L’export italiano di olio di oliva vale un miliardo di euro all’anno. Il nostro olio piace, ma siamo sicuri di non poter fare di più? Se ne è discusso a Olio Capitale, la prima e unica fiera interamente dedicata all’extra vergine d’oliva, organizzata da Aries, a Trieste, da ieri al 5 marzo. L’occasione è stata offerta dal talk show “Con gusto, le strade della tipicità e della qualità verso l’estero”.
Vi sono effettivamente ampi margini di miglioramento, in particolare in nuovi paesi, come Brasile, Cina e India che si stanno affacciando ora al consumo dell’extra vergine. “Occorre agire con prudenza - ha sottolineato Elia Fiorillo, presidente Unasco - per non apparire colonizzatori. Dobbiamo sempre dimostrare il massimo rispetto per la cultura culinaria locale”.
Lo studio di nuovi abbinamenti, legati a tradizioni gastronomiche assai diverse da quelle italiane è quindi la nuova sfida. Quanto sia importante l’abbinamento olio-piatto è stato ben dimostrato da Erminio Monteleone: “la ricerca condotta dall’Università di Firenze dimostra che un olio non apprezzato tal quale può invece piacere se abbinato a un passata di pomodoro”. Interesse per questa sperimentazione è stata mostrata da Mauro Meloni, direttore del Consorzio extra vergine di qualità, che ha spiegato che “occorrono strumenti di marketing innovativi per vendere di più e meglio a livello internazionale, dove la competizione è agguerrita”.
Mancano, però, fondi per la ricerca e l’innovazione ed ecco che l’Italia olivicola rischia di fermarsi: “non è più tempo per spendere milioni di euro in promozione “alla cieca” - ha dichiarato Alberto Grimelli - come pure non è possibile lasciare gli olivicoltori in balia di informazioni agronomiche contraddittorie se vogliono innovare i loro impianti. È ora di ristabilire la centralità della ricerca e innovazione. Lancio quindi un appello: non lasciamo morire la ricerca oleicola italiana. I fondi ci sono. L’Italia riceve 36 milioni di euro all’anno di contributi europei per programmi di attività in campo olivicolo. Se il 30% fosse destinato alla ricerca, si potrebbe compiere un salto spendibile anche negli anni futuri”.
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