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PAC - IN UN DOCUMENTO CONSEGNATO AL MINISTRO GALAN LA POSIZIONE COMUNE DEL MONDO AGRICOLO ITALIANO: MANTENIMENTO DEL BUDGET, DISTRIBUIZIONE DI FONDI SECONDO CRITERI DI QUALITA’ E NON DI QUANTITA’, MISURE DI TUTELA ANCHE IN CASO DI CRISI DI MERCATO

Il mantenimento del budget comunitario destinato alla Pac; un “atterraggio morbido” sulla nuova modalità di assegnazione degli aiuti; no alla redistribuzione dei fondi in base al criterio della superficie che premierebbe le grandi estensioni produttive di Francia, Germania e Polonia e non la qualità italiana; misure di tutela del mercato, comprese assicurazioni non solo in caso di calamità naturali ma anche delle crisi di mercato, e poi trasparenza, filiera corta, informazione ai consumatori, assicurazione al reddito, sussidiarietà e semplificazione, centralità del lavoro e contrasto alla rendita fondiaria: ecco, in sintesi, il contenuto del documento che definisce una posizione comune sul negoziato in corso alla Ue sulla riforma della Politica agricola comune (Pac), sottoscritto dalle principali organizzazioni agricole, cooperative e sindacati italiani (dieci sigle, tra cui, Confagricoltura, Coldiretti, Cia-Confederazione Italiana Agricoltori, Fedagri-Confcooperative, Copagri, Uila-Uil, Fai-Cisl, Flai-Cgil, con esclusione dell’industria), presentato oggi al Ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan al convegno sulla Pac promosso dal Ministero a Roma. Firmatari che sottolineano la “portata storica” del documento che “ripristina la centralità dell’agricoltura e porterà benefici per tutti”, che vede “per la prima volta il mondo agricolo unito su una questione importantissima”, e che “sarà di supporto al Ministro Galan e al Governo per una trattativa difficile che ha bisogno di una sostanziale coesione”.

E, da parte sua, il Ministro Galan sottolinea che “non si può non essere d’accordo sui punti chiave del documento: mantenere il budget e far valere come distribuzione del budget criteri che privilegino la qualità e non la quantità. Poi - aggiunge Galan - bisogna spingere il discorso un pochino più oltre, cogliendo le opportunità offerte dalla riforma Pac per raggiungere una maggiore semplificazione della distribuzione delle risorse e puntare a maggiore aggregazione tra le imprese per favorire la competitività. Tutti si dichiarano contrari alla burocrazia - osserva il Ministro - ma la realtà è che a 864.000 occupati si assegnano 1.290.000 contributi Pac di cui 196.000 valgono meno di 200 euro e 761.000 da 200 a 1000 euro e 4.400 sono quelle superiori a 100.000 euro . E’ giusto tutto ciò? Io credo che una Pac ci debba essere - conclude Galan - ma non di pure assistenzialismo, bisogna che, come sempre quando c’é un contributo statale, questo abbia un effetto. Per me la Pac è un’opportunità per riformala verso una maggiore semplificazione. E, viste le micro dimensioni delle imprese italiane, serve anche una politica di consorzio tra i produttori per aggiungere una maggiore competitività”.

Prioritaria, dunque secondo il documento comune, la difesa del budget tenuto conto che, secondo un’analisi della Coldiretti, l’Italia, pur realizzando il 12,5% della produzione agricola lorda e il 17% del valore aggiunto comunitario ed essendo leader in Europa nella qualità e nel rispetto ambientale, riceve soltanto il 10% della spesa agricola dell’Unione. Si tratta, sostiene la Coldiretti, di risorse comunque rilevanti sul bilancio delle imprese agricole, considerato che negli ultimi cinque anni in media sono stati trasferiti all’Italia 4,5 miliardi di euro all’anno attraverso il Feoga.

“Il documento sottoscritto - spiega il presidente Coldiretti Sergio Marini - sostiene una Pac che favorisca la competitività dell’agricoltura sotto il profilo economico ambientale e sociale, che sia in grado di innovare le attuali inefficienze nella fase di programmazione e gestione dell’offerta, che risponda alle domanda dei consumatori in tema di informazione e trasparenza, che crei le condizioni per il protagonismo e la gestione diretta da parte degli agricoltori di filiere corte e trasparenti per favorire l’occupazione, che ridia centralità al territorio e all’economia reale. Ed ancora - continua Marini - è presente una richiesta al Governo per un forte impegno per il mantenimento del budget agricolo nazionale e si confermano i pagamenti diretti disaccoppiati e la necessità di una redistribuzione graduale per superare il criterio storico. E’ prevista - precisa il presidente della Coldiretti - una qualificazione della spesa privilegiando agricoltori attivi e professionali, centralità del lavoro e contrasto delle posizioni di rendita fondiaria e si chiede un nuovo articolo 68 capace di premiare i comportamenti virtuosi, ma anche di rappresentare un’ancora per settori strategici o che necessitano di ristrutturazione. Si propongono misure di mercato che privilegino soprattutto le assicurazioni ai prodotti e al reddito. Si sostiene uno sviluppo rurale che assuma una caratterizzazione decisamente più agricola rispetto al passato, che eviti dispersioni di risorse, che stimoli un modello produttivo, che combini sostenibilità economica sociale ed ambientale e che concentri le risorse verso le imprese e il mercato. Un Psr che finanzi gli investimenti tesi all’innovazione, all’organizzazione, alla promozione, all’accorciamento, all’efficienza e alla trasparenza delle filiere, con la richiesta del superamento dei limiti dimensionali per le imprese di filiera, ma solo nei casi in cui queste siano controllate dai produttori agricoli. In ultimo - conclude Marini - si concorda sul rafforzamento della sussidiarietà e sulla semplificare delle procedure”.

