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OGM - ZAIA: “LA POLENTA TRANSGENICA E’ UNA SCHIFEZZA”. VECCHIONI (CONFAGRICOLTURA): “IL FUTURO LIBERO DELL’AGRICOLTURA”. DE CASTRO: “EQUILIBRIO FRA DIRITTI DEI CONSUMATORI E DEI PRODUTTORI”. E COLDIRETTI SI CHIEDE “CHI GUADAGNA DALLA POLENTA?”

Braccio di ferro sugli Ogm: se, da parte sua, il Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia non ha accettato di assaggiare la polenta con mais transgenico, sottolineando come lui non mangia “queste schifezze”, il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni spiega come gli organismi geneticamente modificati rappresentino “il futuro libero dell’agricoltura italiana”. E, nelle querelle, che fa seguito alla presentazione della polenta Ogm da parte di Confagricoltura a Fieragricola oggi a Verona, interviene anche il presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro che, sottolinea, “condivido pienamente le parole del commissario all’Agricoltura, Dacian Ciolos. E cioè dobbiamo fare in modo di garantire e rispettare le esigenze dei consumatori alla sicurezza alimentare, ma anche il diritto degli agricoltori ad una sperimentazione sicura. L’agricoltura ha bisogno più della scienza che dell’ideologia”. Intanto il presidente della Coldiretti Sergio Marini si chiede: “chi guadagna dalla polenta Ogm?”.

“Un Ministro dell’Agricoltura di 1.700.000 aziende agricole, delle migliaia di prodotti tipici e centinaia di vini a denominazione va a mangiare la polenta Ogm? - sottolinea Zaia - c’e’ qualcuno che sta iniziando una guerra tra poveri. Finiamola con il dire che per fermare Cina e India ci vogliono gli Ogm e ricordiamoci che il 74% degli italiani non li vuole. Questo dovrebbe bastare per far chiudere il fascicolo e buttarlo via. Non è vero che con gli Ogm si guadagna di più. Per uscire dalla crisi sono necessari un aumento dei consumi e l’origine obbligatoria in etichetta”. E il Ministro annuncia una “linea dura e opposizione in tutte le sedi” al pronunciamento del Consiglio di Stato che impone all’amministrazione di prendere subito una decisione sulla richiesta di alcuni agricoltori di coltivare mais Ogm: “consegnare i semi alle multinazionali - sostiene Zaia - significa perdere l’identità e la biodiversità”.

Per il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni, “per uscire dalle secche l’agricoltura deve avere meno costi e le biotecnologie da questo punto di vista offrono garanzie. Se al mondo c’é chi coltiva 111 milioni di ettari Ogm non credo sia perché vuole annientare la specie umana, ma perché ritiene di essere al servizio della scienza. Da anni ormai in Italia mangiamo Ogm: ne importiamo ogni anno 2 milioni e 430.000 tonnellate, mais proveniente per lo più da Argentina e Cile che entra nella catena alimentare. Peccato che oggi l’Italia abbia una posizione oltranzista, antistorica e ostruzionistica”. Secondo Vecchioni “tutta la classe dirigente italiana degli ultimi decenni ha espresso la volontà di non procedere sugli Ogm. Non dare risposte però vuol dire mandare segnali negativi all’agricoltura”. Per Vecchioni il problema non si può nemmeno risolvere con un referendum: “finirebbe come il nucleare prima bocciato, oggi invocato da tutti. La consultazione semmai andrebbe fatta solo tra chi ne capisce qualcosa, tra chi conosce la materia. Oggi i cittadini non sono messi in condizione di scegliere serenamente”.

“Noi sosteniamo il principio della libera scelta - prosegue Vecchioni - peraltro ribadito in sede europea. Oltre a ciò, condividiamo quanto in Italia è stato sancito a più riprese dalla comunità scientifica”. Secondo Confagricoltura, il mondo scientifico italiano si è espresso compatto con due consensus documenti, il primo (2004) sulla sicurezza alimentare, il secondo sulla coesistenza tra le colture (2006), e da un’indagine Ipsos sul rapporto tra consumatori e biotech, è emerso che eminenti personalità della ricerca, come il professor Umberto Veronesi e il premio Nobel Rita Levi Montalcini hanno avuto il massimo consenso di fiducia.

