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LA FILIERA DEL CIBO

L’inflazione fa tornare in tavola i piatti poveri ma l’agroalimentare italiano vale 600 miliardi

Dal Forum Internazionale dell’Agricoltura by Coldiretti, lo stato dell’arte del comparto. E la “Cucina Italiana” punta al riconoscimento Unesco
CIBO, Coldiretti, ETTORE PRANDINI, EXPORT, FOOD, MADE IN ITALY, Non Solo Vino
I piatti della tradizione contadina tornano sulle tavole degli italiani

Prezzi che salgono, potere di acquisto in caduta libera, abitudini alimentari che cambiano o, meglio, che fanno un tuffo nel passato alla ricerca della semplicità e della cultura locale. In un periodo dove le difficoltà economiche mordono le tasche degli italiani, tornano i piatti tradizionali della cucina “povera” sul 73% delle tavole del Belpaese. Una scelta che non dimentica gusto e sapori grazie alle cosiddette ricette della nonna che consentono di realizzare piatti non elaborati con ingredienti facilmente reperibili e non particolarmente costosi. Un cambiamento che emerge dall’indagine Coldiretti/Censis, su “La guerra in tavola”, diffusa nel Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House-Ambrosetti, a Roma, alla presenza di tanti rappresentanti del Governo, delle grandi imprese italiane, ma non solo, dove è stata apparecchiata la prima tavola della cucina povera con piatti e ricette che hanno reso grande la cucina italiana e rappresentano l’architrave della sua candidatura a patrimonio dell’Unesco.
Ricette che non sono solo una ottima soluzione per non gettare nella spazzatura gli avanzi, ma aiutano anche a non far sparire tradizioni culinarie del passato secondo una usanza molto diffusa che ha dato origine a piatti diventati simbolo della cultura enogastronomica del territorio: è il caso, tanto per fare qualche esempio, della ribollita toscana, dei canederli trentini, della pinza veneta o della frittata di pasta tipica del sud. Ma anche minestra di pane all’acquacotta, polpette, torta di pane, pietanze che salvano gli ingredienti da finire nel cestino, e che, secondo Coldiretti sono diventate dei “veri e propri scudi contro l’inflazione per evitare ogni downgrading nella qualità del cibo messo in tavola. Molti sono i piatti che non devono passare attraverso preparazioni particolarmente elaborate, e che un tempo venivano realizzati con il ricorso a scarti e avanzi, come ad esempio pesci troppo piccoli per essere commercializzati nei mercati, o con ingredienti facilmente recuperabili, spesso addirittura gratuitamente”, è il caso, tanto per rimanere fedeli alla stagione in corso, di castagne o funghi.
Il faro che guida le scelte a tavola, proseguono Coldiretti/Censis, “resta la Dieta Mediterranea con l’88,1% degli italiani che dichiara di ispirare le proprie abitudini a tavola proprio al tradizionale regime alimentare non a caso riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco”. Coldiretti ha evidenziato che il cibo è diventata la prima ricchezza dell’Italia con la filiera agroalimentare estesa che sviluppa un fatturato aggregato pari ad oltre 600 miliardi di euro nel 2022 nonostante le difficoltà legate alla guerra e alle tensioni internazionali. Un “tesoro” da tutelare, non a caso per sostenere la candidatura della cucina italiana a patrimonio dell’Unesco è stato aperto il primo salone dei giganti del made in Italy dove trovano casa prodotti “large”, dalla mortadella lunga 2 metri per 120 chili di peso al maxi provolone da 1 quintale; dal Primitivo di Manduria da 15 litri al Pecorino Toscano da 20 chili, dai 5 metri di corda di salsicce di Norcia alla finocchiona di 1,2 metri fino al salamino d’Abruzzo a forma di “Bastoncino” lungo oltre 2 metri.

