Ottobre e novembre sono i mesi della raccolta delle olive e della produzione di olio nuovo, e gli oliveti diventano sempre più un’attrazione per i turisti enogastronomici: così le strutture del settore si stanno gradualmente aprendo per offrire esperienze uniche e personalizzate. Si organizzano corsi di degustazione focalizzati sul prodotto da singoli cultivar, si creano Spa in cui l’extravergine diventa la base dei trattamenti, e naturalmente si coinvolge il visitatore nella raccolta e nelle prime fasi di trasformazione delle olive, fino ad arrivare alla vendita di piccoli lotti personalizzati di olio, in cui in etichetta appare il nome e cognome di chi lo ha prodotto. Gli ultimi dati e tendenze del comparto olivicolo sono riportati nel “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2022”, a cura di Roberta Garibaldi, ad Enit-Agenzia Nazionale del Turismo, realizzato sotto l’egida dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico.
L’Italia vanta, dal punto di vista produttivo, un grande potenziale che può essere sfruttato anche in ottica turistica. Nel nostro Paese si registra il maggior numero di aziende con produzione di olive a livello europeo (646.326 al 2016), una biodiversità estremamente ricca (testimoniata della presenza di 540 cultivar) e un alto numero di certificazioni (49, di cui 43 Dop e 6 Igp). Inoltre, ha la più alta incidenza tra i Paesi considerati di superfici olivate biologiche (17,8% del totale). Ciononostante, siamo il secondo produttore europeo e non il primo perché la Spagna, nostro principale competitor, ha il primato mondiale con oltre 7 milioni di tonnellate di olive raccolte al 2016, contro poco più di 2 milioni in Italia. Il limite principale allo sviluppo del turismo dell’olio è però rappresentato dalle dimensioni medie aziendali e dalla frammentazione produttiva che caratterizza il sistema italiano. Eppure gli oliveti sono una calamita per i viaggiatori, che partecipano alla raccolta instagrammando le loro gesta e contribuendo, assieme ai lavoratori stagionali, all’arrivo sulle nostre tavole del prezioso extravergine.
Per promuovere il settore sono stati proposti eventi nazionali come “Camminata tra gli ulivi” ed “Olio in cattedra”, così come manifestazioni come “Ulivo Day” e “Frantoi Aperti”, che si pongono come attrattori di domanda. È stato inoltre realizzato un portale a tema, curato dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio, che consente alle singole aziende di promuovere la propria offerta. Tra gli eventi più attesi in programma, proprio in questi giorni c’è “Frantoi Aperti in Umbria 2022”, edizione n. 25, che fino al 27 novembre celebra l’arrivo del nuovo olio nel periodo della raccolta e frangitura delle olive, proponendo esperienze in frantoio, tra gli olivi, all’aria aperta e nelle piazze dei borghi medievali e delle città d’arte, legate al mondo dell’olio evo di qualità.
Ma le potenzialità di questo comparto - grazie alla sua storia secolare, al legame con il territorio e il paesaggio, alle proprietà benefiche del prodotto - appaiono tuttora ampiamente inespresse. Tra le regioni italiane, la leadership produttiva appartiene alla Puglia, con quasi un terzo del numero totale di aziende agricole legate al comparto, davanti a Calabria e Toscana. Un dato significativo è quello sull’andamento 2019-21 delle imprese attive. Sulla base dei dati InfoCamere-Unioncamere, in due anni il numero di realtà impegnate nella coltivazione di frutti oleosi è aumentato di quasi 2.500 unità; soltanto in Puglia se ne contano mille in più (da 15.378 nel 2019 a 16.385 alla fine del 2021). L’estrema frammentarietà della produzione d’olio d’oliva italiana emerge dal numero di frantoi, i principali attori della filiera. Si tratta di aziende che producono le diverse tipologie di olio - in modo simile a quello che avviene nelle cantine per l’uva - e che, in alcuni casi, possiedono anche impianti di imbottigliamento. I dati Ismea indicano la presenza di 4.545 frantoi attivi e la Puglia vanta, anche in questo caso, il primato nazionale, con 819 realtà attive (il 18% del totale); davanti a Calabria (15%) e Sicilia (12%).
Il Rapporto 2022 presenta alcuni dati specifici sul turismo dell’olio e in particolare per la domanda del turista enogastronomico. Tra gli italiani è sempre più forte il desiderio di scoprire luoghi dal fascino antico come i frantoi e gli uliveti storici: questi sono apprezzati rispettivamente dal 70% e dal 67%, dei turisti, in misura maggiore rispetto al 2019 (+5% e +7%). Inoltre, il binomio olio e turismo si arricchisce di nuove sfaccettature. Una di queste è legata all’esperienza: il produrre il proprio olio - proposta, questa, desiderata dal 54% dei viaggiatori del Belpaese - può essere un’opportunità per arricchire l’offerta, oltre che una leva per attrarre i visitatori. La seconda tendenza è rappresentata dal benessere. Il viaggio alla scoperta dell’olio e dei suoi territori diventa occasione per rigenerarsi, ritrovare un nuovo equilibrio, attraverso soggiorni in Spa tematiche oppure attività artistiche negli uliveti.
“Il turismo dell’olio extra vergine di oliva presenta possibilità di espansione analoghe a quelle esistenti per il vino - spiega Roberta Garibaldi, docente di Tourism Management all’Università degli Studi di Bergamo e autrice del Rapporto 2022, evidenziando i punti di forza dell’Italia come player di riferimento internazionale per quest’ambito - Come è avvenuto già nel vino con le cantine, nel mondo dell’olio sono in corso investimenti ingenti da parte di realtà che hanno compreso le potenzialità di crescita in chiave turistica. Il limite è rappresentato dalla dimensione media delle aziende olivicole, peraltro sotto pressione per l’aumento dei costi di produzione unito all’incertezza quasi costante del raccolto”.
Un contributo all’aumento delle superfici olivate in Italia arriva dal trend biologico, che rappresenta anche un elemento per arricchire e diversificare il potenziale turistico dell’olio, soprattutto quando collegato a realtà tradizionali inserite in paesaggi rurali con coltivazioni, frantoi e case coloniche.
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