Per Confagricoltura va superato l’approccio ideologico che sino ad oggi in Italia ha reso gli Ogm un argomento tabù: secondo un’indagine Ispo, oltre il 40% degli italiani non conosce il significato della parola Ogm. Tra i giovani (18-24 anni) la quota sale addirittura al 70%, mentre la larga maggioranza degli italiani ignora il fatto che già da tempo gli animali possano essere nutriti con farine Ogm importate. Diverso l’atteggiamento dei maiscoltori della Pianura Padana (da cui proviene oltre il 90% della produzione nazionale) che, stando ai dati di un’indagine Demoskopea per Futuragra, in 2 casi su 3 si sono dichiarati favorevoli all’utilizzo di sementi geneticamente modificate. Ogm non così temuto anche per il sondaggio Eurobarometro, che rileva come l’84% degli italiani non manifesterebbe contro le biotecnologie.

Ma c’è di più: secondo un rapporto Usa pubblicato da due membri del Reparto Esteri del Dipartimento Usa per l’Agricoltura (Fas-Usda), il nostro è il Paese europeo ideale per dare inizio a una campagna di informazione che educhi i consumatori in favore degli Ogm, considerando che circa il 65% degli italiani avrebbe un atteggiamento positivo verso le biotecnologie in generale.

Non la pensa così la Coldiretti: “in Italia si sta tentando di autorizzare la coltivazione di semi geneticamente modificati che sono stati proibiti in Francia e Germania dove addirittura, dopo alcuni anni di coltivazione, nell’aprile 2009 il mais MON 810 è stato vietato a seguito di nuove acquisizioni circa gli effetti negativi sull’apparato intestinale, sugli organismi del terreno e sulla dispersione del polline, con contaminazioni derivanti dalla impollinazione incrociata tra coltivazioni transgeniche e non”. Per il presidente Sergio Marini, la proposta della polenta Ogm è “la conferma che il vero approccio ideologico è rappresentato da coloro che forzano la coltivazione anche quando nessuno la vuole o è considerata persino pericolosa. C’è da chiedersi chi ci guadagna”, si chiede e parla di “grande truffa ai danni degli agricoltori e dei consumatori, alla quale l’organizzazione agricola italiana si opporrà con una serie di iniziative tra le quali il referendum previsto dalla legislazione, in riferimento alla decisione del Consiglio di Stato del 19 gennaio scorso con la quale si è richiesto al Ministero delle Politiche Agricole di concludere il procedimento di istruzione e autorizzazione alla coltivazione di mais MON 810 geneticamente modificato”.

“Il fatto che la superficie coltivata a mais transgenico in Europa rappresenti meno dell’1% di quella totale, nonostante siano passati dodici anni dal suo arrivo nei campi dell’Ue - prosegue Marini - conferma che questo tipo di coltura non ha gli effetti miracolosi che gli vengono attribuiti dai favorevoli al transgenico”. Peraltro, secondo la Coldiretti, i dubbi del mondo scientifico si sono moltiplicati proprio sul mais MON 810 che è finito nel mirino di uno studio della rivista scientifica francese “International Journal of Biological Sciences”, la quale ha messo in dubbio l’attendibilità dei dati utilizzati per l’approvazione all’utilizzo di queste e di altre due varietà di granturco Ogm attualmente in commercio, evidenziandone i possibili effetti negativi sulla salute.

Per la Coldiretti, l’autorizzazione al mais transgenico andrebbe a scontarsi con il diritto degli agricoltori a mantenere le proprie coltivazioni ogm-free, non essendo ancora stato definito il piano di coesistenza, senza dimenticare l’assoluta contrarietà dei consumatori italiani i quali ritengono che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.

Sulla base dei risultati dell’ultima indagine annuale Coldiretti-Swg, il 72% dei cittadini italiani che esprimono un’opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.

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