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MUCCA PAZZA: DOPO 7 ANNI TORNA LA FIORENTINA DI 30 MESI

Dopo sette anni di divieto si potrà gustare la fiorentina ottenuta da animali adulti fino a 30 mesi, proibita a seguito dell’emergenza mucca pazza (Bse) dal 31 marzo 2001: il via libera arriva dal Consiglio Europeo dell’Agricoltura alla proposta di regolamento che innalza da 24 a 30 mesi l’età dei bovini per i quali è consentita la commercializzazione di carne con la colonna vertebrale e che sarà pubblicata sulla gazzetta ufficiale europea, per entrare in vigore entro il mese di marzo.

Il ritorno della bistecca con l’osso fino ai trenta mesi è un riconoscimento per gli allevatori che hanno investito sul fronte della qualità, della tracciabilità e della genuinità e della sicurezza dei prodotti con una drastica riduzione del fenomeno Bse: dai cinquanta casi individuati nel 2001 ai due casi dei primi nove mesi del 2007 su 450.000 test effettuati sugli animali.

La notizia sul rassicurante livello di sicurezza raggiunto dalla produzione nostrana arriva proprio nel momento in cui l’Europa ha deciso - sottolinea la Coldiretti - di bloccare le importazioni di carne dal Brasile per l’incapacità del paese sudamericano di assicurare fino ad ora una corretta rintracciabilità della carne e di garantire che nei piatti dei cittadini europei finiscano soltanto carni provenienti da zone esenti dalla malattie come l’afta epizootica. E allarmi - continua la Coldiretti - giungono anche dagli Stati Uniti dove è stato effettuato il più grande ritiro dal mercato di carne per una quantità di 65 milioni di chili che potrebbe risultare infetta.

Con la drastica riduzione dei casi di Bse in Italia ed in Europa vengono dunque meno tutti i limiti al ritorno in tavola del pregiato taglio e - sottolinea la Coldiretti - finisce dunque un’epoca di “proibizionismo alimentare” iniziata nel Consiglio dei ministri agricoli dell’Unione Europea il 29 gennaio 2001, quando per fronteggiare l’emergenza mucca pazza (Bse) era stata assunta la decisione di eliminare la colonna vertebrale dai bovini di età superiore a dodici mesi, condannando dal 31 marzo 2001 la fiorentina.

I risultati dimostrano l’efficacia delle misure adottate per far fronte all’emergenza Bse come il divieto dell’uso delle farine animali nell’alimentazione del bestiame e l’eliminazione degli organi a rischio Bse dalla catena alimentare. Ma anche e soprattutto l’introduzione a partire dal 1 gennaio 2002 di un sistema obbligatorio di etichettatura che consente di conoscere l’origine della carne acquistata con riferimento agli Stati di nascita, di ingrasso, di macellazione e di sezionamento, nonché un codice di identificazione che rappresenta una vera e propria carta d’identità del bestiame.

A seguito dell’emergenza mucca pazza - afferma la Coldiretti - gli allevatori nazionali hanno aumentato nelle stalle gli esemplari di razze autoctone e oggi l’Italia può contare su 120.000 animali riconducibili alle cinque storiche razze italiane con un aumento di oltre il 20% rispetto a prima della crisi mucca pazza scoppiata nel 2001. Ad essere “salvato dall’estinzione” - continua la Coldiretti - è stato l’intero patrimonio di razze bovine “made in Italy” come la maestosa chianina (30.000 animali), la romagnola (15.000 animali), la marchigiana (48.000), la podolica (20.000) e la maremmana (5.000).

La decisione comunitaria potrebbe favorire una inversione nel trend negativo nei consumi fatto registrare dalla carne bovina nei primi dieci mesi del 2007, con un calo del 4,2% sul 2006, quando - conclude la Coldiretti - gli acquisti domestici di carne bovina delle famiglie italiane secondo i dati ismea Ac Nielsen erano risultati oltre le 405.000 tonnellate (23 chili per famiglia acquirente) per un importo di 3,5 miliardi di euro.

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