare il prossimo anno per stappare le prime bottiglie di sparkling “made in London” (Chardonnay, Pinot Noir & Pinot Meunier). Rimanendo nella Vecchia Europa, alle porte di Vienna c’è un vigneto che ha ben poco di celebrativo, perché i 680 ettari che si stagliano fuori dalla città sono una realtà produttiva importante, che affonda le proprie radici nel XVIII. Qui, infatti, si produce ancora oggi il famoso “Heuriger”, il vino delle taverne viennesi, la cui produzione è permessa dalle leggi cittadine sin dal 1784. Nell’antica Tessalonica, l’odierna Salonicco, grazie al lavoro dell’Università cittadina e di un’azienda della Regione, Domaine Gerovassiliou, sorge il primo vigneto urbano di Grecia: 480 varietà, tutte autoctone, custodite evidentemente più per motivi culturali che commerciali, tra palazzi moderni e lo stadio Kaftanzoglio.
Anche le città del Nuovo Mondo custodiscono gioielli dell’enologia moderna: a New York, più precisamente nel Queen’s, il Governo è proprietario del “Queens County Farm Museum’s Winery”, una vigna museo in cui si coltivano, sulla scia di una tradizione che risale al 1697, Cabernet Franc, Chardonnay, Cabernet Sauvignon e Merlot, vinificate e commercializzate dal 2006 dalla Premium Wine Group’s, a Long Island. A Los Angeles, nel cuore della città (una delle are urbane più estese al mondo), c’è la “D’Augustine Vineyard”, un piccolo vigneto, senza alcuno scopo di lucro, frutto dell’amore per la vite di Heather and Joe D’Augustine. Infine, a San Francisco, dove sorge il “Neighborhood Vineyards Project”: 230 barbatelle piantate nel 2013 da una coppia di vignaioli, Elly Hartshorn e Jenny Sargent, che nel 2016 daranno alla città il suo primo vino dopo da più di un secolo a questa parte.
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