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PREVISIONI

Low alcol, e-commerce, Rtd, sostenibilità: i trend del mercato del beverage nel 2022 by Iwsr

Il “lascito” della pandemia e la corsa dei prezzi cambiano volto ai consumi: l’occasione di consumo diventa più importante del consumatore
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Il mercato del beverage nel 2022

Se c’è un settore merceologico che ha dimostrato di saper rispondere in maniera veloce e resiliente alla crisi pandemica, è quello degli alcolici, vino compreso. Il sostegno economico dei Governi, specie in occidente, ha mantenuto i consumi su livelli accettabili, ma il mercato ha di fronte nuove sfide da affrontare: l’aumento dei costi delle spedizioni, con i relativi rallentamenti della supply chain, la carenza dei container, l’aumento dei costi di energia ed imballaggi, che si traducono per forza di cose in picchi inflazionistici che non si vedevano da decenni, in Italia come in Usa, dove a novembre 2021 ha segnato un aumento del 6,8%, mentre la Gran Bretagna continua a fare i conti con la scarsità di manodopera e i rallentamenti della catena di approvvigionamento conseguenza della Brexit. Difficoltà che - come sottolinea l’Iwsr, nella sua analisi sui trend chiave che guideranno l’industria globale del beverage nel 2022 - non frenano la voglia di tornare alla normalità dei consumatori, specie i più giovani (Millennials e Generazione X), che guidano il recupero del fuori casa. Parallelamente, l’e-commerce è ormai un canale sempre più sofisticato, e il coinvolgimento digitale è diventato un aspetto fondamentale nel processo decisionale del consumatore, capace, insieme al rafforzamento dei consumi on-premise, di cambiare il panorama del mercato degli alcolici per gli anni a venire.

Tra le tendenze di questo 2022 appena iniziato, il recupero, dopo il declino del 2020, degli spirits di alto livello (sopra i 100 dollari a bottiglia), la cui crescita tornerà sui livelli del periodo 2014-2019, sostenuta dalla crescita della ricchezza media di Usa e Asia, e dall’ingresso sul mercato di nuovi consumatori. Ad esempio, una ricerca sui consumi di Iwsr mostra come il 39% dei bevitori cinesi abbia speso, nella prima metà del 2021, più di 79 dollari per acquistare una bottiglia da bere a casa. Nuovi consumatori, però, vuol dire anche diversificazione dell’offerta, con l’emergere di nicchie come i superalcolici a a base di agave, il whisky irlandese, il whisky statunitense e il whisky giapponese, che hanno tutti registrato una crescita dei consumi nel 2020.

Dall’altra parte, le bevande analcoliche e a basso contenuto di alcol stanno diventando sempre più popolari, perché parte integrante di uno stile di vita salutare, sposato da sempre più persone, e crescono di conseguenza e-commerce, negozi e locali dedicati alla vendita esclusiva di bevande analcoliche. È importante sottolineare che la maggioranza dei consumatori no/low alcol rientrino a pieno titolo nella categoria dei “Substituters”, ossia di chi sceglie i prodotti a bassa gradazione alcolica, o analcolici, al posto degli alcolici in occasioni per precise. In Gran Bretagna, ad esempio, il 40% dei consumatori di bevande no/low alcol sono “Substituters”, con un’incidenza maggiore tra Generazione Z e Millennials (46% e 41%) rispetto ai Boomers (36%). E sono sempre i più giovani a guidare la categoria dei “Blenders”, ossia di chi passa dalle bevande no/low alcol a quelle alcoliche nella stessa occasione: sono il 20% della Generazione Z e il 23% dei Millennials, e le percentuali sono simili nel mercato Usa. Sul fronte produttivo, cresce l’offerta di bevande analcoliche con ingredienti come Cbd (cannabidiolo), nootrpi e adattogeni, dando vita ad una categoria di prodotti tutta nuova.

