Nicolas Joly, il produttore biodinamico più mediatico degli ultimi tempi, a poche settimane dalla sentenza del tribunale interdistrettuale di Angers, che l’ha condannato a versare nelle casse dell’ Interprofession des Vins du Val de Loire (InterLoire) (www.vinsvaldeloire.fr) una cifra tra i 4.000 ed i 5.000 euro, per non aver pagato la controversa cotisation volontaire obligatoire (Cvo), una tassa che l’InterLoire investe nella promozione dei vini della Regione, ha deciso di creare, per la sua azienda, Coulée de Serrant (www.coulee-de-serrant.com), un suo Organisme de Défense et de Gestion, in maniera indipendente da qualsiasi altro organismo corporativo regionale, primo passo per diventare una vera e propria denominazione aziendale. Una decisione che, se si considera che la cotisation pesa appena per lo 0,05% del bilancio dell’azienda, e che Joly produce appena 25.000 bottiglie l’anno, sembra dettata più da principio ideologici che economici.
Il suo rifiuto di pagare una quota all’InterLoire, come tutti gli altri vigneron fanno ogni anno, nasce, nella visione di Joly, da una differenza filosofica che separa il suo approccio biodinamico dalla logica convenzionale, rappresentata in pieno dalla comunicazione dell’InterLoire. “Quelli che coltivano le proprie viti in regime biologico o biodinamico da decenni, e danno vita, in questo modo, a dei vini che rappresentano la piena espressione gustativa del proprio territorio - spiega Joly ai media - sono costretti a vedere come i propri contributi vengono spesi per lodare il fascino di vini senza storia, apolidi, orfani, senza radici. Non possiamo accettare, in nessun caso, che la nostra viticoltura, figlia di un approccio purista da oltre 30 anni, possa essere rappresentata nello stesso paniere della viticoltura tradizionale, fatta di tecnologia. L’InterLoire, che guarda solo ai propri interessi finanziari, non ha mai dato ascolto - conclude Joly - alle nostre richieste”.
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