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“Ministero dell’Agroalimentare”: a WineNews, i commenti (e cosa cambia) nella parole dei deputati Sani e Fiorio (Commissione Agricoltura, Camera) e Formigoni (Commissione Agricoltura, Senato). Ok da Confagricoltura e Coldiretti. Frena Federalimentare

Non solo un cambio di nome, da Ministero delle Politiche Agricole Agroalimentari e Forestali a Ministero dell’Agroalimentare, quello annunciato e auspicato dal Ministro Maurizio Martina nei mesi scorsi, e confermato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi ieri, ma una vera e propria riorganizzazione del Ministero stesso, che andrebbe a coprire tutte le competenze in materia, e tutta la filiera, dalla produzione agricola nei campi alla trasformazione industriale, fino alla distribuzione, con il trasferimento della gestione delle risorse per il settore (si parla di miliardi di euro), comprese quelle che oggi sono in capo al Ministero dello Sviluppo Economico. In attesa di conoscere nel dettaglio i contenuti dei decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione del Ministro Madia, sono queste, in sintesi, le linee guida che porteranno ad una sostanziale riorganizzazione del Ministero guidato da Martina, che sovrintende ad un settore che, ha ricordato Renzi, “è centrale nello sviluppo e nell’identità del sistema Paese”. “Una svolta utile”, secondo Martina, e anche secondo i massimi esponenti delle Commissioni Agricoltura di Camera dei deputati e Senato, sentiti da WineNews.
“È chiaro che non si parla solo di un cambio di nome, altrimenti sarebbe solo uno spreco di carta intestata - scherza Luca Sani (Pd), presidente delle Commissione Agricoltura alla Camera - perchè l’obiettivo auspicabile, anche se il decreto è tutto da scrivere, è quello di portare tutte le competenze relative ad un settore strategico, come ha ricordato Renzi, sotto l’attuale Ministero delle Politiche Agricole. Questo perchè oggi c’è una divisione del Ministero dello Sviluppo Economico che si occupa dell’agroalimentare, e questo frammenta in qualche modo le competenze su una filiera strategica. Riunirle sotto un unico Ministero, compresa la gestione delle tante risorse economiche che ci sono, come quelle per la promozione, renderebbe la gestione più snella, visto che oggi, per esempio, si deve andare spesso di decreti interministeriali concertati, con tutto il tempo e la complessità che questi richiedono. È un passo in avanti positivo, comunque, e anche realizzabile in tempi relativamente rapidi, direi qualche mese, visto che su questa materia il Governo ha la delega e può procedere con i decreti legislativi attuativi della riforma Madia, non serve una legge”.
“È un progetto positivo, un passo in avanti importante, perchè vuol dire avere tutta la filiera sotto un unico Ministero - aggiunge il vice presidente della Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, Massimo Fiorio (Pd) - ed è anche un segnale di valorizzazione della nostra agroindustria, di quella parte di trasformazione dei prodotti che è un’eccellenza tutta italiana, e che talvolta si rischia di mettere in ombra guardando solo all’eccellenza agricola, che produce la materia prima. Sarebbe importante per poter gestire in maniera articolata tutto il settore del food & beverage, che è fondamentale e strutturale per l’Italia”. “Dobbiamo vedere i contenuti del Decreto, ma non c’è dubbio che sia una cosa positiva, per una concezione più dinamica del Ministero per un settore che è decisivo per il Paese - aggiunge il Presidente della Commissione Agricoltura del Senato della Repubblica, Roberto Formigoni (Ncd) - ed è un cambiamento che, al di là della denominazione del Ministero, coglie il rapporto che è profondamente cambiato, e si è fatto sempre più intenso, tra i campi e l’industria alimentare, tra la produzione di materie prime e la loro trasformazioni in prodotti e cibi che arrivano sulle tavole degli italiani e di tutto il mondo. È chiaro che si tratta di aggiunge competenze al Ministero, e non di togliere qualcosa, nessuno deve temere di essere lasciato indietro, di avere meno attenzione. Penso ai piccoli e piccolissimi coltivatori, quelli in situazioni svantaggiati e di montagna, per i quali c’è e rimarrà grande attenzione. In più c’è questa positiva evoluzione ulteriore”.