Continuerà a crescere l’e-commerce, il cui valore è aumentato del 43% nel 2020 nei 16 mercati chiave analizzati da Iwsr, dopo il +12% del 2019: nel 2025 rappresenterà il 6% del mercato delle bevande alcoliche, dal 2% del 2018. Sta aumentando anche il numero di player, che rendono molto più diversificato e sfumato il business dell’e-commerce, con la distinzione tra i diversi canali, e persino tra online ed offline, che ha sempre meno importanza per i consumatori. Tanto che i confini tra un canale e l’altro non sono più così netti: negozi, enoteche e Gdo stringono accordi logistici con i servizi on-demand per garantire consegne più rapide, mentre le piattaforme online utilizzano i “dark stores” per migliorare i tempi di consegna, diventando sempre più simili ai negozi fisici.

Un altro fattore di impatto riguarda il modo un cui la pandemia ha stravolto il mondo del lavoro, con lo smart working che svuota le città e sposta il fulcro della quotidianità di milioni di persone sempre più dentro casa: la conseguenza è uno spostamento dei consumi premium dall’on-trade alla sala da pranzo. Questo vuol dire, però, che il consumatore, dopo due anni di pandemia, tra cocktail fatti in casa e bottiglie di vino importanti, è molto più consapevole di costi e qualità, e meno disposto ad accettare sovrapprezzi esagerati o qualità scadente.

Una categoria che continua e continuerà a trovare sempre maggiore spazio è quella dei “ready to drink”, ossia i pre miscelati, a base alcolica ma non solo. Che, nel 2022, daranno i primi segnali di premiumizzazione, e questa è una buona notizia, anche per i produttori di vino, che nei “Rdt” stanno puntando con sempre maggiore convinzione, e che così potrebbero garantirsi margini maggiori.

Altro trend da non sottovalutare è la sempre maggiore predisposizione delle persone ad assaggiare cose sempre nuove e diverse, dalle birre artigianali al vino al whisky giapponese. Le aziende, così, sono spinte ad ampliare la propria offerta, esplorando nuove categorie di prodotti oppure togliendone altri dal portafogli, con i confini tra una categoria e l’altra sempre più sfumati. L’offerta, in un certo senso, non riguarda più una tipologia di consumatore, ma un momento di consumo, per cui un portafoglio più ampio consente di coprire una fetta maggiore di consumi, e quindi ndi consumatori.

L’impegno per pratiche sostenibili da parte delle aziende è sempre più una priorità, e lo dimostrano i programmi di sostenibilità ambientale e sociale e le relative certificazioni, che anche tra le aziende del beverage sono diventati un plus importante, specie a fronte dell’aggravarsi della crisi climatica, certificata anche dall’ultima Cop 26. I consumatori, così come gli influencer del settore, sono alla ricerca continua di aziende che dimostrino un impegno serio attraverso pratiche sostenibili lungo tutta la filiera produttiva. Anche la solidarietà con i marchi e le imprese locali è stata una tendenza chiave durante la pandemia, ed è strettamente associata alla mentalità “sostenibile” dei consumatori: il 48% dei bevitori di alcol Usa afferma che le proprie decisioni di acquisto sono influenzate positivamente dalla sostenibilità di un’azienda o dalle iniziative prese in favore dell’ambiente, e sale al 72% tra i brasiliani e al 70% tra i cinesi benestanti che vivono in città. Basandosi su questa risposta alla crisi, i marchi locali possono sperare crescere sul lungo termine, lavorando su sostenibilità, qualità e i valori che li legano alla comunità.

Infine, chiudendo il cerchio, ci sono le pressioni esterne con cui fare i conti, fattori che vanno al di là della domanda dei consumatori, ma che incidono sulla produzione e sulla filiera delle bevande alcoliche, come l’aumento dei costi di imballaggio, la capacità dei container e altri problemi che riguardano la catena di approvvigionamento, le pressioni inflazionistiche e il climate change, destinato ad avere un impatto significativo su molti fornitori. Le aziende, in questo contesto, dovranno essere brave ad adeguarsi al mutare del contesto economico, mentre il 2022 potrebbe vedere il ritorno ad un consumo più simile al periodo pre pandemico, con un probabile calo, specie per alcuni grandi brand, dei consumi nazionali, con la ripresa del turismo che porterà con sé una ricomposizione del mercato dei consumi.

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