“Gli interventi Ue - aggiunge il presidente della Cia-Confederazione Italiana Agricoltori, Giuseppe Politi - devono essere rivolti agli agricoltori professionali, alle imprese orientate al mercato, che producono ricchezza e beni pubblici per la società. Basta con le rendite parassitarie che rappresentano solo un danno per il settore primario. Con la riforma si dovrà concentrare la massima attenzione sul reddito dei produttori e destinare più risorse per il comparto e sostegni a chi vive realmente di agricoltura”. Allo stesso modo, spiega Politi, nella ripartizione dei contributi della Pac (primo pilastro) tra gli Stati membri “non si può accettare solo il criterio della superficie, ma occorre che siano presi in considerazione quelli della produzione lorda vendibile e del valore aggiunto, che misurano l’intero potenziale produttivo agricolo, che comprende il fondo, i capitali investiti, il lavoro e la capacità imprenditoriale. Occorre, altresì - prosegue Politi - accrescere gli interventi di mercato, essenzialmente con due finalità di fondo: l’organizzazione delle filiere e la difesa dei redditi contro le crisi e la volatilità dei prezzi, anche attraverso forme innovative d’intervento come le assicurazioni agevolate”. E per quanto riguarda lo Sviluppo rurale, accanto agli interventi relativi alla tutela dell’ambiente e al contrasto dei cambiamenti climatici, “occorrono azioni per la competitività, finalizzate al ricambio generazionale, all’innovazione nelle aziende, nelle filiere e nei sistemi territoriali. E’ necessario, inoltre, un forte impegno generale, trasversale, rivolto a tutti gli interventi per la semplificazione burocratica, per le amministrazioni, ma soprattutto per le imprese agricole. La leva della futura Pac - spiega il presidente della Cia - deve, dunque, poggiare su precisi presupposti: correggere il malfunzionamento del mercato, sostenere le imprese e il loro adattamento alle condizioni di mercato, soprattutto nei momenti di crisi, e alla domanda sociale, promuovere lo sviluppo delle aree rurali e i progetti di filiera. La Pac - conclude il presidente della Cia - dovrà, pertanto, assumere tra i suoi obiettivi l’efficienza del mercato; dovrà prevedere tra le azioni il rafforzamento delle organizzazioni di produttori; la diffusione dell’economia contrattuale; il sostegno degli strumenti per contenere gli effetti di situazioni congiunturali difficili. Insomma, bisogna lavorare per una Pac post 2013 più forte e ambiziosa che permetta di regolare i mercati, di assicurare il reddito degli agricoltori e di garantire le aziende agricole, evitando le rinazionalizzazioni”.

“La novità più rilevante della proposta condivisa dalla filiera è che il lavoro dipendente, per la prima volta, diventa uno degli elementi discriminanti al quale discriminare la ripartizione delle risorse comunitarie - spiega il segretario generale della Uila-Uil, Stefano Mantegazza, anche a nome di Fai-Cisl e Flai-Cgil - questo della centralità del lavoro è un fatto importante per il sindacato, ma ancor di più per l’Italia e per tutte quelle agricolture che in Europa vogliono puntare al mercato e alla competizione. La filiera unita chiede infine - conclude Mantegazza - che questa coesione venga assunta come scelta dall’intero sistema istituzionale. Quindi è necessario che i Ministri dell’Economia, Tremonti, e degli Esteri, Frattini, si impegnino nella stessa misura del Ministro dell’Agricoltura per sostenere in maniera univoca la proposta italiana”.

L’industria alimentare resta fuori, per il momento, perché “non possiamo accettare disparità di condizioni competitive e concorrenziali fra società cooperative e società di capitali. Questo è un punto fondamentale per noi ed è il solo al momento per cui non sottoscriviamo il documento comune sulla riforma della Pac”, spiega il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua, ma, “ci auguriamo - aggiunge Ferrua - che sia ancora possibile trovare su questo unico punto un’intesa che salvaguardi principi ed esigenze di tutti”.

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