Ben 13,4 milioni di enoturisti nella popolazione italiana (64,5% del totale), un’importante partecipazione tra le varie esperienze proposte dalle cantine, una tendenza che si sta spostando da “short break” a vacanza vera e propria (il 38% si ferma oltre quattro giorni) così come una curiosità sempre più stimolante nella visita delle cantine. L’enoturismo in Italia sta crescendo ma, allo stesso, tempo non mancano gli aspetti su cui migliorare, dalle infrastrutture ai trasporti, fino ad un’offerta che dovrà ricalibrarsi sempre di più sul giovane wine lovers, sul target “digital” e meno tradizionalista. Le potenzialità ci sono tutte anche come veicolo per “raccontare” gli aspetti più nobili del vino, la sua cultura ed il legame con un territorio bellissimo, quello che spinge in tanti a lasciare la città per una pausa di relax a contatto con la natura. Presentata a Vinitaly 2024, a Verona, la prima indagine sull’enoturismo, frutto del protocollo d’intesa tra Ismea e Aite, l’Associazione italiana turismo enogastronomico (presieduta da Roberta Garibaldi, tra le massime esperte di enoturismo), e illustrata nel convegno “In viaggio tra vigne e cantine: numeri, profili e tendenze dell’enoturista italiano”.
Gli aspetti positivi ci sono, ad iniziare da un livello di soddisfazione degli enoturisti italiani che è molto alto; tre enoturisti su quattro si dichiarano soddisfatti soprattutto per la qualità del servizio in occasione delle visite in cantina e delle altre iniziative, per i rapporti con la comunità locale e per le modalità di prenotazione delle esperienze proposte. Un giudizio non uniforme, però, e qui ritorna il tema dei giovani che fanno storia a sé. Nel cluster degli under 24, infatti, sono stati indicati margini di miglioramento soprattutto in merito alla qualità del servizio, alla facilità di prenotazione e al reperimento di informazioni, in una percezione da nativi digitali evidentemente influenzata da un utilizzo più spinto di Internet e dei social network. C’è voglia di enoturismo, come si denota nei risultati dell’indagine svelata da Roberta Garibaldi: il 29% dei turisti vuole vivere pienamente il territorio in ogni sua declinazione e quindi anche nell’ottica dell’enogastronomia. Una percentuale inferiore solo alla motivazione della partenza che arriva dal mare e allo stello livello della cultura. Il 43% degli enoturisti italiani ha una fascia di età compresa tra i 35 ed i 54 anni, e viene fuori che negli ultimi tre anni, tra le varie esperienze, le degustazioni in cantina sono quelle che vanno per la maggiore (71,2%), ma c’è un aspetto particolarmente interessante e che potrebbe far riflettere su come il “racconto” del vino sia una strada da seguire per attrarre nuovi estimatori: al 63,2% piacerebbe avere la possibilità di ricevere informazioni sul processo di vinificazione. L’esperienza in cantina cresce, negli ultimi tre anni, il 42,2% ha dichiarato di averne visitate tre o più (nel 2019 erano il 15,3%); per quanto riguarda il livello di soddisfazione, quello della qualità del servizio delle esperienze svolte (77,6%) conquista maggiormente gli enonauti davanti al rapporto con la comunità locale (76,8%) ed alla facilità di prenotazione delle esperienze (76,6%). Ma come viene scelta una meta o una esperienza enogastronomica? Stimolo (49,8%) ed affidabilità (45%) pendono dalla parte dei consigli ricevuti da parenti e amici, i social, invece, stimolano ma a livello di affidabilità ci sono i siti internet che parlano di turismo enogastronomico (38,1%) e le guide enogastronomiche (31,2%) che sono considerate, di fatto, un punto di riferimento. La modalità di prenotazione più gettonata è attraverso l’online (55,8% di cui il 36,4% durante il viaggio) e diretta (48,5%), mentre l’opinione degli enoturisti italiani sul viaggio parla di “un’occasione di arricchimento culturale” (73,7%), ma c’è anche il “desiderio di avere la possibilità di incontrare le persone del luogo” (67,4%); “la possibilità di conoscere la storia ed aneddoti relativi all’azienda e dei vini prodotti” (67,1%); “la possibilità di ricevere informazioni sul processo di vinificazione” (63,2%). Inoltre c’è un 65% che afferma come le cantine offrano esperienze di visita molto simili tra di loro e tra quelle con maggiore gap tra quanto desiderato e quanto fruito, al