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MARIO FREGONI (DOCENTE DI VITICOLTURA UNIVERSITA' DI PIACENZA) RIDIMENSIONA IL MITO DELLO CHAMPAGNE

Italia
Mario Fregoni

Il primato delle "bollicine", da secoli attribuito allo Champagne, è uscito profondamente ridimensionato dal convegno "Lieti calici. Spumante e champagne tra euforia e scienza", organizzato il 22/23 ottobre 1999 a Roma dall'Enciclopedia Treccani e dall'Enoteca Italiana di Siena.
Mario Fregoni, docente all'Istituto di viticoltura presso l'Università Cattolica di Piacenza, ha contestato al benedettino Dom Perignon (leggendario frate dell'abbazia di Hautvillers, al quale, in assenza di documenti, sono state assegnate le date di nascita e di morte del Re Sole Luigi XIV, vale a dire 1638/1715) il merito d'essere l'unico inventore della rifermentazione in bottiglia per l'elaborazione dell'omonimo spumante francese. Il professor Fregoni, uno dei massimi studiosi di viticoltura al mondo, gli contrappone un gesuita italiano, padre Rodolfo Acquaviva (1658/1729), che resse il collegio dell'ordine a Montepulciano, ha scovato una testimonianza scritta in latino e conservata alla Biblioteca Vaticana, intitolata "L'arte del vino a Montepulciano", che descrive minuziosamente l'arte di elaborare il vino presso i poliziani, ed in particolare, il modo di ottenere la rifermentazione in tino aggiungendo al mosto una parte d'uva cotta di Lambrusca, o vite selvatica.

Ma il contributo degli italiani per le "bollicine" risale anche a tempi ancor più remoti, agli antichi romani. Le citazioni di vino spumans e titillans si trovano, infatti, in Virgilio, Properzio, Columella: dai testi risulta che lo spumante non veniva prodotto con le tecniche attuali, ma con la rifermentazione di vini dolci nei recipienti di allora, come le anfore di terracotta, oppure con l'aggiunta di uva appassita o di mosto dolce ai vini già fermentati. Lucano racconta, in partioclare, come a quell'epoca si otteneva lo spumante di Falerno, facendolo rifermentare mediante l'aggiunta di mosto d'uve appassite di una varietà denominata Meroe, originaria dell'Etiopia. Fu proprio uno spumante di questo tipo ad essere servito in una fastosa cena organizzata in onore di Cesare e Cleopatra.

La tradizione del vino frizzante continua poi nel Medioevo, come testimonia la famosa Scuola Salernitana che ne consigliava un uso moderato per mantenersi in buona salute. Quindi, il Rinascimento: è a questo periodo che appartiene il Papa più enofilo di tutti i tempi, Paolo III Farnese (1468/1549). I suoi gusti era molto ampi, e peraltro descritti dal suo bottigliere Sante Lancerio: Sua Santità apprezzava, in particolare, vini italiani e, in particolar, i frizzanti di Castell'Arquato.

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