Il made in Italy dal campo alla tavola vede impegnati, sottolinea Coldiretti, ben 4 milioni di lavoratori in 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio. A sorridere è anche l’export che fa segnare un nuovo record grazie al balzo dell’8% per le esportazioni alimentari made in Italy nel 2023, secondo l’analisi Coldiretti (dati Istat) sul commercio estero relativi ai primi otto mesi dell’anno che indicano un ulteriore balzo sul primato di sempre di 60,7 miliardi fatto registrare nel 2022. Tra i principali Paesi, ad essere cresciute di più nel 2023, “sono le esportazioni alimentari in Francia, con un balzo del 14% davanti alla Germania (+11%) e alla Gran Bretagna (+11%) anche se arretrano leggermente per la prima volta negli Stati Uniti (-3%)”.
Un record trainato da un’agricoltura che è la più green d’Europa con la leadership nel biologico (80.000 operatori), il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (325), 526 vini Dop/Igp e 5.547 prodotti alimentari tradizionali. Il Belpaese è anche il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della Dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche alle ciliegie e uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne. “La candidatura Unesco della Cucina Italiana è un riconoscimento dell’immenso valore storico e culturale del patrimonio enogastronomico nazionale che è diffuso su tutto il territorio e dalla cui valorizzazione dipendono molte delle opportunità di sviluppo economico ed occupazionale del Paese” ha sottolineato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.
Un patrimonio che traina anche il turismo. Non a caso quasi un italiano su tre (31,6%) in viaggio all’estero cerca locali e ristoranti dove può mangiare i prodotti di casa. Un altro dato frutto della ricerca “La guerra in tavola” con il Forum che ha messo in luce le distorsioni che avvengono fuori dai nostri confini nei confronti della cucina italiana attraverso la prima esposizione degli orrori serviti nel piatto all’estero nel nome del made in Italy a tavola (dai beeferoni alle chicken fettuccine fino alle lasagne kit). Eppure, “nonostante il rischio sempre in agguato di ricette “sbagliate” o ingredienti taroccati, la ristorazione all’italiana - evidenzia Coldiretti - è la più diffusa e apprezzata nel mondo con un valore che raggiunge i 205 miliardi di euro e registra i maggiori livelli di penetrazione negli Usa, con il 33% del totale dei ristoranti, e in Brasile (28%), ma ottimi risultati si raggiungono anche in Francia (22%), Spagna (24%), India (24%), Germania (16%), Cina (14%), Corea del Sud (12%) e Regno Unito (11%)” secondo l’analisi della Coldiretti sul Foodservice Market Monitor 2022 di Deloitte.
“Una rete commerciale che rappresenta troppo spesso il mercato di sbocco di oltre 120 miliardi di falsi cibi italiani con un “turbo marketing” selvaggio che spesso stravolge i piatti della dieta italiana con piatti e ricette improponibili”, commenta Coldiretti che aggiunge come “una delle ricette più popolari negli Usa, la “macaroni & cheese”, si ottiene cucinando la pasta con una salsa a base di formaggio, molto spesso cheddar di produzione Usa. Per non parlare della carbonara che negli States preparano col bacon al posto del guanciale e la panna o lo yogurt per dare consistenza o il pesto che viene usato come una salsa da usare su tutto, dai crostini al pane fino al pollo. Esistono anche varianti di ricette della tradizione popolari come la bruschetta che negli Usa si è trasformata nel garlic bread con il pane imbottito di pezzi di aglio o annegato nel burro aromatizzato all’aglio. E se in Italia il condimento immancabile è a base di olio extravergine di oliva, all’estero si usa spesso l’olio di soia. Una flessibilità che riguarda anche i piatti più semplici della tradizione tricolore come la caprese con la versione americana che utilizza la mozzarella di produzione locale, molto diversa da quella italiana e non solo nella forma”.
Il presidente di Coldiretti Ettore Prandini piega che “la mancanza di chiarezza sulle ricette made in Italy offre terreno fertile alla proliferazione di falsi prodotti alimentari italiani che hanno raggiunto nel mondo l’astronomica cifra di 120 miliardi di euro ed è anche per questo che è importante fare chiarezza sulla cucina italiana nel mondo con il riconoscimento come patrimonio Unesco. Il valore delle esportazioni di cibo made in Italy ha raggiunto il record storico di 60,7 miliardi ma sono convinto che ci siano le condizioni per arrivare a 100 miliardi nel 2030, utilizzando il Pnrr per colmare il gap infrastrutturale e logistico del nostro Paese ma anche mettendo uno stop alla contraffazione alimentare internazionale”.

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