primo posto c’è il cenare nei vigneti a lume di candela davanti alla degustazione al tramonto nei vigneti ed il fare trattamenti di benessere a tema vino. La maggior parte degli enoturisti ha alloggiato in Bed & Breakfast (49,4%), in agriturismo (38,9%) e alberghi (30,1%). Il 18,1% è andato in alberghi a tema cibo, vino e olio, ma qui troviamo il gap maggiore tra alloggio e intenzione (ben il 31,2%), segnale di un potenziale ancora inespresso. Note più “dolenti” arrivano con la Generazione Z che si fa guidare da Instagram e TikTok per le scelte, prenota tramite le Ota, e ritiene ancora bassa la facilità nel prenotare ed ottenere informazioni sulle esperienze. Il rapporto con il vino non è dei migliori, i giovani di questa generazione lo consumano meno spesso di altri, lo scelgono, in primis, in base al prezzo e ritengono importante svolgere attività insieme ai produttori ed alla gente del posto. Preferiscono i mezzi pubblici rispetto all’auto e questo è un freno in Italia. Per quanto riguarda le aziende, c’è difficoltà a trovare personale specializzato, la formazione viene considerata un elemento fondamentale. Serve, poi, un nuovo modello di turismo per le aree interne, con la realizzazione di infrastrutture e strutture funzionali allo scopo; tra le idee c’è quella di creare un unico portale per favorire la scoperta e la prenotazione delle offerte enogastronomiche, facilitare le connessioni con i trasporti, creare hub enogastronomici e la figura di guida enogastronomica. Per Livio Proietti, presidente Ismea, “l’obiettivo dell’intesa è mettere sotto la lente di ingrandimento le principali variabili qualitative e quantitative dell’enoturismo italiano, un segmento rilevante del sistema vitivinicolo nazionale che lega prodotti e territori, contribuendo anche al successo del made in Italy. L’enoturismo, come anche l’agriturismo, comparto che l’Istituto monitora ormai da diversi anni, rappresenta un’importante leva di marketing, preservando l’attrattività delle aree rurali sempre più soggette a fenomeni di spopolamento”. Roberta Garibaldi, presidente Aite, ha aggiunto come “il comparto enoturistico rappresenta ormai un fenomeno rilevante in termini economici e in ulteriore crescita per i ricavi delle aziende italiane del vino. Il livello raggiunto dall’enoturismo è tale da richiedere una vera e propria analisi scientifica strutturata, per poter delineare i flussi in ingresso e colmare il gap tra il desiderio del turista e la reale fruizione e per realizzare progetti di sistema, accompagnando il turismo rurale e gli investimenti pubblici e privati necessari per rilanciare occupazione e creare ricchezza. Si sta andando verso una definizione di enoturista standardizzata in base al lavoro tra Unwto e Oiv che accompagnerà queste ricerche”.
Che l’enoturismo sia un forte stimolo per lo sviluppo dell’intero settore vitivinicolo lo ha evidenziato anche Giorgio Del Grosso, Capo Dipartimento di statistica e trasformazione digitale dell’Oiv-Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, intervenuto al convegno con un video messaggio. “L’enoturismo - ha spiegato - è un driver di sviluppo locale e rurale e uno strumento di diversificazione del reddito. Per questo motivo è stato introdotto come terzo pilastro del nostro attuale piano strategico. La necessità di poter disporre di dati accurati, affidabili e comparabili a livello internazionale ci ha spinto a siglare nel 2021 un protocollo d’intesa con Un Tourism, l’Agenzia delle Nazioni unite che si occupa di turismo, con l’obiettivo di sviluppare una metodologia comune per misurare l’impatto economico di questo importante settore”.
L’incontro è stata anche l’occasione per riunire i principali protagonisti del settore dell’enoturismo italiano, e raccontare una realtà in continua evoluzione in Italia, con una rete di oltre 500 Comuni a vocazione vitivinicola associati a Città del Vino, quasi 90 Strade del Vino e dei Sapori che si snodano lungo l’intero territorio nazionale. Un settore a trazione anche femminile, come ha ricordato Donatella Cinelli Colombini, past president delle Donne del Vino, a cui si deve l’ideazione di “Cantine Aperte”, con le donne che “prenotano più degli uomini e sono le protagoniste della winery hospitality”.
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