Se a livello politico il progetto del nuovo Ministero dell’Agroalimentare sembra dunque essere largamente condiviso, le rappresentanze delle imprese non sembra del tutto in sintonia, visto che l’idea piace molto alle organizzazioni agricole come Confagricoltura e Coldiretti, mentre Federalimentare, che rappresenta la parte industriale e della trasformazione, frena gli entusiasmi. “Il fatto che il Governo consideri l’agroalimentare volàno di sviluppo dell’economia del Paese, prevedendo risorse importanti per il credito e per gli investimenti ed adeguando a questa visuale il dicastero deputato - commenta il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi - ci trova pienamente favorevoli. Apprezziamo il cambio di passo che il premier Renzi ed il Ministro Martina vogliono attuare, accogliendo in pieno le richieste di Confagricoltura. Rendere il Ministero delle Politiche Agricole un “Ministero per l’Agroalimentare” è una proposta che Confagricoltura - ha ricordato Guidi - aveva presentato nel 2013 nella presentazione di uno studio sull’agronetwork realizzato con l’Università Luiss Guido Carli. Come avevamo sottolineato all’epoca, l’importante non sarà solo cambiare la denominazione, ma anche la fisionomia del dicastero, per farlo essere un hub, un centro nevralgico per lo sviluppo dell’agroalimentare. Il ministero per l’Agroalimentare - conclude Guidi - dovrà fare da “snodo”, permettendo di condividere le conoscenze, favorire la collaborazione tra imprese, coordinare i progetti territoriali, allocare correttamente le risorse sui fattori strategici, tagliare drasticamente la burocrazia. Le Regioni dovranno essere al servizio di questa strategia. Non possiamo più permetterci politiche agroalimentari non coordinate”.
Per Coldiretti, ancora, si tratta di “un passo necessario per valorizzare i primati dell’agroalimentare made in Italy nella definizione delle misure che vanno dalla tutela della qualità e delle caratteristiche degli alimenti alle norme sull’etichettatura, fino agli interventi per ottimizzare la penetrazione dei mercati esteri e raggiungere presto l’obiettivo dei 50 miliardi di export fissato dal presidente del Consiglio”, ha detto il presidente Ronberto Moncalvo, che ha aggiunto: “si tratta di una scelta importante per avere un interlocutore di governo forte e univoco nei confronti dell’Unione Europea, dalla quale dipendono oggi gran parte delle politiche nell’agroalimentare ma anche per rafforzare la filiera agroalimentare made in Italy dal campo alla tavola. Non è un caso che da tempo, la Francia, può contare su un unico Ministero dell’Agricoltura, dell’Agroalimentare e delle Foreste”.
Decisamente meno entusiasta, invece, il commento di Federalimentare: “l’integrazione della filiera alimentare soprattutto in alcuni settori è un importante valore aggiunto e lascito di Expo, ma va evitata qualsiasi fuga in avanti che rimetta in discussione competenze diverse senza garantire pari dignità alle varie componenti della filiera agroalimentare”, afferma in una nota il presidente Luigi Scordamaglia (Federalimentare), che cita, come esempio tra i tanti, competenze come la sicurezza alimentare e i servizi veterinari, “che fanno capo al Ministero della Salute, e che non possono essere collocati altrove. Sono, infatti, valore aggiunto baricentrico del nostro modello produttivo e vanno considerati intoccabili. Inoltre, fino ad oggi, il Ministero delle Politiche Agricole ha avuto come mandato principale quello di tutelare la fase della produzione primaria, sottovalutando a volte le ragioni e le priorità dell’industria alimentare italiana, protagonista essenziale del nostro made in Italy e ancora di più del nostro export. Quindi - conclude Scordamaglia - affinché si sposi a pieno la logica di filiera integrata, a ciascuna delle sue fasi deve essere garantita pari importanza e tutela. Solo in questo modo sarà possibile vincere unitariamente le sfide del settore a Bruxelles con regole valide per tutti e senza penalizzanti fughe in avanti da parte del legislatore italiano. Ed è solo con questo approccio che un’industria alimentare italiana forte e tutelata potrà raggiungere i 50 miliardi di export agroalimentare, obiettivo prioritario che ci siamo dati insieme al Governo”.

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